Con il suo discorso a Pontida, il ministro dell’Istruzione ha cercato di accontentare le varie anime della Lega: chi pensa di avere meriti non riconosciuti e vuole una società che premi i (presunti) bravi, chi rimpiange la sicurezza confortevole dell’autoritarismo, chi teme la cosiddetta (e inesistente) invasione degli stranieri. Peccato non abbia nessuna logica politica di lungo termine, neanche per chi ha simpatie per la destra
Chissà se il principio di non contraddizione fa parte dei valori della destra. Bisognerebbe chiederlo a Giuseppe Valditara, che sempre più si candida (uscito di scena Gennaro Sangiuliano, e in attesa di Alessandro Giuli) a ideologo in servizio permanente effettivo. Nella sua esternazione a Pontida, il raduno annuale della Lega, Valditara ha arringato le folle su tre valori: merito, patriottismo e autorità.
Ecco il virgolettato: «La sinistra detesta il principio di autorità che è fondamentale in ogni stato democratico, detesta il merito, è per l’egualitarismo grigio. La sinistra è contro l’idea di patria, creano le condizioni per subire l’immigrazione, non vedo differenza tra questa sinistra e la tradizione comunista e anarchica».
Lasciamo perdere le eventuali somiglianze fra Pd e tradizione comunista e anarchica, su cui si sono sprecate altre menti e penne sin da quando Valditara aveva i calzoncini corti. Il problema è che i tre valori invocati da Valditara non stanno tanto bene insieme. Il problema principale è il merito. Innanzitutto, si può avere merito senza eguaglianza? Se si deve premiare il merito, cioè i talenti naturali, si dovrà favorire chi questi talenti li manifesta, ovunque e da chiunque sia nato.
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Se ci preme il merito, e non il rango, se ci importano le abilità innate e il duro lavoro per farle fruttare e non la rendita di posizione di chi è erede di privilegiati, dovremmo garantire eguaglianza di opportunità. Chiunque se lo meriti, chiunque abbia rimarchevoli capacità deve poter diventare manager, accademico, addirittura ministro dell’istruzione, qualunque la sua origine e classe sociale.
Chissà se Valditara farebbe eccezione, almeno, per l’eguaglianza di opportunità e le carriere aperte a tutti. Viene il sospetto, talvolta, che Valditara parli di merito – un valore liberale, talvolta anche illuministico – e rimpianga invece la diseguaglianza sociale cristallizzata delle società castali e feudali del Medioevo e di tante parti del mondo di oggi. Valditara parla di merito e intende il rango, insomma, parla di competizione e rimpiange i quarti di nobiltà dell’Ancient régime.
Le contraddizioni
Il merito è compatibile con l’autorità? Certo, si può pensare che i meritevoli debbano avere autorità, in virtù delle loro capacità. È il sogno della meritocrazia tecnocratica, che dovrebbe comunque essere inviso a una destra populista. Valditara è conscio che invocare merito e autorità rischia di aprire la porta a gente come Mario Draghi? Lo ha detto a Giorgia Meloni?
E, tuttavia, se il merito conta, l’autorità non può essere salda e intangibile, come Valditara sembrerebbe volere. Se l’autorità tocca a chi ha merito, ne seguono due conseguenze. In primo luogo, l’autorità è sempre contendibile, per così dire: a scuola, per esempio, uno studente o una studentessa eccezionalmente bravi potranno, e dovranno, contestare un docente non all’altezza.
In secondo luogo, quel che si rispetta non sarà l’autorità in sé e per sé, ma il merito. Si starà a sentire un docente perché e finché se ne riconosce la competenza, e non per rispetto del ruolo. Ancora una volta, temo che Valditara dica una cosa e ne pensi un’altra.
E pure il patriottismo e la difesa dei confini sono messi male, se il merito è un valore. Sappiamo bene che ci sono molti immigrati più meritevoli degli italiani: più giovani, più intraprendenti, più colti, più resilienti. Se rispettiamo e diamo valore al merito, non dovremmo respingerli, ma attirarli. Se ci preme il merito, non ci può premere la storia e la tradizione che costituiscono la patria. Che merito c’è nel nascere italiani, per puro caso? Che merito c’è nell’ereditare una storia e una tradizione?
Insomma, Valditara cerca di accontentare le varie anime della Lega – chi pensa di avere meriti non riconosciuti e vuole una società che premi i (presunti) bravi, chi rimpiange la sicurezza confortevole dell’autoritarismo, chi teme la cosiddetta (e inesistente) invasione degli stranieri. Forse la cosa ha efficacia politica di breve termine. Peccato non abbia nessuna logica politica di lungo termine, neanche per chi ha simpatie per la destra.
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