Le grandi narrazioni classiche e le molte biografie risorgimentali offrono una pacificazione con il passato. La distanza permette di indugiare in sentimenti atroci senza dover mostrare la faziosità contemporanea
Come il romanzo storico, anche la rivisitazione televisiva di grandi narrazioni e biografie ottocentesche offre una pacificazione con il passato. Se raccontare la contemporaneità mostra inevitabilmente un orientamento ideologico e quindi un tratto nervoso, inquieto, perché le cose che abbiamo di fronte stanno così ma stanno anche cosà e noi ci ritroviamo da una parte o dall’altra per generazione, luoghi e condizioni in cui siamo nati, rivolgersi al passato tende a glissare sui conflitti. Un po’ come guardare nonni, bisnonni e trisavoli: in fin dei conti ci si occupa molto più del loro declino cognitivo e fisico, aggiungere una indagine morale non sempre è possibile e nei loro confronti crudele. Per dirla con i celebri versi di Philip Larkin, se è vero che Ti fottono i tuoi genitori… erano anche loro fottuti da imbecilli in tube e mantelli… Così le terribili ingiustizie e le feroci vendette come a Edmond Dantès in Montecristo passano in cavalleria.
La distanza permette del resto di indugiare in sentimenti atroci senza dover mostrare la faziosità della contemporaneità. Parlare di Meloni o Trump, e ancora probabilmente di Berlinguer o Moro, di Brigate Rosse o fascisti, non è indifferente: la barriera della memoria viva è ancora il fascismo, se si va più indietro è difficile sentire un’affiliazione alle battaglie civili di duecento anni fa. Restano solo le passioni umane, come se le opinioni su quel che accadeva intorno alle persone fossero decantate.
Sullo schermo
Al cinema e alla televisione il dialogo e la recitazione, gli abiti degli attori, i manierismi nella conversazione, il tipo di fotografia e il montaggio, le inquadrature, la musica resuscitano vicende remote. Tutto quello che rende appassionante un buon nuovo film quando arriva per la prima volta al suo pubblico, è anche più intenso quando a venire ritratta è un’epoca che conosciamo solo attraverso qualche oggetto sopravvissuto, la letteratura, i quadri, la musica, spesso senza che ci sia immediatamente comprensibile in che modo venivano fruiti.
Poter stare nell’antica Roma, o appunto nell’Ottocento! Per chi ha frequentato un’epoca o una città attraverso la letteratura e la storia, potercisi ritrovare in mezzo è una tentazione irresistibile. Il Professor Robin Lane Fox, che ha fatto da consulente storico al film su Alessandro il Grande di Oliver Stone, aveva subito chiesto di poter guidare una carica a cavallo dei Greci.
Questa immediatezza la avvertiamo immediatamente nel nostro tempo: se il film ha successo la gente inizia a vestirsi in quel modo, a volte sembra che gli attori parlino e siano anche più dentro il presente di noi. Tanta immediatezza ha però il suo inevitabile contrappasso perché è proprio la molteplicità dei linguaggi a datare i film molto in fretta.
Cambiamo modo di vestire, di parlare e il senso della contemporaneità scivola tra le dita. In pochi anni quello che appariva un capolavoro e che aveva trovato un grande consenso si disfa come fosse fatto di cenere. Questo avviene meno dove a parlare sono pochi elementi, la storia semplicemente raccontata, la poesie, un quadro o un brano di musica. Certo ci sono manierismi e contesti ovunque, ma leggere Cristo si è fermato a Eboli a settant’anni di distanza, per non parlare di Leopardi, Orazio o Omero, così come ascoltare Bach o guardare un Velzquez, non solo ci dà l’emozione di essere immediatamente insieme a quel che era di fronte all’autore, a volte offre addirittura l’illusione di una maggiore chiarezza che il lavoro ha acquisito con il tempo, quasi che liberandosi dai contesti della prima ricezione, le opere si aprano a nuove e più fresche interpretazioni, quasi potessimo essere noi, oggi e individualmente, i loro destinatari. Chi ha scritto o dipinto pare ci dica che le opinioni in cui viveva immerso non contassero in fondo così tanto. Contava la sua musica, la sua poesia, la sua arte.
