- Dopo un primo momento di grande unione in parlamento contro la guerra in Ucraina, anzi contro Vladimir Putin, il governo ha subito rischiato di creparsi con il censimento del catasto.
- Ha vinto l’indifferenza di un paese ricco davanti a una tragica guerra considerata comunque lontana, soprattutto nel tempo. Uno scontro tra Davide e Golia, dove si sa che nella vita vince Golia.
- I russi hanno bisogno di riprendersi la Russia, dicendo con forza no alle armi. Dovranno puntare sull’opposizione popolare interna. L’unica possibilità per vincere è fermare Putin. Gli oligarchi che hanno tutto da perdere potrebbero fare un primo passo.
Dopo un primo momento di grande unione in parlamento contro la guerra in Ucraina, anzi contro Vladimir Putin, il governo ha subito rischiato di creparsi con il censimento del catasto. Ha vinto l’indifferenza di un paese ricco davanti a una tragica guerra considerata comunque lontana, soprattutto nel tempo. Uno scontro tra Davide e Golia, dove si sa che nella vita vince Golia.
L’Ucraina è uno dei paesi più grandi d’Europa ma anche uno dei più poveri. Il suo prodotto interno equivale a 156 miliardi di dollari circa per 44 milioni di abitanti. Più o meno come la Spagna che però vanta un Pil di 1.280 miliardi.
E’ una terra di contadini. Uno dei più grandi esportatori di grano al mondo, un tempo soprannominata “il granaio dell’Urss”.
La seconda grande risorsa dell’Ucraina è l’emigrazione. Stipendi bassissimi e paesi confinanti più attraenti li hanno resi un paese di esuli. La popolazione si concentra nella capitale, Kiev, grande come Roma, con quasi tre milioni di abitanti per uno Stato che ha un’estensione doppia di quella dell’Italia.
Noi italiani, se vogliamo capire la situazione dell’Ucraina oggi, dobbiamo usare la macchina del tempo e ritornare indietro, agli anni Quarnta. Non solo nelle terre del Sud ma anche nel Nord più misero, come il Friuli. Anche i Friulani erano un popolo di contadini poveri e migranti, sotto i suoni delle sirene antiaeree.
Così scriveva Pier Paolo Pasolini: «Poco dopo suonava puntuale l’allarme a Castiglione, e qua e là dietro le campagne brune e smaglianti, il tenero turchino del cielo cominciava a incrinarsi ai primi rumori degli aeroplani – qualche ricognitore, dapprima, che intesseva curvi e amari rombi, precedendo di poco le torme dei bombardieri. Si profilavano, duri, improvvisi e saettanti, pieni di una salute maledetta, certi rapaci la cui preda era proprio lì, in Friuli. Nella stalla c’era un buio fitto, ma le pareti sotto la violenza della luce dell’esterno parevano trasparenti. Il fragore era così forte che copriva gli urli delle donne. Io e mia madre ce ne stavamo abbracciati stretti sotto una botte». Questo è quello che appariva a un ragazzo nato nel 1922 in un paese con tanti giovani e bambini, come oggi l’Ucraina.
Forse Putin non si aspettava una reazione così decisa e compatta dell’occidente e di tutto il mondo democratico. L’Europa vuole aiutare l’Ucraina, inviando armi e denaro ma l’orco russo spaventa.
I russi hanno bisogno di riprendersi la Russia, dicendo con forza no alle armi. Dovranno puntare sull’opposizione popolare interna. L’unica possibilità per vincere è fermare Putin. Gli oligarchi che hanno tutto da perdere potrebbero fare un primo passo. Certo non sarà facile. Come ha spiegato perfettamente il professor Massimo Ammaniti sul Corriere della sera, siamo di fronte a un glaciale paranoico, un nuovo Stalin con manie di persecuzione.
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