- L’8 agosto il il governo ha dato mandato all’avvocatura dello Stato di agire, in sede europea, contro la Slovenia “rea” di voler regolamentare il proprio “Balzamični kis”. Ma vale la pena di indagare su questa furibonda reazione italiana.
- In Italia non c’è un solo aceto balsamico: esistono due tipi di prodotti inconfondibili. L’aceto balsamico di Modena (Abm) e l’aceto balsamico tradizionale, di Reggio Emilia o di Modena.
- Mentre l’aceto balsamico tradizionale è un prodotto rarissimo e costoso, l’Abm, che l’Italia vuole tutelare con riferimento alla questione slovena, è in realtà un prodotto di massa che viene venduto a prezzi che vanno da pochi euro al litro ad alcune centinaia e può essere imbottigliato ovunque.
L’8 agosto il il governo ha dato mandato all’avvocatura dello Stato di agire, in sede europea, contro la Slovenia “rea” di voler regolamentare il proprio “Balzamični kis”. Ma vale la pena di indagare su questa furibonda reazione italiana.
In Italia non c’è un solo aceto balsamico: esistono due tipi di prodotti inconfondibili. L’aceto balsamico di Modena (Abm) e l’aceto balsamico tradizionale, di Reggio Emilia o di Modena. Mentre l’aceto balsamico tradizionale è un prodotto rarissimo e costoso, l’Abm, che l’Italia vuole tutelare con riferimento alla questione slovena, è in realtà un prodotto di massa che viene venduto a prezzi che vanno da pochi euro al litro ad alcune centinaia e può essere imbottigliato ovunque.
Cosa pensereste, se io vi dicessi che gli sloveni, nel 2021, hanno semplicemente fatto quello che gli spagnoli hanno fatto nel 2012 e i greci nel 2014, dal momento che in quei due paesi, alla luce del sole, con regolare notifica all’Ue, sono normati e prodotti “vinagre balsámico”, “vinagre balsámico de sidra” e, rispettivamente, “βαλσαμικό ξύδι”?
E se vi dicessi che in Francia, Germania e Inghilterra esistono da decenni produzioni di “vinaigre balsamique”, “Balsamessig” e “balsamic vinegar”, riconosciute ed espressamente ritenute compatibili dalla Commissione europea, quando concesse l’Igp all’aceto balsamico di Modena (di seguito abbreviato Abm), credereste ancora all’attentato sloveno al patrimonio gastronomico nazionale?
Cosa c’è di diverso nella vicenda della richiesta slovena di poter produrre, sul proprio territorio, un “Balzamični kis” aggiungendo mosto o succo di frutta concentrato a dell’aceto? A ben vedere, nulla. E allora vale la pena di indagare su questa furibonda reazione italiana.
Quanti aceti balsamici esistono?
In Italia, non c’è un solo aceto balsamico: esistono due tipi di prodotti inconfondibili, sebbene con un nome (troppo?) simile.
Bando alla confusione: molti organi di stampa propongono foto di botticelle e del liquido che esse contengono, con riferimento alla questione slovena. Peccato che quelle foto non rappresentino il prodotto che l’Italia vuole tutelare (l’Abm), perché quelle foto si riferiscono all’aceto balsamico tradizionale, che può essere di Reggio Emilia o di Modena. Si tratta di due Dop (non Igp), tutelate dal 2000: di seguito li indichiamo con Abtm (Modena) e Abtre (Reggio Emilia).
Dall’ultima di ogni serie di botticelle, chiamata batteria, dopo un processo che dura da un minimo di dodici anni a oltre venticinque, partendo solo da mosto ricavato da uve raccolte nelle due province emiliane, escono ogni anno 10mila litri di prodotto: ricercato, imbottigliato dai consorzi di tutela in boccette tradizionali (a esso riservate) da 10 cl, e venduto a un prezzo che varia tra i 500 e i 1.500 euro al litro.
Di Abm (senza l’aggettivo tradizionale) si producono ogni anno 95 milioni di litri, mescolando aceto di vino, mosto concentrato e/o cotto e una quota non definita di aceto di vino invecchiato. Facendo “maturare” il risultato della mescolanza per almeno 60 giorni nelle province di Reggio e/o Modena, si ottiene il prodotto Igp, che poi può essere imbottigliato ovunque, nei formati e nei contenitori che si preferiscono, eventualmente aggiungendo caramello per il colore. Gli ingredienti possono venire da ogni dove e, come ha dimostrato Luca Martinelli con una bella inchiesta alcuni mesi or sono, né il consorzio di tutela, né l’ente di controllo della Igp, è in grado di dire da dove effettivamente vengano: solo i produttori sanno quale origine abbiano le materie prime.