Napoleone e Manzoni
Per l’Ottocento italiano le cose sono anche più complicate. Politicamente l’Ottocento italiano è un secolo di guerre e movimenti risorgimentali, è contro il Papa, non c’è nessun compromesso storico e al contrario c’è il Non expedit, l’indicazione a non partecipare alla vita politica italiana che verrà revocata solo da Benedetto XV nel 1919. Leggiamo Alessandro Manzoni a scuola cercando un antecedente al compromesso storico ma Manzoni, per quanto cattolico, è il nipote di Beccaria, raggiunge la madre che convive con Imbonati a Parigi, tutti I Promessi Sposi sono animati da una ricerca spirituale ma anche da un’irrequietezza sociale che non si annacqua facilmente nel conformismo, a cominciare dall’opposizione tra Don Abbondio e Fra Cristoforo.
Non so se sarebbe possibile attraverso il cinema rendere un Ottocento meno pacificato. In fondo anche io, nelle narrazioni ottocentesche, cerco i miei antenati, proietto nel passato la storia di un’Italia meno passiva e conformista, così come la raccontano ad esempio Ippolito Nievo nelle magnifiche cronache delle nostre ribellioni e soprattutto le opere di Giuseppe Verdi, con i conflitti che oppongono Rigoletto al Duca di Mantova e i suoi cortigiani o la comprensione della condizione di una prostituta, con una protagonista come Violetta nella Traviata. La polemica con il proprio tempo non si lascia sedare ed è all’altezza del non scendere sottoterra senza aver mostrato il proprio disprezzo di cui parla Leopardi in La ginestra.
Nell’ultima versione sceneggiata del Conte di Montecristo ci sono tutte le tracce della ricca biografia di Alexandre Dumas. Un padre che era figlio di un marchese e una schiava caraibica (per cui Dumas è per un quarto africano, come si vede bene nelle foto e nei ritratti d’epoca, e sceglie il cognome per sottolineare la discendenza dalla madre) e che, dopo aver fatto la rivoluzione francese diventa un generale napoleonico fin quando non dice a Napoleone stesso quel che pensa delle sue ambizioni imperiali.
Alexandre viaggia e scrive e alla fine è a fianco di Garibaldi nella Spedizione dei Mille. Per quanto riscritto anche da generosi aiutanti, il materiale dei suoi romanzi è denso di lotte intorno al potere, come in fondo sono anche I tre moschettieri. A distanza di duecento anni ci arrivano l’intreccio e i coups de theatre, ma ai suoi contemporanei devono aver detto molto anche gli accenni a opinioni politiche proibite, insurrezionali, soprattutto per quel che riguarda il bonapartismo.
Nella versione televisiva Edmond Dantès ha invece sempre qualcosa di squisitamente aristocratico, anche quando è un marinaio. Era così anche in una versione del 1966; conforta così il nostro gusto per un ottocento di cui si possa avere nostalgia. Costumi, maniere, arredamenti dove staremmo volentieri. Così come in Downton Abbey servi e aristocratici andavano d’amore e d’accordo e non ci sono tracce della pratica delle punizioni, percosse, prepotenze che accompagnano così spesso il fatto che un essere umano si faccia servire da un altro.
Gli ideali lontani
E poi chi si ricorda più quali erano i termini delle discussioni intorno a Napoleone? Gli ideali di uguaglianza, libertà e fraternità, slogan rivoluzionari e promesse di un mondo nuovo che avevano sfasciato l’Europa? Oppure il titanismo individuale e romantico dell’imperatore? Quando leggiamo di lui attraverso Stendhal, Manzoni, Foscolo, quando lo guardiamo nelle tele monumentali di David o lo immaginiamo attraverso l’Eroica di Beethoven, ci giunge un insieme contraddittorio di sentimenti e opinioni. Spesso gli stessi autori cambiarono idea nel corso della propria vita. Proprio come in un romanzo di Dumas ammirazione e indignazione, lealtà e tradimento si alternano e coesistono.
Per noi tutto questo è decaduto, nessuno verrà arrestato per aver sostenuto i cento giorni. Le parole stesse cambiano significato: sciovinismo, che oggi significa semplicemente nazionalismo e in inglese maschilismo, originariamente veniva da Nicolas Chauvin, un soldatino della grand’armée innamorato del suo generale. Ma questa è una curiosità erudita, il senso delle parole è un contratto sociale, vale quello che oggi si intende, così come il termine fascista, anche per chi non ha mai sentito nominare Mussolini in giro per il mondo, è sinonimo di prepotente e violento.
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