- A nessuno può essere consentito né di dimenticare né di sottovalutare i principi ideali a fondamento della Costituzione e della democrazia repubblicana.
- L’antifascismo è uno, probabilmente il più importante, di questi principi.
- Non di solo pane vive l’uomo, ma delle memorie che gli vengono tramandate e dell’identità che si costruisce
Deliberatamente e consapevolmente imperterriti, Ignazio La Russa e Isabella Rauti celebrano la nascita del Movimento sociale italiano, partito nel quale hanno fatto politica per lungo tempo e che ha permesso loro di diventare rispettivamente presidente del Senato e sottosegretaria alla Difesa.
La fiamma sta nel logo di Fratelli d’Italia proprio a ricordo del Msi che così si chiama con riferimento alla Repubblica Sociale Italiana (di Salò) e per aggancio con quell’esperienza formativa. Giorgia Meloni si limiterà a liquidare con sufficienza quanto detto dai suoi rappresentanti.
Sa che la prevedibile indignazione di molti non scalfisce minimamente il consenso di FdI.
Per quanto sacrosanta quella indignazione non è una risposta politicamente efficace. Molti hanno già detto che il voto e i consensi a Fratelli d’Italia sono anche e soprattutto il prodotto di un disagio sociale al quale le sinistre da tempo non sanno offrire risposte convincenti.
Elaborare risposte nuove e decenti al disagio dell’elettorato è sicuramente un compito che le opposizioni hanno il dovere politico di assumere seriamente e responsabilmente.
Tuttavia, a nessuno può essere consentito né di dimenticare né di sottovalutare i principi ideali a fondamento della Costituzione e della democrazia repubblicana. L’antifascismo è uno, probabilmente il più importante, di questi principi.
Spesso è stato proposto in maniera puramente celebrativa senza i necessari presupposti storici senza l’indispensabile elaborazione di come proprio quell’antifascismo abbia costituito la premessa per il riscatto della dignità della Nazione.
Lamentarsi delle carenze e delle inadeguatezze dell’insegnamento (e della conoscenza) della storia d’Italia (e d’Europa) in questo paese è stato spesso un argomento di discussione salottiera per colmare qualche vuoto, forse per salvarsi l’anima.
Non sono certo questi i tempi più propizi per trasmettere la storia e le memorie del ventennio e della Resistenza.
Profondamente sbagliato, però, è credere che si tratti di una battaglia di retroguardia, già persa.
Una Nazione civile ha l’obbligo morale di continuare a interrogarsi sui fenomeni del passato, quelli che avevano radici nella storia, che hanno contribuito a scriverne, nelle parole di Piero Gobetti e dell’azionismo, l’autobiografia. Conteranno i modi con i quali le memorie saranno fatte rivivere.
Senza esagerare né i misfatti che portarono a una tragedia, nazionale, né le reazioni, non tutte encomiabili, ma da comprendere prima di stigmatizzarle.
Non so quanto di questo ripensamento storico ridimensionerebbe il disagio sociale. So che è comunque necessario, fattibile e doveroso.
Non di solo pane vive l’uomo, ma delle memorie che gli vengono tramandate e dell’identità che si costruisce. Gli italiani hanno ancora molta strada da fare.
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