Dopo una serata in armonia che mi aveva ricordato che non sono i luoghi ma le persone a fare la vacanza, il mio vecchio cellulare ha riesumato un messaggio vocale datato gennaio 2020. Cinque minuti e venti secondi in cui Michela Murgia, appena scomparsa, parla di sessismo e coraggio
Mentre in tanti se la prendono col governo per la tassa sugli extraprofitti e Ryanair minaccia di non volare più in Italia, se c’è una che deve ringraziare questo caos al ministero delle Finanze sono io. Mi trovo in vacanza in Abruzzo, a Pescasseroli, nella villa che prende in affitto ogni anno Paride Vitale, e come ogni anno usufruisco del mio bonus amicizia: una settimana di alloggio con cane e coniuge, dalla colazione all’ammazzacaffè dopo cena, gite di ogni tipo incluse.
Per la gestione degli arrivi e partenze, Paride smanetta su un file Excel da giugno e tra quelle caselle smettiamo di essere i suoi amici e diventiamo variabili che tratta con estrema disciplina. In sostanza, nessuno può sgarrare.
Tranne me che alla mia quarta estate qui sono riuscita a trattenermi due notti in più rispetto ai programmi perché Raphael D’Onofrio, amico storico del padrone di casa e da qualche anno anche mio, ha dovuto rinunciare alla sua camera vista parco bloccato dagli impegni ministeriali a Roma, in via XX Settembre, a scrivere cinquanta decreti al giorno.
Il cellulare rotto
Qui invece la vita scorre lenta. Ho scoperto che non vorrei fare altro che sedere nella poltrona di velluto in veranda a leggere il libro Corpi minori di Jonathan Bazzi, col mio cane in giardino che fa le buche, gli amici che giocano a Burraco come fosse un bisogno impellente, Ugo Maria e Santi che discutono di continuo - tra i temi, Gianni Agnelli icona sì o icona no, Claretta Petacci perdono sì o perdono no, e la frase di Ugo rivolta a me: «Il tuo analista che direbbe del fatto che non prendi mai una posizione nelle discussioni?» - Ines che si prende cura di noi, ma anche noi di lei con la paura che ci abbandoni.
Amo anche fare la fila per comprare la pizza rossa al Vecchio Forno, ieri mattina avevo il numero 60 e il display segnava 27, ma nel frattempo, nell’unico Internet Point ho cercato di comprare un nuovo telefono perché al mio, praticamente da fermo si è rotta la scheda madre che solo a dirlo mi viene un tic, ma «signora prima del 20 qui non arriva niente di nuovo».
Così ho riesumato il mio vecchio cellulare, che porto sempre con me per registrare le interviste e che adesso è tornato a essere il titolare. Nulla è casuale.
Cena con due star
Dopo una cena placé in giardino in compagnia di una quindicina di amici e due superospiti coi loro rispettivi coniugi, di cui non posso fare i nomi perché l’ho promesso a Paride – dico solo che una delle due ha vinto un Grammy e ha pure fatto la fila al Vecchio Forno un’ora dopo di me, e nessuno l’ha riconosciuta perché è brava a camuffarsi.
Ecco, dopo una serata in armonia che mi aveva ricordato che non sono i luoghi ma le persone a fare la vacanza, il mio vecchio cellulare ha riesumato un messaggio vocale datato gennaio 2020. Cinque minuti e venti secondi in cui Michela Murgia, appena scomparsa, parla di sessismo e coraggio.
Il vocale
«(…) Bisogna fare nomi e cognomi, e quando succedono casi di sessismo bisogna avere il coraggio di alzarsi e dire quello a cui sto assistendo non solo non mi rappresenta ma mi offende. A me è successo quando ho ritirato il premio Campiello (era il 2010 e il libro era Accabadora) e mi è capitato di assistere a una scena vergognosamente sessista in cui Bruno Vespa chiese alla regia della serata che andava su Rai Uno di inquadrare la scollatura di Silvia Avallone che stava ricevendo il premio per il Campiello Giovani, con l’esordio di Acciaio. Ecco quando rilasciai l’intervista subito dopo dissi che avevo trovato quella cosa scandalosa e ritenevo che fosse un gesto di potere e di abuso. Nessuno si alzò a difendermi. Anzi molti dissero Michela Murgia è gelosa perché non è stato inquadrato il suo di décolleté. E questa è una delle cose che possono succedere quando ti esponi. Allo stesso tempo posso dire che quel gesto di libertà, anche se in quel momento non ha ricevuto la solidarietà che io forse mi sarei aspettata, si è rivelato nella mia storia assolutamente fondante perché da quel momento io non sono più stata zitta su queste questioni e ogni volta che ho aperto bocca ho trovato un’altra voce di donna che si era aggiunta alla mia nel frattempo, perché magari aveva trovato il coraggio. Perché è così, il coraggio è contagioso».
L’ho ascoltato due volte. Poi ho aiutato Ines a sparecchiare.
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