L’Abtm, come l’Abtre, è un prodotto rarissimo, a prova di contraffazione, conosciuto sulle tavole più ricercate del mondo. L’Abm è un prodotto di massa che viene venduto, a seconda delle strategie aziendali, a prezzi che vanno da pochi euro al litro ad alcune centinaia ed è un prodotto traino delle esportazioni agroalimentari italiane, anche se può legalmente essere prodotto con materie prime non italiane ed essere imbottigliato ovunque.
Il grande business
È del tutto chiaro che c’è una filiera che teme una concorrenza di aceti balsamici generici prodotti ovunque e ce n’è un’altra che per posizionamento, reputazione e storia non nutre analoghi timori.
Il consorzio di tutela dell’Abm plaude alla difesa decisa dal governo Draghi, dopo ampia sollecitazione bipartisan. Ma se scorrete la storia dell’Abm che vi raccontiamo nel box sotto, vi rendete conto che già prima della protezione comunitaria esistevano in diversi paesi membri produzioni di aceto balsamico generico, e che la Commissione europea, accordando la Igp con il regolamento 583 del 209, le riconobbe, non solo perché preesistenti (quindi, come diritto acquisito) ma perché un anonimo condimento dolce e acido può essere prodotto ovunque, purché non imiti o evochi la parte davvero unica di tale denominazione: il riferimento geografico. È “Modena” ad assicurare alla dicitura aceto balsamico di Modena, tutta intera, la protezione: le singole parti non geografiche di essa, sono di uso comune.
Il consorzio di tutela dell’Abm Igp ha agito per anni come se questa parte, nel regolamento 583/2009, non esistesse: ha portato avanti una massiccia campagna volta a sostenere che basta dire “aceto balsamico” per evocare l’Abm. Per sua sfortuna, una sentenza del 2019 ha smentito questa “interpretazione”: al produttore tedesco di aceti Balema GmbH. è stato riconosciuto, proprio citando il preambolo del regolamento, il diritto di chiamare il suo condimento agrodolce “Deutscher Balsamico”.
La corte ha ribadito che le parole “aceto” e “balsamico” sono termini comuni, privi di riferimenti geografici e quindi di libero utilizzo, in Italiano o tradotti, sul territorio comunitario. Pertanto, se si afferma che un prodotto imita, usurpa o evoca la Igp aceto balsamico di Modena non è sufficiente a dimostrarlo il fatto che quel prodotto venga commercializzato usando parole come “aceto” e/o “balsamico”.
Forti con i deboli e deboli con i forti
Ne deriva che gli sloveni, nel 2021, chiedono di essere trattati come gli altri. La canea di dichiarazioni, commenti e appelli ha reso difficile per gli italiani sapere che in diversi paesi Ue si produce da lustri aceto balsamico e che in almeno due di questi esistono norme tecniche analoghe a quella che gli sloveni ora hanno presentato: ma nessuno ha agito quando lo stesso hanno fatto Spagna e Grecia. Lo sciovinismo ammanta dunque una difesa di privilegi che già la Commissione europea e la Corte di giustizia hanno respinto in passato e che, ora, si ripropone come forma di gastronazionalismo: un fenomeno tutt’altro che trascurabile e prodigo di conseguenze deleterie sulla società e sui rapporti tra paesi.
Breve storia giuridica dell’Aceto Balsamico di Modena (ABM)
- 1965 Decreto ministeriale G.U. 3 dicembre
Prima norma italiana sull’Aceto Balsamico di Modena: è dedicata al prodotto derivante da mescolanza di mosto e aceto (NON quindi a quello che è oggi il balsamico tradizionale, poiché quest’ultimo non aveva una destinazione commerciale).
Il prodotto si ottiene aggiungendo aceto invecchiato oltre dieci anni a mosto che avesse fermentato, eventualmente concentrandolo anche a fuoco diretto e con l’aggiunta, a piacimento, di caramello. Nessuna zona di produzione viene delimitata; nessuna prescrizione di uve particolari o di particolare origine: nel decreto è scolpita una ricetta pertanto Modena indica una tipologia produttiva, non un’origine.
