Giù le forchette in alto le bacchette! Mentre il dibattito sul primato del cibo made in Italy tiene impegnati i membri del governo, nella distribuzione moderna si guarda all’Asia. Secondo i dati NielsenIQ, il paniere dei prodotti etnici, in particolare asiatici, ha raggiunto i 600 milioni di euro e ha superato le 76mila tonnellate. Accanto alla cucina dei nonni, agli italiani che fanno la spesa al supermercato piace anche andare alla ricerca di novità culinarie provenienti dall’estero.
Un trend che va di pari passo con l’apertura di nuove attività di ristorazione, che secondo l’Osservatorio The Fork, sono quasi tutte asiatiche. Tra il 2022 e il 2023 i nuovi ristoranti cinesi, giapponesi, coreani, thailandesi e vietnamiti hanno superato infatti le nuove pizzerie.


Ma il dato che è importante sottolineare, è la quantità di cibo asiatico distribuito a domicilio tramite le piattaforme del food delivery. I dati di Just Eat ci dicono che in cima alle classifiche di tutte le città italiane ci sono ancora le pizze e gli hamburger. Seguiti però da piatti giapponesi, cinesi e dal famigerato poke.
Le app e i servizi di food delivery sono diventati dei vettori eccezionali per la diffusione del cibo, in particolar modo etnico. Un’induzione al consumo no stop. Ma parallelamente al balzo di queste piattaforme, l’attenzione mediatica verso le battaglie e i diritti dei rider è sicuramente calata. La direttiva europea ha aumentato alcune garanzie, indebolendo il ruolo degli algoritmi, che prima avevano un controllo schiacciante sui lavoratori. Garanzie comunque funzionali al profitto. Se non fosse così, ad esempio, la sera del 19 ottobre, quando la crisi climatica ha bussato di nuovo alle porte dell’Emilia- Romagna, scaricando su Bologna 175 millimetri di pioggia, il rider immortalato nella foto che ha fatto il giro del web, non avrebbe dovuto lavorare, ma stare al sicuro, come vorrebbe il diritto di ogni lavoratore, quando arrivano simili catastrofi.


Perché la crisi climatica, così come la conosciamo, è vero che non risparmia nessuno. Ma è anche vero che non risparmia soprattutto chi è precario e senza tutele. Perché la crisi climatica porta con sé un’enorme questione di classe di cui dovremo occuparci prima o poi. Ecco perché è importante l’esposto della Cgil di Bologna alla Procura della Repubblica, per accertare eventuali responsabilità delle compagnie di delivery che non hanno sospeso le attività. Perché ci ricorda che nella lotta alla crisi climatica, non possiamo permetterci di lasciare indietro nessuno.
Abbiamo bisogno di cura, di ascolto, abbiamo bisogno di riscrivere nuove storie, a partire da chi muove profitti milionari eppure è ridotto a un ingranaggio. Ecco perché è una bella notizia l’apertura, a Firenze, di Casa Riders, un luogo in cui i ciclofattorini possono informarsi sui loro diritti e concedersi anche un po’ di riposo, interrompendo per un attimo il flusso del loro lavoro, possibilmente con il supporto di tutti noi: https://www.produzionidalbasso.com/project/apriamo-casa-rider-a-firenze/ 

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