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Il 2021 è stato l’anno in cui sono riemerse dal terreno le Brood X cicadas, un tipo di cicale particolari che restano sotto terra per ben diciassette anni, poi escono, cambiano muta, salgono sugli alberi, fanno casino, si riproducono e poi muoiono.
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Per noi che eravamo a Washington all’inizio di giugno e non avevamo mai assistito al fenomeno delle cicale-zombie è stato inizialmente uno spettacolo difficile da accettare con la gioia con cui alcuni entomologi lo presentavano.
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Ma il loro canto collettivo, per quanto iperamplificato, ha comunque conservato quel che di magico delle estati tirreniche d’infanzia, quando la prima cicala annunciava la fine della scuola e l’ultima il suo inizio.
Le temperature sono ancora alte, sia qua sulla East coast americana che alla stessa latitudine sul mediterraneo. A quanto pare quest’ultima è stata l’estate più calda mai registrata in entrambi i continenti. È ormai chiaro che il climate change non è più solo una minaccia per il futuro del pianeta, ma un problema reale del presente.
Ma questa estate che sembra durare per sempre è comunque finita. E lo sappiamo perché all’improvviso è cambiata la colonna sonora. Anzi, potremmo dire che si è interrotta. Le cicale si sono zittite di colpo. Il loro improvviso silenzio ci ha avvertito che il passaggio di stagione in natura è avvenuto, nonostante il cambiamento climatico, nonostante continuiamo ancora, a ottobre, a mettere gli stessi vestiti che avevamo a giugno.
L’invasione
Questa è stata un’estate particolare per le cicale soprattutto da queste parti. Infatti il 2021 è stato l’anno in cui sono riemerse dal terreno le Brood X cicadas, un tipo di cicale particolari che restano sotto terra per ben diciassette anni, poi escono, cambiano muta, salgono sugli alberi, fanno casino, si riproducono e poi muoiono. Un ciclo di vita un po’ disgraziato c’è da dire, quasi tutto passato nel buio e nel silenzio sotterranei, che fa quasi rimpiangere quello della sua rivale sfigata di sempre, la formica, che in confronto almeno passa buona parte della sua esistenza dandosi da fare en plain air. Di sicuro La Fontaine quando ha scritto la favola non aveva idea dell’esistenza della cicala Brood X.
Per noi che eravamo a Washington all’inizio di giugno e non avevamo mai assistito al fenomeno delle cicale-zombie che riemergono dalla terra (mio figlio alla “resurrezione” precedente non era neanche nato e vivevamo ancora dal lato del mondo dove le cicale si sentono ma è quasi impossibile vederle) è stato inizialmente uno spettacolo difficile da accettare con la gioia con cui alcuni entomologi lo presentavano.
Dal terreno sono usciti miliardi – non scherzo, sono numeri veri – di questi insetti dal carapace marrone e dalle lunghe zampette appuntite, hanno fatto la muta, liberandosi di altrettanti miliardi di esoscheletri dalla forma inquietante, che rimanevano vuoti e immobili, attaccati al tronco degli alberi (a milioni), per sfoggiare il loro ultimo costume da supereroine: occhi rossi, corpo nero, ali trasparenti.
Ce le siamo ritrovate dappertutto, su ogni foglia del giardino, su ogni finestra, sulla soglia di casa, sui parabrezza, sui tavoli per mangiare all’aperto. Sì perché purtroppo queste scene da film di Hitckcock hanno avuto il loro clou proprio all’inizio dell’estate, nel momento in cui la crisi pandemica sembrava nella sua fase discendente. Con la massiccia campagna vaccinale già a buon punto (almeno qui in città) e l’arrivo della bella stagione, avevamo iniziato a uscire dalle tane anche noi, da poco, tramortiti come questi animali dalla luce e dal sole e dalla possibilità di ritrovarci insieme, fuori.