Come l’aggettivo “napoletana” (o romana) usato per distinguere due modi di fare la pizza. A riprova di ciò, tra i maggiori produttori c’è l’acetificio De Nigris con sede e stabilimento in Campania.
- 1989 Decreto ministeriale 15 novembre
Viene aggiunta la zona delimitata (province di Modena e Reggio Emilia) alla ricetta del 1965: nessuna altra modifica, nessuna indicazione su quali lavorazioni debbano necessariamente avvenire nell’area delimitata o sull’origine delle materie prime.
- 2000 Decreto del Direttore Generale dl MIPAF del 16 novembre
A seguito della vittoriosa impugnazione da parte dell’acetificio De Nigris, il direttore generale Ambrosio annulla il DM del 1989 e stabilisce che chi ha prodotto aceto balsamico di Modena, sulla base del decreto ministeriale del 1965 può continuare a farlo e a venderlo per un quinquennio. Infatti, nel frattempo, ad aprile del 2000, è stata accordata la Dop agli aceti balsamici tradizionali di Modena e di Reggio Emilia. Pertanto, adesso, una dicitura nazionale riferita ad altro prodotto (aceto balsamico di Modena) confligge con una protetta a livello comunitario (ABTM DOP, Reg. 813/2000).
- 2004
Con il numero progressivo IT-PGI-0005-0430-18.11.2004, l’Italia inoltra alla Commissione europea la richiesta di riconoscimento dell’Igp aceto
balsamico di Modena (Abm), poiché altrimenti, nel 2005, tale denominazione avrebbe dovuto essere abbandonata e/o modificata, in quanto conflitto con la protezione accordata all’aceto balsamico tradizionale di Modena Dop (Abtm). Tre paesi membri propongono formale opposizione al riconoscimento di questa Igp: Germania, Grecia e Francia. La Francia afferma che l’Italia, proponendo una Igp con un nome composto da termini tutti già tutelati in una diversa Dop, andrà a creare una confusione nei consumatori. Grecia e Germania si concentrano sul fatto che i loro territori già ospitano produzioni di aceto balsamico e temono che l’Italia voglia impedire la continuità di tali attività e aziende.
- 2009 Reg. 583 del 3 luglio
La Commissione europea accoglie l’aceto balsamico di Modena nell’elenco delle Igp e risponde alle obiezioni di Francia, Germania e Grecia:
- L’Abtm e l’Abm sono prodotti molto diversi, che coesistono da secoli (anche se nel ducato estense al secondo ci si riferiva come “mezzo balsamico” o “balsamico artificiale”), quindi un Dop e una Igp con nomi così simili possono coesistere, perché si presentano comunque in modo diverso;
- La protezione dell’indicazione geografica si riferisce solo alla dicitura completa (aceto balsamico di Modena) quindi non si devono preoccupare quei paesi che hanno produzioni di aceto balsamico, perché quelle parole generiche, senza riferimenti geografici, si possono utilizzare tranquillamente per indicare prodotti che non usurpino, imitino o evochino il nome della Igp italiana, quindi non si riferiscano all’elemento geografico che rende speciale quest’ultima.
- 2012
Real Decreto 661/2012 che approva le norme tecniche di produzione aceti in Spagna, incluso l’aceto balsamico e l’aceto balsamico di sidro.
- 2014
NOMO N. 4303 (Gazzetta del Governo A 231 / 17-10-2014) che approva le norme tecniche di produzione degli aceti in Grecia, tra cui l’aceto balsamico
- 2019
Sentenza CGUE – Consorzio di Tutela dell’aceto balsamico di Modena Igp contro Balema GmbH – del 4 dicembre. La Corte di Giustizia dell’Unione europea ribadisce che la protezione IGP non riguarda le singole parole “aceto” e “balsamico”, da sole o insieme, in qualsiasi traduzione vengano utilizzate. Qualora il Consorzio di Tutela dell’Abm contesta la presentazione di un prodotto chiamato aceto balsamico o in modo simile, dovrà essere verificato caso per caso se esso evochi o imiti la Igp italiana attraverso altri
elementi, diversi dal semplice uso di tali termini comunemente impiegati per indicare qualcosa di acido e dolce insieme, poiché esso da solo non basta a integrare la fattispecie della violazione della protezione.
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