La nuova crisi bancaria americana travolge i mercati e prevedibilmente ripoterà il dibattito al 2008: dobbiamo salvare le banche o punirle per i loro errori? E i banchieri? Si può evitare che sia la gente normale a pagare il conto e che la crisi si trasferisca all’economia reale?

Dall’Italia osserviamo da spettatori dolenti, mentre le borse di tutto il mondo affondano, Milano inclusa. Mettiamo alcuni punti fermi: non c’è una crisi generalizzata, o almeno non abbiamo elementi per pensarlo, ma ci sono tante potenziali crepe nel sistema che l’aumento dei tassi di interesse, deciso dalle banche centrali per contrastare l’inflazione, possono allargare.

Alzare i tassi rende il denaro più costoso, riduce la domanda, taglia il valore dei titoli a lunga scadenza non indicizzati perché il “valore” del tempo è aumentato rispetto al momento in cui l’obbligazione è stata sottoscritta, il debito a breve termine invece diventa più costoso.

Questi non sono effetti collaterali, ma voluti, perché è così che si frena l’economia per evitare la corsa destabilizzante dei prezzi.

Salvare i clienti

AP

Se ora Federal Reserve e Bce rallenteranno o bloccheranno gli aumenti dei tassi già previsti perché preoccupate dall’inflazione, daranno priorità alla stabilità del mercato finanziario rispetto a quella dell’economia reale.

Le spinte ad aumenti salariali e i rincari imposti dalle imprese con molto potere di mercato continueranno (l’inflazione core, al netto dell’energia, nell’eurozona continua a salire ed è arrivata al 5,6 per cento). I mercati sono stati i principali beneficiari della stagione del quantitative easing, e ora che la festa stava finendo di nuovo imporranno le loro esigenze a scapito dell’economia reale.

L’amministrazione Biden promette di non far gravare il crac di Silicon Valley Bank sui contribuenti, ma intanto garantisce i depositi anche sopra la soglia assicurata di 250mila dollari. II messaggio è chiaro: nel 2008 si salvavano le banche troppo grandi per fallire, oggi si salvano i clienti troppo ammanicati e per soffrire.

La gente normale perde 

La gente normale perde sempre: pagherà il conto delle politiche anti inflazione, che soffocano la domanda, se si difende la stabilità economica, cioè dei prezzi, mentre i benefici delle politiche espansive sono andati soprattutto al settore finanziario.

E paga ancora di più se invece delle politiche anti inflazione banche centrali e governi anteporranno la stabilità del settore finanziario che, ha beneficiato dell’espansione monetaria e ora rifiuta di pagare il conto della stretta.

Ci ricordiamo il 2008, ma non abbiamo davvero imparato dai nostri errori. Stiamo ripetendo il copione con le criptovalute al posto dei mutui subprime.

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