17 anni contro 17 mesi
Ma queste cicadas ci hanno un po’ guastato la festa, per fare la loro. Non era molto bello mangiare all’aperto con il rischio di ritrovarti un enorme insetto alato nel piatto o affogato nel calice di vino. Per carità, avevano pure più diritto di noi di far festa al sole, diciassette anni contro diciassette mesi rintanati, vincevano loro a mani basse, anzi ad ali basse. Ali basse, ma mobili, che gli esemplari maschi hanno iniziato a usare per produrre il loro canto d’amore, che si espande nell’aria grazie alle camere amplificatorie che hanno sull’addome e che in genere addolcisce le nostre pennichelle della controra nelle pinete del mediterraneo, ma qui era un rumore così forte che in certi momenti ci si ritrovava a urlare per sentirsi, passeggiando.
In questa città piena di boschi era attiva giorno e notte una boy band di cicale da miliardi di componenti, il cui frinire poteva raggiungere i cento decibel, che pare sia l’intensità del rumore di una sega elettrica. Ma gli si è perdonato anche questo a ‘sti ragazzi: del resto escono, si riproducono e poi muoiono (mentre alle femmine è dato qualche giorno in più, giusto il tempo di deporre le uova dei figlietti che rimarranno interrati per i successivi diciassette anni). Che fai, ti opponi al loro ultimo supremo desiderio? Puoi odiare qualcuno che sta facendo la sua ultima festa prima della condanna a morte?
Certo queste Brood X sono proprio americane. A differenza delle altre cicale, quelle “ordinarie” del mediterraneo per esempio, che se ne stanno rintanate e non vogliono farsi vedere, queste cicale americane impazzavano ovunque, si accoppiavano in bella vista, stordite, lente a muoversi, diventando cibo facile per animali domestici, e ragione di slalom speciale sui marciapiedi.
Estati d’infanzia
Eppure. Eppure, sebbene abbia una particolare ritrosia nei confronti degli insetti, sebbene fossero veramente brutte esteticamente in ogni fase della loro muta, quasi spaventose con quegli occhi rossi da alieno cattivo, sebbene fossero troppe e il loro casino infernale e fossi letteralmente terrorizzata di ritrovarmele attaccate ai capelli con quelle zampette piene di aculei, io le ho amate, ho provato empatia per i loro ultimi giorni frenetici e disperati, spesso finiti tra le fauci di un cane o di un gatto, sotto i piedi di un runner o peggio fritte e ricoperte di cioccolato (vendute come rara specialità stagionale dalle pasticcerie raffinate di Bethesda) prima di compiere il loro dovere biologico sulla terra.
Il loro canto collettivo, per quanto iperamplificato, ha comunque conservato quel che di magico delle estati tirreniche d’infanzia, quando la prima cicala annunciava la fine della scuola e l’ultima il suo inizio. Io sono riuscita a dormire lo stesso, nonostante il frastuono, perché alla fine, per quanto vigoroso, è sempre un rumore bianco che culla.
Come si può non apprezzare un’orchestra naturale così intensa, così evocativa di un momento di passaggio, dell’arrivo di una stagione nuova, di sole, della vita collettiva all’aria aperta che diventa di nuovo possibile? Come si poteva non empatizzare, soprattutto quest’anno, dopo l’interminabile inverno di sei stagioni della pandemia, con questi canti corali d’amore e desiderio che la natura ci ha regalato d’estate?
Adesso che le Brood X non ci sono più, e i loro figli sono tutti sotto terra, nella loro lunga attesa, c’è un silenzio invernale. Ancora resiste qualche grillo, di notte, perché fa ancora caldo. Ma presto si zittiranno anche loro.
L’augurio che faccio a questi insetti, e che faccio anche a tutti noi, è che tra diciassette anni, per la loro prossima uscita, trovino ancora un mondo accogliente, e dei compagni di pianeta che apprezzino il loro canto, la terra e gli alberi che accolgono tutti e danno vita a tutti, e che nel frattempo abbiano agito e reagito con molta più responsabilità nei confronti della natura e del pianeta nel suo complesso. Lo dobbiamo ai nostri figli e anche a quelli delle cicale, ché continuino a fare festa insieme nelle estati future.
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