Non deve sorprendere il pronunciamento molto politico e pressoché unanime della nazionale per un voto alle prossime, decisive, elezioni che fermi l'avanzata dell'estrema destra. Mbappé, Thuram (figlio), Coman, Upamecano, Mendy, Dembélé sono gli eredi di Thuram (padre), Zidane, Dhorasoo, che si sono sentiti in dovere di usare la popolarità per denunciare gli attacchi dei Le Pen. Provengono, tutti, dalle banlieue, dove si misura lo scontro tra due idee del Paese
L'Olanda degli Anni 70 fu eversiva nei costumi. L'Argentina del '78 limitò la condanna della dittatura sanguinaria ai gesti isolati di Mario Kempes che non strinse la mano a Videla e all'opposizione muta dell'allenatore che si sapeva di sinistra, César Luis Menotti. Maradona fu un capopopolo anti-sistema della Fifa ma per il resto non così impegnato, nonostante l'amicizia con Fidel e il tatuaggio del Che.
La Croazia da quando esiste è stata l'appoggio poco più che folkloristico e musicale del nazionalismo montante. Silente, in generale, il calcio sotto la cattività dei regimi. In Italia qualche rivoluzionario emarginato (Sollier, Lucarelli) e per il resto nemmeno il supporto a battaglie civili come quella contro il razzismo.
La coscienza della banlieue
Per questo fa notizia, ma non deve sorprendere, il pronunciamento molto politico e pressoché unanime della nazionale francese per un voto alle prossime, decisive, elezioni che fermi l'avanzata dell'estrema destra. Mbappé, Thuram (figlio), Coman, Upamecano, Mendy, il Dembélé che reclama la possibilità di esprimere la propria preferenza dal ritiro tedesco, sono gli eredi di Thuram (padre), Zidane, Dhorasoo, che non si sono limitati a dare calci ad un pallone ma si sono sentiti in dovere di usare la loro popolarità per denunciare certi attacchi subiti dal Front National di Marine Le Pen (e prima di lei del padre Jean-Marie) che datano almeno dal vittorioso mondiale casalingo del 1998 quando il trionfo sui Campi Elisi fu sporcato dalle considerazioni xenofobe su una squadra troppo colorata per essere l'espressione della Francia gallica, dunque bianca.
Gli atleti citati provengono, tutti, dalle banlieue, l'epicentro delle tensioni ormai ventennali dove si misura lo scontro tra due antitetiche idee del Paese. Nelle periferie si registra la massima concentrazione dei sette milioni di abitanti di origini extracomunitarie dell'Esagono (dieci per cento del totale). Da lì arriva la forza propulsiva che ha prodotto campioni indispensabili per i successi della nazionale. Ma per uno su mille che ce la fa, c'è l'enorme massa di emarginati che si sentono traditi dalla République e dalla mancata promessa di avere le stesse possibilità dei francesi autoctoni. E chi ce l'ha fatta, matura la sensazione di un debito verso chi è stato meno fortunato.
Destra vs sinistra
La Francia ha inventato il dualismo destra-sinistra che ancora persiste, se non nell'ideologia, in una diversa scala di valori e di concezione dei rapporti tra classi sociali. Interessarsi alla politica è considerato normale, la piena realizzazione del sé anche da chi fa sport, non come qualcosa che distoglie l'attenzione dall'obiettivo di vincere una medaglia.
Succede nel calcio, nel rugby, nel basket, nell'atletica, nel tennis. Stavolta, assai più che nel passato, si decide davvero il destino della Francia. Mbappé e compagni devono essersi ricordati che tre anni fa, per l'Europeo inglese, c'era un giovane politico che aveva criticato il loro gesto dell'inchino anti-razzismo.
Si chiama Jordan Bardella, è sempre giovane, ha 28 anni. Se l'estrema destra avesse la maggioranza assoluta, sarebbe lui il candidato primo ministro.
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