Immagino ci sia un limite ai pezzi che posso confezionare occupandomi in maniera più o meno tangenziale del mio amore per Josh O’Connor, tuttavia l’internet continua a parlarmi di lui. E non solo di lui: questa settimana varie testate, anche alcune delle più prestigiose del mondo, tra cui spicca il New York Times, si sono occupate di O’Connor e degli altri uomini-roditori, nei termini di un nuovo canone di bellezza che sembrerebbe dominare i gusti delle nuove generazioni (ma pure di quelle meno nuove, se contiamo le vecchie zie come me).

Chi è l’uomo-roditore? Si chiede il serissimo NYT. «Un uomo topesco e non convenzionale, non dotato di un sorriso a trentadue denti o della faccia cesellata di un Brad Pitt o un Chris Hemsworth, ma dal viso più appuntito. Gli uomini-roditori hanno volti spigolosi e le orecchie grandi. Risultano taglienti e sfuggenti» spiega Gina Cherelus nella conversazione sugli hot rodent men uscita appunto sul NYT.

Una reazione liberatoria ai canoni di perfezione dell’intelligenza artificiale? Ai filtri di Instagram? O è solo un’allucinazione collettiva? Chi può dirlo. Quello che è certo è che tutti i maschi dell’intrattenimento che ci piacciono adesso sembrano in qualche modo ricadere in questa categoria di facce imperfette: Jeremy Allen White è un topo bono, ma anche Adam Driver, Mike Faist, persino Willem Dafoe a quanto pare, riqualificato come sex symbol a sessantotto anni.

Perché piacciono

Mentre mi sforzo di ignorare la voce dentro di me che si chiede cosa succederebbe se uscisse lo stesso numero di articoli su, che ne so, le donne-cavalle, ma prendendo anche atto del fatto che gli uomini brutti vengono in qualche modo sempre riabilitati come hot-qualcosa mentre i difetti fisici delle donne raramente godono dello stesso rebranding (il diastema non vale se sei Laetitia Casta), cerco di trovare un qualche principio di scientificità in questa etichetta che improvvisamente sembra applicarsi a chiunque.

Le costanti più o meno sono: naso grande, ovale affilato, forse una passione smodata per il formaggio. A furia di guardare le foto di questi uomini non belli ma carismatici (cioè: ricchi e, in quanto attori, probabilmente malati di mente) il discorso comincia ad assumere un suo senso e inizio a sospettare che ci sia un qualche fondamento in questa cazzata.

Eppure il ratto è forse il meno attraente delle bestie, non esiste creatura meno sexy nel regno animale. Ne parlo con le mie amiche, tutte sensibili agli uomini-topo e molto meno al manzo generico, e concordiamo che non è una questione di mode, tendenze, o roditori (anche se, conveniamo, uno scoiattolo è intrinsecamente più avvenente di un topo di fogna), quanto di fascino, di quelli che una volta avremmo liquidato con “non è bello ma è un tipo”, mentre in tempi postmoderni finiamo a scriverci gli editoriali.

Una volta stabilito che alcuni nomi della lista ci fanno ribrezzo e rappresentano una forzatura (Barry Keoghan è forse il più rodent di tutti, ma nessuna di noi lo trova hot dopo averlo visto mangiare gli spaghetti nel Sacrificio del cervo sacro) eccediamo in letteralità e ci ritroviamo a catalogare i roditori più sexy che ci vengono in mente.

Concordiamo che tutte vorremmo sposare Remy di Ratatouille perché è francese e sa cucinare, ma anche Basil l’investigatopo, in quanto alto e perspicace, due caratteristiche molto apprezzate da tutte le donne etero che conosco. Qualcuna rievoca Papà Castoro, un daddy che solo adesso siamo in grado di apprezzare, ma i veri scheletri cominciano a saltare fuori dall’armadio quando una di noi ci ricorda i Bike Mice da Marte, topi palestrati motociclisti protagonisti di un cartone che passava in tv negli anni Novanta che, ci viene il dubbio adesso, erano probabilmente dei nazisti dell’Illinois.

«A me piaceva quello bianco, alla mia amica quello grigio, e facevamo finta che fossero i nostri fidanzati» continua lei in quella che ormai è diventata una seduta di psicanalisi per valutare retroattivamente tutte le nostre relazioni in base ai roditori che da bambine ci hanno insegnato ad amare.

Bestiario 

È inevitabile a quel punto passare dai topi a tutti gli altri animali della nostra infanzia e la chat comincia a prendere la forma dello studio sociologico più cretino che sia mai stato fatto. Chi più chi meno, siamo state tutte innamorate di Robin Hood (la volpe, ovviamente, non Kevin Costner), alcune di Romeo il gatto burino (queste sono le stesse che ora si stracciano le vesti per Gazzelle), molte di Simba (forse omosessuale, decidiamo adesso). «Padre di Bambi, un vero maschio alpha» scrive qualcuna, ricordandomi che a me lui faceva paura, e questo in effetti spiega tantissime cose degli uomini che mi sono piaciuti nella vita.

Il punto di non ritorno lo raggiungiamo quando una di noi confessa di aver avuto delle fantasie sessuali sul tappeto volante di Aladdin, e forse va allertato il New York Times perché capiamo immediatamente che non è sola. «Per essere un pezzo di arredamento, è davvero molto malizioso» commentano le altre.

Quel pomeriggio passo davanti a un negozio di tappeti che mi piacciono e che in effetti bramo come non ho mai bramato nessun uomo. Desidero toccarli, accarezzarli con i piedi nudi, togliermi i vestiti e sdraiarmici sopra. I miei occhi si posano su un magnifico persiano tre metri per quattro e arrossisco. «Un giorno sarai mio», penso in preda alla lussuria.


 

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