In un mondo ideale, all’altezza del 2024, mentre i robot si preparano a sostituirci e si parla senza ironia di colonizzare altri pianeti del sistema solare, l’aborto non sarebbe ancora tema di dibattito – giusto/sbagliato, diritto/omicidio – e di quello che dice il capo della chiesa cattolica ce ne fregherebbe meno di zero. In un mondo ideale, almeno nel mio, forse non ci sarebbe neanche una chiesa cattolica di cui essere a capo, ma non esageriamo con l’ottimismo.

Basterebbe che chi sceglie di non affiliarsi a questa o ad altre religioni potesse gestire la sua vita di conseguenza, che le donne fossero libere di decidere come disporre del proprio corpo, che i medici obiettori non fossero autorizzati a praticare. E invece.

Anche passare una settimana a ribadire l’indignazione per quello che dice il papa però mi sembra un po’ eccessivo. Va bene che ormai se non ci scandalizziamo per qualcosa ogni 72 ore finiamo ricoverati in ospedale, però prima o poi dovremo fissare un limite da qualche parte. È davvero così sorprendente che il capo della chiesa dica cose da capo della chiesa? Ci serve davvero la sua approvazione se ci interessa così poco della sua esistenza?

Le idee di un vecchio signore

Forse è stata riposta una fiducia eccessiva in papa Francesco: ha scelto un nome da comunista, è sudamericano, ha un accento che ti illude che possa offrirti un botellon e una canna da un momento all’altro, non come il suo predecessore, che nei migliori dei casi poteva ricordare un precettore primonovecentesco dai metodi educativi inflessibili, pronto a tirarti delle bacchettate sulle nocche (nel peggiore dei casi: Christoph Waltz in Bastardi senza gloria). «Mi piace molto questo papa» dicevano improvvisamente le persone di sinistra che non entravano in una chiesta dalla loro prima comunione.

Poi hanno cominciato a piovere le delusioni per questi papa boys improvvisati: incredibilmente al capo della chiesa cattolica non piacciono i matrimoni tra persone dello stesso sesso, il divorzio non è la sua cosa preferita e ora viene fuori che è anche contrario all’aborto. Chi l’avrebbe mai detto che la persona che incarna una tradizione millenaria di dogmi blindatissimi non avesse una posizione radicalmente opposta a tutto ciò che rappresenta.

Mi sembra che gli stessimo chiedendo un po’ troppo. L’ha detto perfettamente David Sedaris, che di recente ha pubblicato sul New Yorker un esilarante riepilogo della convocazione dei comici in Vaticano di qualche mese fa. L’incontro si è svolto lo scorso giugno, poco dopo un’altra indignazione popolare per l’uso dispregiativo della parola “frociaggine” da parte del papa. Sedaris ne è al corrente e include l’episodio nel suo racconto, segnalando che, pur essendo gay, non aveva trovato il fatto così sconvolgente (questo è lo stesso uomo che quando l’ho intervistato un anno fa mi di ha detto che lo offendono solo gli animali con gli occhiali da sole), quanto buffo.

L’omofobia in questo caso fa parte del mestiere e aspettarci più di questo, scrive Sedaris, sarebbe come andare da Burger King e pretendere di avere un Big Mac. «Se vuoi il Big Mac attraversi la strada e vai da McDonald’s», non chiedi al capo di un’istituzione arcaica di guidare il mondo verso il progresso.

Senza considerare che prima ancora di essere il capo della chiesa cattolica, Francesco è un vecchio signore, con idee da vecchio signore. L’unica differenza con i nostri nonni è che lui ha un pubblico che lo ascolta e un’esposizione mediatica, mentre i nostri nonni è già tanto se riescono a sproloquiare per cinque minuti durante il pranzo di Natale, prima che qualcuno li metta a tacere per eccesso di cazzate.

Nel caso di questa settimana si può attribuire qualche responsabilità alla senescenza anche per l’uso improprio del vocabolario: oltre a definire l’aborto un omicidio, papa Francesco ha detto che i medici che lo praticano sono dei sicari, cioè dei professionisti che uccidono dietro compenso, mentre non solo i medici non obiettori guadagnano come gli altri, ma per quanto mi riguarda meriterebbero un aumento, considerato che lavorano di più e meglio dei loro colleghi obiettori.

Ricambio generazionale

Non sarà questo papa a fare la rivoluzione, e nemmeno il prossimo, e neanche quello dopo di lui. Certe cose non cambiano, o non saremmo ancora qui a scannarci tra popoli come nel medioevo, ad abortire in segreto, a seppellire neonati in giardino.

Cambiano però le persone che stanno intorno a questo ingombrante monolite: sono sempre meno, sempre meno convinte. Ogni tanto ripenso a uno spettacolo di Louis CK, in cui chiese al pubblico di un teatro di Milano quanta gente credesse in Dio. Una manciata di mani alzate con riluttanza, sguardi bassi e quasi colpevoli. «E quanta gente è stata a un concerto dei Van Halen?». C’erano più fan dei Van Halen, che di Gesù Cristo.

Non ci resta che invocare il naturale ricambio generazionale, non tanto dentro il Vaticano, che spero solo vada perdendo il suo potere con il tempo fino a diventare una buffa combriccola folcloristica, ma là fuori. I medici obiettori moriranno, gli attivisti pro-life pure e moriranno pure quelli che nell’81 votarono per abrogare la legge 194 o che oggi contestano le famiglie omogenitoriali, finché non resterà più nessuno a rimpiangere il vecchio mondo, semplicemente perché il vecchio mondo non se lo ricorderanno più perché nessuno ne avrà avuto esperienza: nessuno oggi rimpiange le bistecche di mammuth. Forse per allora saremo già su Marte, forse sarò morta anch’io, ma per ora lasciatemi sognare.

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