L’anno scolastico è appena iniziato, gli zaini sono pronti, i libri anche, c’è da riorganizzare i tempi di vita, la sveglia che suona prestissimo dopo la pausa estiva, ed è fatta. Resta però una domanda: cosa mangeranno i nostri figli a mensa? È questo l’interrogativo di molte mamme e papà in tutta Italia. Come sarà organizzato il servizio mensa quest’anno? Mangeranno bene? E, soprattutto, cosa? Quello delle mense scolastiche è un mondo molto complesso e articolato che ha dei numeri da capogiro. A Roma, ad esempio, vengono preparati 155mila pasti al giorno. Per farli ci sono più di 600 cucine e 4 mila addetti. E si spendono quasi 150 milioni di euro l’anno. Chiaro, quando si parla di Roma i numeri tendono a essere sempre enormi, e in effetti, nel caso delle mense, parliamo dell’appalto più grande d’Europa. Per questo è utile osservare quello che accade nelle mense, capire cosa si mangia, che tipo di menu viene servito, quanto, ad esempio, è in grado di incrociare culture diverse, esigenze alimentari, diete. Oppure, come evitare che, a fine giornata, molto di quel che è stato cucinato venga buttato.

Quanta carne serve

Uso l’esempio di Roma perché, in questi mesi, nell’ambito del lavoro portato avanti dal Consiglio del cibo – una consulta comunale nata proprio per individuare politiche del cibo che rendano sostenibili i sistemi alimentari – è in corso un dibattito su cosa si debba mangiare nelle mense scolastiche. E, soprattutto, è un esempio che conosco perché di quel Consiglio, da qualche tempo, sono diventato il presidente. Il dibattito ruota intorno alla domanda: «Quanta carne si deve mangiare?» È davvero necessario mangiare carne tutti i giorni?

Ora, la risposta a questa domanda sembra quantomai scontata. Molte delle persone che staranno leggendo questo articolo staranno rispondendo che ovviamente la risposta è no, non è necessario, anche perché la carne contribuisce enormemente alla crisi climatica. E io, a dirla tutta, faccio parte di quelli che la pensano così. Ma poi c’è un altro punto di vista che va tenuto parimenti in considerazione se vogliamo provare a capire la società.

È il punto di vista di chi dice: attenzione, per molte bambine e molti molti bambini, quello della mensa è l’unico pasto completo della giornata. Parliamo di migliaia di bambini che vivono in condizione di povertà e per cui quel pezzo di carne servito a mensa è considerato davvero prezioso. So bene che, anche qui, molti staranno pensando che non è necessaria la carne per avere un pasto completo, qualsiasi nutrizionista, anche uno alle prime armi, direbbe che mangiare carne tutti i giorni non è salutare. e anche in questo caso sono d’accordo.

Ma per molte famiglie non è così, la carne – la ciccia, come la chiamano a Roma – è considerata come un alimento vitale e deve accompagnare l’alimentazione quotidiana dei loro figli. È una certezza consolidata per moltissime persone, molto di più di quanto si pensi. Nel dibattito del Consiglio del cibo di Roma si è arrivati a una mediazione: proporre l’introdurre di un menù vegetale una volta al mese, un giorno al mese in cui i bambini non mangeranno carne.

La trasformazione

È tanto o è poco? È chiaro che qui gli schieramenti sono opposti: da una parte quelli scandalizzati per la mediazione al ribasso (a Bergamo, ad esempio, accade già una volta alla settimana), dall’altro quelle famiglie che, nel caso la proposta vada in porto, si lamenteranno perché quel giorno al mese la carne non ci sarà. Trasformare i sistemi alimentari, renderli più sostenibili, passa anche dalle politiche che le amministrazioni comunali metteranno in campo, da come, restando nell’esempio, si mangerà nelle mense scolastiche, da come si riuscirà a sensibilizzare le famiglie a un uso più consapevole del cibo.

Ma trasformare i sistemi alimentari deve interrogarci anche su un altro aspetto: garantire le condizioni economiche adeguate a tutte quelle famiglie – e sono tante – che oggi non sono in grado di garantite un pasto completo ai loro figli. Quel che è certo è che quando si parla di cibo abbiamo di fronte questioni molto complesse, climatiche, etiche, sociali, ma anche questioni culturali ed educative che, ad esempio, si pongano l’obiettivo di far capire che no, non è necessario mangiare la carne, tantomeno tutti i giorni.


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