Il caso è Stellantis oppure è Carlos Tavares? Sicuramente, per il suo ruolo di capo e per la sua ingente liquidazione (100 milioni di euro paiono spropositati a prescindere e già sono un problema in sé), Tavares merita il massimo dell’attenzione e della riprovazione. Ma non unicamente.

Le difficoltà di Stellantis sotto la costosa gestione di Tavares derivano da scelte sbagliate sulle quali, a cominciare dai proprietari e quindi da John Elkann e dagli azionisti, pochi, forse nessuno, hanno sostanzialmente, tempestivamente fatto obiezione.

Opportunisti e disattenti

Stabilire una graduatoria dei “disattenti” e degli opportunisti e quindi anche degli (ir)responsabili è utile poiché può servire a mettere in guardia per il futuro. Anche se vistisi sempre negare da Tavares il ruolo di interlocutori, i sindacati dovrebbero comunque interrogarsi se e come, oltre alla legittima difesa dei livelli occupazionali, non sarebbe opportuno da parte loro esercitarsi anche in approfondimenti concernenti la produzione, tipo e quantità, e l’immissione di quali modelli automobilistici sul mercato.

Mi pare sia giusto chiamare a rispondere del loro (in)operato anche i ministri che si occupano di economia e di industria. Tuttora preda di qualche sudditanza psicologica e un tantino anche politica nei confronti di quella grande compagnia automobilistica? Per la Confindustria parla il devastante editoriale del Sole 24 Ore, forse, ma ascoltare le interpretazioni e le valutazioni del presidente e dell’ufficio di presidenza potrebbe apportare altri elementi conoscitivi certamente utili.

Capri espiatori

Meno, molto meno condivisibile, mi sembra la ricerca, come ha prontamente fatto Giorgia Meloni (metto convintamente Salvini in secondo piano), di un capro, caprone, espiatorio nelle politiche ecologiche e di transizione all’elettrico decise e perseguite dall’Unione europea.

Buona parte degli analisti più preparati sostiene che le difficoltà di Stellantis dipendono dalle politiche volute e decise da Tavares in persona.

Tuttavia, in qualsiasi modo si cercherà di uscire da una situazione difficilissima e pesantissima del settore automobilistico che coinvolge anche Volkswagen, all’Europa sarà necessario rivolgersi. In Europa bisognerà cercare la soluzione. Da un lato, non possiamo fare finta che la concorrenza cinese, prima di, eventualmente, sconfiggerla sul terreno della qualità e dell’innovazione, bisogna arginarla.

Grande è (più) bello

Sullo stesso terreno, è opportuno temere le politiche commerciali e di fissazione di dazi dell’amministrazione Trump. Dall’altro, forse stiamo per mettere alla prova uno dei suggerimenti operativi del rapporto Draghi sul futuro della competitività europea.

Grande magari non è sempre bello, ma può essere vitale. Quanto basterà procedere a qualche forma di coordinamento delle politiche nel settore dell’auto, tuttora e prevedibilmente nel futuro prossimo, molto importante per il lavoro, l’imponente indotto, la ricerca e l’innovazione con i suoi effetti spill over, e quanto, invece, bisognerà avviarsi sulla strada delle concentrazioni per giungere a giganti industriali competitivi, ma inevitabilmente poi interessati a una fetta di potere politico europeo?

Le soluzioni intermedie, che riguardino investimenti, occupazione, bilanci, debbono essere cercate non come (costosi) tamponi, ma come premesse di una strategia di lungo periodo da presentare e discutere con le autorità governative italiane ed europee.

Il caso Stellantis non è solo un test di come rispondere a una grave emergenza. Può diventare e deve essere una opportunità di elaborazione e attuazione di politiche europee lungimiranti.

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