La crisi estiva dei trasporti è in parte fisiologica, a causa delle punte di domanda, ma in parte dovuta a molteplici inefficienze. Dalle autostrade ai treni, una maggiore concorrenza e una gestione diversa delle tariffe contribuirebbero a diminuire ritardi, ingorghi e disservizi nei periodi di punta dell’anno
Come ogni estate, anche in questa i trasporti vanno in tilt. Code in autostrada, treni in ritardo, utenza lasciata bollire al caldo e non informata, aerei costosissimi e spesso cancellati o in ritardo, cantieri che intralciano il traffico.
Ora, una parte dei problemi è fisiologica, e si chiama “fenomeni di punta”. Tutti vogliono andare in vacanza negli stessi posti e nello stesso periodo. Però non si può investire solo per soddisfare la domanda di punta: treni, autostrade, aerei, autobus rimarrebbero tragicamente poco usati in inverno o nelle ore non di punta.
Quei soldi, pubblici e privati, sarebbero utilizzati malissimo, e quindi in proporzione farebbero crescere i costi, cioè le tariffe, o le tasse se si tratta di infrastrutture o di servizi pubblici.
Tuttavia una parte dei problemi è dovuta all’insufficiente o all’intempestiva manutenzione (per avere voti, sono meglio le grandi opere), o alla spesa inefficiente, o alla scarsa concorrenza. Di questa, se ce ne fosse di più, ferrovie, taxi e trasporti pubblici potrebbero funzionare meglio.
Concorrenza che non vuol dire affatto privatizzazione, solo più servizi messi in gara, cosa che funziona benissimo in molte parti d’Europa, e anche per l’Alta Velocità in Italia.
Ma per molti nostri politici la concorrenza è pericolosa: come per i balneari, metti che arrivino stranieri molto più efficienti, meglio evitare.
Tutti i privati gestiscono le punte di domanda soprattutto aumentando i prezzi, e solo un po' l’offerta: si pensi agli alberghi e ai servizi aerei. Se c’è concorrenza non possono far diversamente: chi non aumentasse i prezzi non potrebbe far fronte alla domanda, e perderebbe un sacco di soldi.
Le ferrovie, pubbliche e private, invece hanno delle tariffe massime da rispettare, ma anche loro si arrangiano coi prezzi, e inducono molta gente a prendere la prima classe, se c’è troppa domanda: non si possono comprare treni apposta se d’estate la seconda classe è piena.
Pedaggi variabili
La gestione dei ricavi in funzione delle punte (“yield management”) spesso si fa con modelli matematici, algoritmi che regolano domanda e offerta danno anche notevoli benefici, facendo utilizzare meglio le risorse disponibili.
Per la congestione, Milano ha messo un prezzo per entrare in macchina in città nelle ore di punta. Londra e Singapore sono stati i pionieri, e ci sta pensando anche New York.
Invece le autostrade non hanno tariffe di punta, nei giorni da “bollino rosso”. A parità di ricavi per i gestori, tariffe più alte nelle punte, e più basse negli altri giorni, o di notte, distribuirebbero meglio il traffico, riducendo le code. Un beneficio anche per l’ambiente: viaggiare in coda produce più inquinamento.
A questo proposito la riforma proposta dal ministro Salvini, che toglie il collegamento automatico tra tariffe e pagamento dei costi di investimento, potrebbe tornare molto utile, ma non sembra che voglia essere usata in questo senso.
Che cosa fare, allora? Servono soluzioni ragionevoli, che trovino un equilibrio tra efficienza e socialità: migliorare le manutenzioni di autostrade e ferrovie (e non farle d’estate). Aumentare la concorrenza dove può essere utile per migliorare i servizi. Qualche modesto intervento per “spalmare” le chiusure delle attività e per aumentare un po' le tariffe autostradali nelle punte. E soprattutto una cosa che costa poco: migliorare l’informazione, specialmente ai poveri utenti lasciati al caldo nelle stazioni e negli aeroporti.
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