Illudersi che la fine del trumpismo possa significare il ritorno ai sogni democratici di una “società aperta” altrettanto povera è una pura sciocchezza. Salvare le liberaldemocrazie ha una sola ricetta: ridistribuire al loro interno la ricchezza prodotta. E questo tanto da “destra” che da “sinistra”
La vittoria di Donald Trump, e ciò che rappresenta, impone un ragionamento – per capirne portata e prospettive – sul chi nel mondo ha staccato il “dividendo” della globalizzazione. Questo dividendo è stato staccato innanzi tutto dei paesi che l’Occidente, la sua economia, la sua tecnica, la sua predominanza politica e militare, hanno portato nella globalizzazione, tanto da rendere loro possibile di pensare di entrare nell’azionariato di comando dei processi economici, e politici, della globalizzazione.
Quello che stanno facendo i BRICS, e che continueranno a fare perché la globalizzazione non si può fermare, e perché hanno per altro dalla loro i numeri dell’economia, e quelli della demografia.
Tra cinquant’anni l’Occidente euro-atlantico rappresenterà il dieci per cento della popolazione mondiale, mentre tra Otto e Novecento l’Europa rappresentava il 26 per cento dell’umanità e produceva la metà della ricchezza mondiale.
Per giunta i paesi guida di questo sommovimento BRICS, e non pochi degli interessi globali che esprimono, sono retti da autocrazie, la cui forza, potrà anche spiacerci, viene non solo dagli assetti storici di lungo periodo delle società che le esprimono, ma anche dalla congiuntura di aver guidato i loro paesi a staccare il dividendo per loro positivo della globalizzazione riportandoli nella grande storia in cui per secoli erano stati relegati in una sudditanza servile.
Ora la tragedia liberaldemocratica non è che l’Occidente euro-atlantico non abbia staccato il suo dividendo dalla globalizzazione, pur nella riduzione relativa della ricchezza mondiale prodotta e controllata. L’altro lato del foglio di questa riduzione è un più giusto equilibrio della ricchezza sul pianeta. Qualcosa di inevitabile a meno che non ci si illudesse di potere vivere in un regime di colonizzazione a proprio vantaggio.
Ribellione
Ma che nelle liberaldemocrazie il dividendo della globalizzazione, l’aumento della ricchezza assoluta comunque posseduta, si è concentrato nel comando capitalistico economico-finanziario, e delle oligarchie plutocratiche in cui è organizzato, venendo largamente meno al welfare dei loro popoli, che se si lamentano ed esprimono “populismo”, come con gli occhi foderati di prosciutto hanno largamente inteso le élites di “sinistra” e più lucidamente sfruttato le élites di destra. Il che spiega la ribellione in atto alle élites di servizio a queste poche mani, il comando oligarchico-plutocratico, in cui si è concentrata la ricchezza del capitalismo delle liberaldemocrazie.
Il primo tempo di questa ribellione è la perdita di consenso delle élites di sinistra addomesticate o addomesticatesi in proprio al regime oligarchico plutocratico occidentale in cui vivono (il loro cedimento al liberismo, con non pochi vantaggi di “servizio”). La loro scelta, nell’incapacità di rispondere ai bisogni, di proteggere, anziché i bisogni, i desideri sempre più ristretti ai diritti civili della sfera privata, per i quali non c’è nessuna faticosa ridistribuzione economica da governare, ma solo una legislazione di favore da implementare, le ha definitivamente affossate nella loro credibilità a tutelare il ritorno di bisogni primari in vaste fasce della popolazione.
Il secondo tempo di questa ribellione verrà più avanti, e sarà ancora più dissolvente il tessuto liberaldemocratico delle nostre società. Perché le élites di destra più spudoratamente, sceneggiando una resistenza alla protezione dei desideri in nome dei valori tradizionali, del mondo quando andava meglio delle società affluenti, hanno puntato e puntano a proteggere i bisogni delle masse impoverite, chiamate a votarle, contrapponendoli ai bisogni delle fasce deboli e più marginali della popolazione, invece che al comando plutocratico della società. ormai direttamente ammesso, con Elon Musk, nella Sala Ovale.
Una risposta ai bisogni delle società defluenti che durerà il tempo di capire l’illusione di reggere la realtà produttiva delle nostre società, mentre sta venendo meno l’esercito indigeno di mano (e mente) d’opera per la crisi demografica, senza ricorrere all’esercito di riserva immigrato o da far migrare nei propri confini.
Illudersi, però, che la fine del trumpismo, con un’America che non torna affatto grande alla scala delle vite quotidiane, possa significare il ritorno ai sogni democratici di una “società aperta” altrettanto povera è una pura sciocchezza. Salvare le liberaldemocrazie ha una sola ricetta: ridistribuire al loro interno la ricchezza prodotta. E questo tanto da “destra” che da “sinistra”. Se ancora vogliamo essere di rito elettorale liberaldemocratico.
© Riproduzione riservata