La scuola riapre con un grande classico di settembre: mancano i professori. Non è un’emergenza bensì un problema strutturale che si ripete, quando gli studenti tornano in classe mentre non tutti i docenti hanno già preso servizio. «Quest’anno, però, va peggio del solito», spiega Luigi, 40 anni compiuti da poco, professore precario di Napoli, abituato ormai alla fine di ogni estate a trasferirsi in Veneto per lavorare: «Mi è arrivata l’email con la convocazione la sera del 6 settembre, il giorno dopo ero già operativo a oltre 700 chilometri da casa».

Nel frattempo Luigi ha partecipato anche al concorso per docenti Pnrr 2023, nella speranza, dopo anni di precariato, di riuscire a ottenere un posto di ruolo. Sa di aver superato la prova scritta ma aspetta di conoscere la data dell’orale: «Se vincerò il concorso dovrò abilitarmi durante l’anno di prova. Peccato che non si sa quando partiranno i nuovi corsi e neanche se saranno attivati per tutte le classi di insegnamento. Se supererò entrambe le prove, ma non con un punteggio abbastanza alto da risultare vincitore, invece, la mia fatica andrà completamente sprecata, dovrò rifare tutto daccapo, riprovare al prossimo concorso. Che, stando alle parole del ministro Valditara, sarà bandito tra ottobre e novembre, prima di quando sosterrò la prova orale del vecchio», chiarisce il precario, riferendosi al paradosso per cui ci sono migliaia di docenti idonei all’insegnamento per aver superato il concorso Pnrr 2023 che non saranno mai né assunti né abilitati.

Il trasloco

«Una beffa», aggiunge Mariagrazia, professoressa precaria di matematica che ha appena preso servizio a Firenze. Anche lei è in attesa di sapere i risultati del concorso 2023.

Se vincerà, sarà di ruolo da gennaio, vista la proroga al 31 dicembre per le immissioni in ruolo introdotta dal dl 71: «Così dovrò lasciare a metà anno le sei classi che seguo, per prenderne altre chissà dove in Toscana, in cui avrà fatto lezione un altro professore che verrà mandato via per lasciare il posto a me. Un danno grave per la vita di noi precari che abbiamo sempre meno certezze, ma anche per la continuità didattica degli alunni.

Il rischio che le classi rimangano scoperte tra un passaggio e l’altro, infatti, è alto», spiega la professoressa mentre il tempo che aveva a disposizione tra le riunioni con i docenti si esaurisce: «La scuola sta cambiando velocemente, ma in peggio», taglia corto, lasciando trasparire il riferimento alle tante novità che il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara annuncia ogni volta che parla di scuola. Senza riguardo, però, per l’opinione di chi la vive tutti i giorni.

Mancano i prof, ma c’è l’Ia

Come nel caso delle nuove linee guida sull’educazione civica che entrano in vigore nonostante la bocciatura all’unanimità del Consiglio superiore della pubblica istruzione. O come per il flop del liceo del made in Italy, tanto voluto dagli esponenti di governo, a cui, però, non si è iscritto quasi nessuno, per fare alcuni esempi. A cui si aggiungono, ripercorrendo solo le ultime dichiarazioni, la riforma del voto in condotta, la nuova filiera dell’istruzione tecnico-professionale, le promesse di stabilizzazione fatte agli insegnanti di sostegno.

E la nuova sperimentazione per personalizzare la didattica con l’intelligenza artificiale. Che, a quanto ha dichiarato il ministro al Teha Forum di Cernobbio, sta partendo in 15 classi di Calabria, Lazio, Toscana e Lombardia: l’Ia «può svolgere un ruolo significativo» se «adeguatamente guidata da un docente», ha detto Valditara, proprio mentre gli uffici scolastici regionali cercano di fare ordine nel caos delle graduatorie dei precari, chiuse quest’anno più in ritardo del solito. E le scuole rischiano di riaprire senza insegnanti.

Pagano gli studenti

«Oltre a Bari, Napoli e Roma, mi arrivano messaggi da professori anche di Foggia, Brindisi, Taranto e Salerno preoccupati perché con l’inizio delle scuole non sono stati pubblicati i bollettini con le nomine dei supplenti. Molti dei quali provengono anche da province diverse da quelle in cui dovrebbero prendere servizio», racconta Laura, docente precaria specializzata sul sostegno, delusa «dalle scelte di un ministro che stanno portando solo a una maggiore confusione nel mondo già fragile della scuola».

Come spiega Attilio Varengo, della segreteria nazionale di Cisl scuola, infatti, le ragioni che motivano i ritardi nelle nomine dei docenti quest’anno sono tante: «Dalla proroga delle immissioni in ruolo all’accantonamento dei 19mila posti vacanti per i prossimi concorsi, fino ai rallentamenti nell’aggiornamento delle graduatorie provinciali di supplenza per effetto dei corsi abilitanti avviati all’ultimo e delle altre nuove norme intervenute nell’istruzione. A cui si aggiungono gli errori dell’algoritmo utilizzato per le assegnazioni delle cattedre e la lentezza delle operazioni di verifica dei titoli inseriti dai docenti.

Tutto questo, come succede con le valanghe, ha portato i ritardi ad accumularsi l’uno sull’altro fino ad arrivare al rischio che la scuola riapra senza professori in classe». Un danno di cui pagano le spese non solo i docenti precari sulle cui spalle si regge la scuola – oltre 200mila, secondo le stime dei sindacati, “solo” 165mila per Valditara – ma anche gli insegnanti di ruolo e il resto del personale che devono riorganizzarsi per coprire le mancanze, gli studenti a cui non viene garantita la continuità didattica. E le famiglie, «perché per come stanno le cose oggi alcune scuole potrebbero aprire a orario ridotto», conclude Varengo.

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