- Sul crinale più alto della loro rivoluzione, Riccardo ha afferrato Alessandro per la giacca, l’ha strattonato, e con lui tutti noi. Continua a strattonarci, anche oggi, non ce lo togliamo dalla testa, non ce li togliamo dalla testa.
- Riccardo/Blanco ha agguantato Alessandro/Mahmood con un impeto di rabbia e tenerezza violando la legge non scritta che proibisce ai maschi “normali” di giocare all’amore tra uguali.
- Quanta forza che di solito manca, quanta vita libera dai pensieri gretti, micragnosi. Etero o gay, uguali e diversi, l’arte tutto afferma e nega: quanto è liberatorio spostare il fuoco su ciò che resta uguale al mutare di dettagli e specificazioni.
Mahmood e Blanco, ovvero Alessandro e Riccardo, comunque vada hanno già vinto Sanremo, perché, oltre a essere inverosimilmente talentuosi, i due, sul palco dell’Ariston, ieri sera hanno fatto accadere il futuro. Belli, bellissimi, l’uno in Prada e eclatanti gioielli Swarovski, l’altro in Valentino – col loro dialogo in barre e strofe su una storia d’amore complicata, come poi lo sono le storie di tutti, si sono guardati e toccati come se parlassero l’uno all’altro. E anzi si parlavano l’uno all’altro. Verità e finzione, non è mai quello il punto.
Sul crinale più alto della loro rivoluzione, Riccardo ha afferrato Alessandro per la giacca, l’ha strattonato, e con lui tutti noi. Continua a strattonarci, anche oggi, non ce lo togliamo dalla testa, non ce li togliamo dalla testa: Riccardo/Blanco ha agguantato Alessandro/Mahmood con un impeto di rabbia e tenerezza violando la legge non scritta che proibisce ai maschi “normali” di giocare all’amore tra uguali, di mettere a repentaglio l’integrità con cui ci hanno intossicato l’anima e l’immaginario.
Ciò che resta uguale nel mutamento
Quanta forza che di solito manca, quanta vita libera dai pensieri gretti, micragnosi. Etero o gay, uguali e diversi, l’arte tutto afferma e nega: quanto è liberatorio – in quest’epoca di esasperazioni identitarie e faide, slogan e attivismo di comodo in formato didascalia – spostare il fuoco su ciò che resta uguale al mutare di dettagli e specificazioni.
Come hanno sempre fatto i più grandi, come ha fatto Pier Vittorio Tondelli in Camere separate, Patricia Highsmith in Carol o André Aciman in Chiamami col tuo nome, facendoci dimenticare generi e orientamenti, ovvero la partizioni e gli scaffali con cui ci si mette reciprocamente a distanza.
Alessandro e Riccardo coi loro frammenti di un comune e anomalo discorso amoroso ieri sera hanno ricombinato la realtà, portando sul palco la fratellanza emotiva e anzi erotica, l’universalità dell’amore che ovunque si infila, si può infilare.
Al di là e contro i discorsi triti e ritriti, le recriminazioni, le facili ironie. Si può e anzi si deve parlare di una storia etero come se fosse gay, o gay come se fosse etero – perché questo chiede la verità –, e poi cambiare, cambiare sempre, per non restare inchiodati a nessuna partitura già scritta, a nessun limite apparente.
E poco importa a questo punto che nelle scene inziali – e che scene iniziali – del video di Brividi uscito stanotte (del sempre impeccabile Attilio Cusani) Mahmood paia esibire, attraverso il racconto audiovisivo, ciò che finora gli hanno rimproverato di non ammettere nelle interviste: non lasciamoci vincere dalla sciocca tentazione di arrestare il flusso per fermare un dato, una notizia, un inutile gossip.
Restiamo a volare su in alto con questi due ragazzi in stato di grazia nel loro “cielo di perle”, continuiamo a sfrecciare sulle loro “bici di diamanti”: è un’occasione rara di questi tempi, va tenuta stretta.
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