Essere genitore di una bimba di pochi anni espone inevitabilmente il soggetto a cambiare i soliti oggetti di discussione quando si misura con altri genitori. Vuoi che sia al parco o sui social, finisce che si parla delle abitudini degli gnomi che si sono installati in casa propria.

Tra i tanti argomenti (cosa mangia, dove va a scuola, cosa le piace, che attività fa, come parla) ogni tanto si parla di televisione. Sebbene tutti i genitori vogliano esporre il meno o il più tardi possibile i bambini alla tv inevitabilmente, prima o poi, un po’ per necessità, un po’ per sfinimento (chi dice il contrario mente) si accende la tv.

«Ma tu cosa gli fai vedere?» «Io? Io Bluey» «Non lo conosco…» «Prova Bluey…» con la faccia di chi la sa lunga. E così dopo la terza persona di varia estrazione geografica o vari gradi di amicizia che ti dice «provalo» tu da bravo genitore responsabile lo provi. E scopri un mondo colorato di cani ma soprattutto di rapporti sociali e familiari, perché la particolarità di Bluey rispetto a tanti altri cartoni per l’infanzia, è che il microcosmo che viene messo in piedi in 154 episodi è degno di serie di tutt’altro target.

La trama

La storia è quella della famiglia Heeler, formata dal papà Bandit e la mamma Chilli, e dalle figlie Bluey (appunto) e Bingo, la più piccola, e dalla ampia tribù fatta di nonni, zii, cuginette, compagni di scuola e i loro genitori. Di questi personaggi vengono esplorati spesso diversi aspetti della propria vita. Ci sono episodi di Bluey in cui i protagonisti sono gli altri bambini con le loro storie e le loro peculiarità.

Vengono messi in luce tanti aspetti della crescita: dal superare una difficoltà come imparare ad andare in bicicletta, fino a tematiche che non ti aspetteresti in un cartone che ha come target bambini di 4-8 anni circa, come ad esempio la puntata in cui – con una delicatezza incredibile – viene affrontato il tema dell’impossibilità di avere figli da parte della sorella di Chilli, Brandy, e di come questo l’abbia in parte allontanata dalla sorella e dalle sue figlie. Sono esempi di decine di altre situazioni introdotte tra le righe.

Ma il centro degli episodi resta comunque i complicati – e spassosi – giochi condotti dalle sorelline Heeler che coinvolgono, più o meno controvoglia, i genitori. Ed è questo l’altra metà del successo della serie: questi cani sono i genitori migliori mai visti in tv probabilmente. I giochi sono presi sul serio dai genitori, tutto ciò che viene stabilito nella premessa del gioco viene rispettato: se si dice che si viene pietrificati allora si rimarrà immobili anche davanti agli altri adulti.

Gli adulti in Bluey quindi si fanno coinvolgere totalmente dai propri figli e ne approfittano per stabilire legami strettissimi, generando negli spettatori adulti un senso di amore-odio. Ma ti pare che debba farmi dire come essere un bravo genitore da un cane blu? La risposta breve è sì, quella lunga è che quello che viene presentato è un modello genitoriale molto più in linea con le presenti generazioni, in cui mamme e papà sono (o ci provano) egualmente presenti ed egualmente impegnati.

Spesso in tv i rapporti dei piccoli protagonisti sono per lo più orizzontali, cioè tra pari; invece, in questa serie (iniziata nel 2018 e conclusasi nel 2024 con tre stagioni) ci sono continui momenti di dialogo e di interazione tra diverse figure adulte: genitori, nonni, la maestra. E si parla di tutto: di quando mamma è stanca e ha bisogno di “20 minuti per sé” e di come questo non significhi che non vuole bene alle figlie ma che gli adulti hanno bisogno di tempo per sé stessi anche durante l’accudimento.

Lo show dice agli adulti che non devono overperformare e al contempo si rivolge ai piccoli tranquillizzandoli. È uno show pieno di bambini che chiedono “perché?” e di adulti che rispondono prendendoli seriamente ma senza usare paroloni. E che qualche volta urlano e si arrabbiano. C’è verità in tutto quell’umorismo, perché non bisogna dimenticare che oltre ad essere una serie ben scritta e intelligente nei temi, è una serie esilarante.

Questo è sempre stato parte del concetto del creatore Joe Brumm, che voleva fare uno show per bambini, ma pensava anche che dovesse essere legittimamente divertente e significativo anche per i genitori.

I successi

Nel frattempo, oltre a prendersi premi in Australia ogni anno in cui è andato in onda, ha vinto anche un International Emmy Kids Award, un Peabody, e diversi premi della critica. Proprio di recente ha vinto – insieme a Fiorello che ha ricevuto il premio alla carriera – il Rose d’Or Awards della European broadcast union (Ebu).

La serie è una coproduzione con Bbc e viene distribuito da Disney+ il che ne ha fatto ancora di più un prodotto globale, fortissimo negli Usa quanto nel Commonwealth e in Europa. Specialmente nei paesi anglofoni è diventato un fenomeno al punto da meritare il proprio pallone alla sfilata di Macy’s durante il Thanksgiving Day di quest’anno a New York e ora a Brisbane (Australia) – dove ci sono gli studi di animazione che ora sfornano dei corti mentre i fan sperano invano in una quarta stagione – è stata aperta una attrazione in stile Disneyland dedicata allo show. Ne sentiremo parlare ancora? Speriamo di sì, in tanti (genitori) non sono pronti a separarsi dalla famiglia Heeler.

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