No, Giorgia Meloni non ha appoggiato il cavallo sbagliato. Fin dal suo truculento comizio: «Yo soy Giorgia», Vox è il suo cavallo preferito. Con coerenza vi ha puntato molto, ma ha perso secco. Ieri in Spagna, domani in Polonia: in democrazia si vota regolarmente. Gli elettori capiscono quale è la posta in gioco e, pur talvolta sbagliando le loro valutazioni, sanno cosa vogliono e scelgono il partito/leader che promette in maniera più credibile.
Gli elettori spagnoli hanno preferito i Popolari a Vox e li hanno premiati forse per l’annuncio che non avrebbero governato con Vox anche perché sanno quanto importante è l’Ue per il benessere del loro paese. Il segnale è chiarissimo. La linea dirimente nelle elezioni del prossimo Parlamento europeo, giugno 2024, passa proprio là dove i Popolari vengono sfidati dai sovranisti della destra estrema.
Dalla tenuta dei Popolari e dalla sconfitta degli estremisti del sovranismo politico, nazionale (patriottico?), culturale dipende il futuro dell’Ue. Meloni ha ingaggiato una battaglia “europea” a tutto campo, mirando ad aggregare anche Orbán e Mazowiecki, perché è consapevole che il successo tanto delle sue politiche sovraniste quanto delle sue politiche identitarie dipenderanno dalla distribuzione del potere politico nel prossimo Parlamento europeo e, di conseguenza, dalla composizione della prossima Commissione europea. Incidentalmente, non sono (ancora) convinto che per tenere “agganciati” i Popolari si debba fin d’ora prospettare la continuità di Ursula von der Leyen. Secondo gruppo dell’attuale parlamento europeo, i socialisti e democratici sembrano combattere di rimessa.
A me pare, invece, che la strategia che ha pagato è stata quella del socialista Pedro Sánchez: riforme, anche identitarie, in patria (!) e sicuro aggancio con l’Ue, lui stesso attualmente presidente di turno nel semestre europeo.
Non so dalla tribuna di quale partito affiliato Elly Schlein dovrebbe esprimere in maniera profilata e affilata le sue preferenze politiche e posizioni europeiste. Sono convinto, però, che il Partito democratico dovrebbe accentuare regolarmente il suo effettivo europeismo. Più di due terzi degli Stati membri dell’Unione hanno il salario minimo (e forti contrattazioni collettive), mediamente superiore ai 9 euro all’ora. Più di due terzi di quegli Stati hanno una legislazione efficace nei confronti della corruzione politica.
Alcuni di loro si sono variamente e ripetutamente espressi a favore di una Unione a più velocità nella quale l’Italia potrebbe fare significativi progressi. La critica propositiva alle difficoltà del governo Meloni nell’attuazione del Pnrr è doverosa. Collegare quello che in Europa si può fare o già si sta facendo servirebbe anche a coordinare e migliorare la qualità dell’opposizione in Italia. Chi ne sa di più parli.
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