Ci risiamo. Trapani come Santa Maria Capua Vetere? Una nuova inchiesta che vede indagati 46 agenti di Polizia penitenziaria presso il carcere Pietro Cerulli di Trapani, per tortura e concorso in tortura, abuso di autorità contro detenuti e falso ideologico in concorso. Undici agli arresti domiciliari e 14 colpiti da misura interdittiva.
I reati sono ricorrenti, gravissimi e più o meno sempre gli stessi, quasi ad integrare un rituale che si ripete.
Con ciò non vogliamo certamente dire che che tutto questo sia la prassi consolidata delle nostre carceri. Questo assolutamente no. Siamo tuttavia addolorati e basiti di fronte al ripetersi di queste situazioni inaccettabili ed indegne per un Paese che ambisce ad esser definito civile e democratico.

Anche qui sono le telecamere ad inchiodarli. Sono state installate dagli inquirenti nel “reparto blu”, oggi chiuso per carenze igienico sanitarie, dove venivano portati i detenuti in isolamento, detenuti con problemi psichiatrici o psicologici.

Quel reparto ne era prima sprovvisto e, quindi, era diventato zona franca. Un inferno per detenuti ma anche per gli agenti stessi che si sono lasciati andare a lanci di urine nei confronti dei primi, violenze di gruppo reiterate e documentate in un'inchiesta che ha mosso i suoi primi passi nel 2021.

Ancora persone affette da malattie psichiatriche o psicologiche che non solo si trovano dove non dovrebbero stare ma che addirittura vengono bersagliate in siffatti modi violenti e spietatamente umilianti.

Una sorta di girone dantesco descritto nei Miserabili da Victor Hugo. Queste sono le parole del Procuratore Gabriele Paci che così ha voluto descrivere lo stato di degrado e stress generale in cui tutti erano costretti a vivere in quel carcere.

Sono realtà che ben conosciamo e che, purtroppo, sono comuni a tanti istituti di pena. Le abbiamo viste, sentite e finanche odorate. Sono numerose le richieste di aiuto che ci sono state fatte dagli stessi agenti, durante le ispezioni a sorpresa che abbiamo effettuato, rassegnati e talvolta disperati per le condizioni, anch’esse degradanti cui erano costretti a lavorare.

Proviamo tanta pena per i detenuti che rimangono vittime di questi comportamenti criminali così come, allo stesso modo, la proviamo per gli agenti che ne sono responsabili perdendo letteralmente la loro identità come appartenenti ad corpo dello Stato e per coloro che vi assistono, impotenti o conniventi che siano.
Il nostro gaudente sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove che cosa ci racconterà?

Esprimerà ancora una volta la sua solidarietà agli agenti della penitenziaria coinvolti nell’odierna inchiesta, per sottrarsi efficacemente alle proprie responsabilità per la sempre più degenerante situazione in cui versa il nostro sistema carceri?

Magari andrà a trovarli col nuovo blindato dai vetri oscurati che tanto lo inorgoglisce. Proviamo orrore per lo scenario che sta delineando certa politica, da vera e propria era post apocalittica. Propaganda, propaganda ed ancora propaganda. Cinica e mendace.

La Costituzione non esiste più, bandita nel nome del «O loro o noi, buttiamo via la chiave, facciamoli asfissiare». Che ne è dell’articolo 27 della Costituzione che impone la funzione rieducativa della pena?
In questo oceano di violenze e degrado la luce che ci si chiede di vedere è l'intima gioia di Delmastro.

Semplicemente desolante ma gli italiani vogliono questo, direbbe lui. Noi no. E non siamo i soli, o almeno così speriamo.

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