- L’aggressione della Russia all’Ucraina ha riaperto il dibattito sulla relazione tra l’Unione europea e i paesi del suo immediato Vicinato.
- Le recenti dichiarazioni della Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e del presidente ucraino Zelensky lasciano intendere che il dibattito sull’adesione dell’Ucraina sarà presto all’ordine del giorno.
- A prescindere da come si svilupperà un possibile negoziato con Kiev, comunque, all’Unione europea si impone la necessità di ripensare la sua politica di Vicinato nel nuovo contesto di sicurezza che emergerà dopo il conflitto.
L’aggressione della Russia all’Ucraina ha riaperto il dibattito sulla relazione tra l’Unione europea e i paesi del suo immediato vicinato. Le recenti dichiarazioni della Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e del presidente ucraino Zelensky lasciano intendere che il dibattito sull’adesione dell’Ucraina sarà presto all’ordine del giorno.
D’altra parte, la vicinanza tra Ue e Ucraina, rappresentata dall’Accordo di associazione del 2014, si è fatta negli ultimi anni sempre più stretta, fino a rappresentare la più grande sfida alla pretesa russa di un’influenza esclusiva e imperiale nel vicinato orientale. Questo, più che una inesistente minaccia della Nato, deve aver influito sulla decisione di Putin di muovere guerra contro l’Ucraina.
A prescindere da come si svilupperà un possibile negoziato con Kiev, comunque, all’Unione europea si impone la necessità di ripensare la sua politica di vicinato nel nuovo contesto di sicurezza che emergerà dopo il conflitto.
Innanzitutto, l’Ue deve abbandonare l’approccio tecnocratico che ha caratterizzato la gestione dell’allargamento e delle politiche di vicinato. L’Unione deve tornare a pensare e agire strategicamente, a livello regionale e globale.
Una strada possibile è quella di un partenariato rafforzato e differenziato con i paesi vicini, che si concentri su due priorità: democrazia e sicurezza.
I problemi nel vicinato
La possibilità di vivere in un ambiente democratico, in cui le libertà individuali e i diritti sociali sono garantiti, è una precondizione per la stabilità a lungo termine delle società. E’ quindi cruciale che l’Ue continui i suoi sforzi politici e finanziari a sostegno della società civile, che ha dimostrato di essere il più efficace agente di cambiamento in situazioni di deterioramento democratico e di involuzione autoritaria.
L’Ue dovrebbe evitare qualsiasi ambiguità e intraprendere azioni forti contro i governi del vicinato che non rispettano i principi democratici, in primo luogo attuando in maniera decisa le misure di condizionalità previste negli Accordi di allargamento e di associazione.
Inoltre, l’Ue dovrebbe sfruttare appieno gli altri strumenti a sua disposizione per combattere la violazione dei diritti umani ma anche la corruzione, per esempio ampliando il campo di applicazione del Magnitsky Act europeo che è stato adottato nel dicembre 2020.
L’impegno militare
La crisi ucraina ha dimostrato ancora una volta che l’Unione europea deve anche aumentare il suo impegno militare e di sicurezza nel vicinato e, allo stesso tempo, sviluppare le proprie capacità di difesa. Le missioni civili europee nel vicinato sono state fondamentali per monitorare la ricostruzione post-conflitto e sostenere la costruzione delle istituzioni democratiche. Ma la loro azione deve essere rafforzata fornendo alle forze di sicurezza e militari locali l’addestramento e la consulenza necessari per reagire a possibili minacce provenienti dall’est.
Lo strumento della European Peace Facility dovrebbe essere usato più estesamente per finanziare operazioni e equipaggiamento militare nel vicinato. Una maggiore integrazione dei paesi del vicinato nella Politica di Sicurezza e Difesa Comune europea, sia nelle missioni che in progetti congiunti di sviluppo di capacità militari, potrebbe aiutarli a riformare i loro apparati di sicurezza e difesa e a rafforzare il loro legame con l’Unione.
Allo stesso tempo, è evidente che l’Ue manca di una capacità di deterrenza per rispondere alle minacce di aggressione nel vicinato orientale. L’adozione dello Strategic Compass europeo deve mirare innanzitutto a dotare l’Unione delle necessarie forze di reazione rapida che renderebbero Bruxelles capace di intervenire in conflitti ad alta intensità.
Queste forze dovrebbero essere credibili sia in termini di personale militare, che non può essere limitato a 5.000 uomini, che di capacità di supporto, in particolare trasporto strategico, tecnologie di comunicazione, ecc. A livello nazionale, questo significherebbe anche aumentare la quota di Pil destinata alla difesa.
A livello comunitario, bisognerebbe aumentare la dotazione del Fondo europeo per la difesa e i costi comuni delle missioni militari finanziate congiuntamente attraverso il meccanismo Athena.
Solo impegnandosi seriamente nella promozione delle libertà individuali, dei diritti sociali e della sicurezza nel paesi del suo vicinato, l’Unione europea si trasformerà da modello attraente ad attore credibile, agli occhi sia dei suoi partner che dei suoi avversari strategici.
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