Il premier indiano Narendra Modi si è recato a Kiev, firmando vari accordi. Una visita politicamente simbolica: finora l’India, che non aderisce alle sanzioni occidentali, non aveva condannato l’invasione di Mosca. Nuova Delhi continua a comprare armi dalla Russia ma allo stesso tempo dimostra di volersi tenere le mani libere.

In Ucraina Modi ha ribadito il principio di non aggressione: lo fanno anche i cinesi... ma non certo da Kiev. Il gigante indiano desidera contare negli equilibri globali ma non aspira ad essere catalogato da una parte o dall’altra. È membro dei Brics anche se ciò non significa piegarsi alle decisioni russe e - soprattutto - cinesi: tutto pare dimostrare che più Pechino si avvicina a Mosca e più l’India se ne allontana.

Gli americani continuano le loro pressioni sui cinesi, documentando con fatti e cifre che gli aiuti di Pechino all’industria militare russa proseguono anche se in maniera coperta, così come gli acquisti di petrolio che procurano valuta.

La propaganda russa tuttavia non riesce a ottenere tutti i risultati desiderati: se in Africa Occidentale raccoglie molti successi riuscendo a influenzare la politica degli stati dell’Alleanza del Sahel, in Africa centrale e orientale si sta verificando un rallentamento dovuto sia al conflitto sudanese che alla volontà degli africani stessi di non perdere la loro libertà di manovra.

Paradossalmente si tratta di un buon momento per l’Africa: le guerre in Ucraina e a Gaza mettono Occidente e Russia (ma anche la Cina) faccia a faccia e in contraddizione con loro stessi. Diventa così più facile per gli africani tenersene fuori o scegliere di volta in volta l’alleanza che pare loro più utile. L’India non è da meno e la missione di Modi a Kiev non deve aver fatto piacere a Vladimir Putin che vorrebbe avere i Brics dalla sua parte. Vedremo se l’esempio indiano spingerà anche il Brasile ad un atteggiamento diverso rispetto a quello mantenuto fino ad ora.

Non bisogna credere che l’impulso occidentale non abbia risultati: il 2024 è stato un anno difficile per la Russia sul piano multilaterale.

Se al palazzo di vetro di New York il sud globale è sembrato in più occasioni sostenere Mosca o almeno esprimere una certa simpatia per le ragioni di Mosca (ma soprattutto un’antipatia per l’Occidente accusato di usare due pesi e due misure, in specie a causa di Gaza), prosegue una lotta silenziosa nel vasto universo delle organizzazioni internazionali (quasi 300, cioè più dei 193 stati aderenti all’Onu).

Dalla fine del 2023 Mosca ha perso varie posizioni all’Unesco, nell’organizzazione contro le armi chimiche e nell’organizzazione marittima internazionale. Ha perso anche il posto di giudice alla corte internazionale di giustizia dell’Aja e non è riuscita a rientrare nel consiglio dei diritti umani di Ginevra da cui era stata espulsa nel 2022. Occorre tener presente che la struttura onusiana delle regioni geografiche mondiali è rimasta quella della guerra fredda: ciò significa che la Russia sta nel gruppo (ex) Est Europa assieme a paesi ormai della Ue o comunque schieratissimi con l’occidente come - a parte Kiev ovviamente - l’Albania o la Georgia.

Un sostegno sparso tra gli altri gruppi regionali ma debole nel proprio rende le cose molto più difficili perché i posti sono suddivisi appunto in base ai gruppi geografici. Tutto questo non deve rassicurare gli occidentali: anche loro possono subire dei rovesci malgrado la loro maggior coesione: i gruppi regionali africano, latino-americano/caraibico e Asia-Pacifico spesso non si trovano in sintonia con le loro posizioni.

Siamo entrati in una fase storica in cui non esiste più un egemone solo e rispettato (unilateralismo americano) e nemmeno un nuovo condominio a due: mentre il G7 conta poco, non è mai nato il G2 (Usa-Cina) che, grazie ad un patto strategico tra di loro, obblighi tutti a seguire.

Da scommettere che i primi avversari di tale ultima ipotesi sono proprio i russi che cercano di risalire allo status di superpotenza perso nel 1989-91. In tale gioco si inserisce sempre più di frequente l’India che potrebbe diventare il “quarto grande” mondiale, almeno per dimensione, anche se Nuova Delhi resta molto prudente. Ciò che accade a livello delle agenzie dell’Onu dimostra che il multilateralismo, pur in crisi, non ha detto la sua ultima parola: il mondo è ormai davvero molto complesso e nessuno può tornare indietro, facendo a meno di sedere nei numerosissimi tavoli in cui si discutono i problemi internazionali.

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