A poco più di un mese dall’insediamento alla Casa Bianca si può dire che era tutto già scritto: Trump si propone tra gli autocrati dei nuovi imperi. Dopo l'umiliazione di Zelensky, l'Europa deve maturare consapevolezza sulla strada giusta: pretendere un rapporto paritario con gli Usa, e rilanciare il multilateralismo, unica arma contro le dottrine imperiali
A due mesi dall’insediamento alla Casa Bianca si può dire che era tutto già scritto: Donald Trump ha annunciato un’èra difficile. Ha manifestato un’esibizione di potenza senza limiti, con il ricatto dei dazi per l’Europa e il resto del mondo, la pretesa di incorporare negli Usa Groenlandia, Canada, Panama e il Golfo del Messico, ribattezzato Golfo d’America. Imporre la pace in Ucraina costerà agli ucraini solo umiliazioni e sofferenze.
Trump piuttosto che contrastare le potenze revisioniste dell’ordine internazionale come Russia e Cina, ha deciso di spartirsi con loro il dominio globale a scapito dell’Europa e degli altri paesi ridotti a vassalli, rinnegando il diritto internazionale. Si evoca la via non di una “nuova Jalta”, ma il riferimento non regge: l’incontro in Crimea tra i vincitori della Seconda guerra mondiale idi lì a poco avrebbe portato alla Conferenza di San Francisco per far nascere l’Onu. Piuttosto il riferimento giusto è per una nuova “entente cordiale”, la spartizione coloniale tra Francia e Regno Unito del 1904 ora riedita in un’altra divisione degli imperi.
La frattura
Soprattutto è deciso il distacco – inutile nasconderlo – dai temi delle democrazie liberali e dello stato di diritto su cui si erano consolidati il mito dell’Occidente fondato sull’alleanza tra Usa ed Europa (che su questi temi di suo già vede conclamate derivano).
A intensificare questa distanza si sta adoperando l’altro partner della nuova tecno-autocrazia statunitense alla guida dell’inedito dipartimento per l’Efficienza del governo: il visionario multimiliardario Elon Musk punta sostenuto a sdoganare le criptovalute e a far saltare la tradizione giuridica dell’Europa che ha una solida normativa anti-monopoli e si è data (unica al mondo) il Digital Service Act sulle piattaforme del web.
La capacità seduttiva di Elon Musk l’abbiamo vista esprimersi anche in Italia ai massimi livelli politici. Non passa giorno che non si manifesta il suo “libero pensiero” sulle politiche d’Europa, dalle accuse (infondate) al premier inglese Keir Starmer di aver occultato una stagione di stupri, fino ad appoggiare il partito neonazista tedesco Afd, e ad umiliare anche lui Volodymyr Zelensky («si nutre dei cadaveri dei suoi soldati» ha scritto sprezzante su X) e gli europei che lo sostengono.
La minaccia di cedimento geopolitico, economico e soprattutto culturale per un’Europa divisa annuncia la sua irrilevanza, se non corre presto ai rimedi. L’Unione europea sta subendo oltraggi continui. Alla Conferenza di Monaco il vice presidente Vance si è permesso di dare agli europei una lezione sulla libertà, con la sfacciata rivendicazione dell’arbitrio delle big tech statunitensi.
Trump non vuole l’Europa nei negoziati, e ha rifiutato la visita dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, la commissaria Kaja Kallas, una diplomatica dell’Estonia, paese baltico minacciato da Putin. Ha pure espressamente accusato l’organizzazione nata per assicurare la pace con il Manifesto di Ventotene di “screw” gli Stati Uniti: un’espressione volgare che indica molto più di voler “fregare” il popolo americano.
Concretezza e azione
Occorre che l’Europa sia concreta, partendo anche dalle iniziative di una leadership come il formato Weimar+ o una “coalizione di volenterosi”. I paesi europei possono rafforzare una difesa comune che anche i padri fondatori di Ventotene ritenevano necessaria. Nella Nato hanno la maggioranza, due potenze nucleari, un peso strategico rafforzato con l’ingresso di Finlandia e Svezia, e possono bene incidere sulle scelte dell’Alleanza Atlantica.
In ogni caso, tocca in maggior ragione agli europei intensificare gli sforzi e sostenere l’Ucraina. Pur con la diplomazia è bene che si ricordi agli interlocutori ostinati che Bruxelles ha sempre l’arma delle sanzioni che può inasprire, e del congelamento degli asset russi nelle banche centrali. È la strada da pretendere un immediato vertice Ue-Usa-Nato, purché si ripristini un rapporto paritario con gli Usa.
L’Europa nel suo complesso vale molto anche rispetto agli Usa in termini di maggiore popolazione, e può competere in termini di Pil e peso specifico sulla bilancia commerciale globale, oltre che per i valori universali fondati sul rispetto dei popoli. Occorre poi che si stabilisca una volta per tutte che c’è un solo aggressore, e che l’Ue deve essere accanto all’Ucraina in ogni negoziato.
L’Europa deve avere anche la capacità di rafforzare le relazioni diplomatiche con il resto del mondo, per muoversi contro le politiche aggressive dei dazi di Trump e per le iniziative di pace che devono legittimarsi davanti all’Onu.
Se non la Cina – che potrebbe anche non gradire il riavvicinamento Usa-Russia – India, Turchia, mondo arabo, paesi africani e i vari paesi del sud del mondo sono interlocutori che vanno ricercati per gli interessi comuni che possono condividere con gli europei. È questa la strada per promuovere una «pace giusta», dove nessuno possa imporre la resa ad un popolo aggredito, e il ritorno al multilateralismo, contro le nuove dottrine imperiali.
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