- Le talpe, come noi, sono creature profondamente misteriose, della cui verità non si potrà mai cogliere altro che una vaga traccia
- L’acchiappatalpe Marc Hamer nel suo libro racconta di come è arrivato a fare questo lavoro e cosa ha imparato di questo animale così insolito
- Quello che più incuriosisce Hamer è che «gente apparentemente sana di mente ci rimette il sonno per il caos provocato dalle talpe». Perché perdere il potere sui nostri giardini ci fa sentire deboli e instabili
«Sono un giardiniere. Per anni ho acchiappato talpe in giardini e campagne, e ho deciso di non farlo più». Così inizia Come acchiappare una talpa di Marc Hamer, uomo dalla vita molto varia (La nave di Teseo).
Ormai anziano, dopo aver fatto il giardiniere e l’acchiappatalpe per qualche decennio, Hamer decide di vuotare il sacco. La vita di una talpa ci è ignota: «Nascosta nel buio, la sua storia si basa su leggende e una manciata di osservazioni tramandate da una persona all’altra, ognuno con il proprio punto di vista. Le talpe, come noi, sono creature profondamente misteriose, della cui verità non si potrà mai cogliere altro che una vaga traccia. Ciò che le cose sembrano è molto più importante per me di ciò che davvero sono. Quello che davvero sono è impossibile da sapere».
Portatrici di caos
Gli acchiappatalpe sono soliti denunziare, dice Hamer, in volantini e siti web tutti i danni alla vita umana che le talpe sono in grado di produrre: i buchi delle talpe possono causare danni ai velivoli sulle piste di atterraggio; le loro gallerie possono azzoppare un cavallo al galoppo facendo cadere chi c’è in sella (questo a volte, secondo qualcuno, con esiti anche positivi: nel febbraio del 1702 Guglielmo III, cioè Guglielmo d’Orange, quando il suo cavallo cade inciampando nel cumulo di terra di una talpa, cade anche lui a sua volta dal cavallo, si frattura la spalla e questa frattura innesca una polmonite che, nel giro di un mese, lo porta alla tomba; in quel momento i giacobiti brindarono «al piccolo eroe vestito di velluto nero», cioè a un’anonima talpa); ma lasciando il regicidio e la politica e tornando all’opera spontanea delle talpe, i loro cumuli di terra possono ridurre la resa del suolo di vaste terre arabili, rendendo pian piano i terreni inservibili.
Ma quello che più incuriosisce Hamer è che «gente apparentemente sana di mente ci rimette il sonno per il caos provocato dalle talpe. Non piace perdere il potere sulla nostra proprietà: ci fa sentire a disagio, instabili, deboli. Le talpe possono rovinare prati domestici, e ho visto padroni di casa sviluppare un vero e proprio odio mentre si vedono sfuggire di mano il controllo e la proprietà dei loro giardini. Ho visto persone furibonde imprecare in mezzo al giardino. Monta in loro un’ossessione, e una guerra infinita e impossibile da vincere può impadronirsi delle loro vite».
I grandi danni di un piccolo animale
È incredibile che un animale così piccolo e grazioso riesca a fare danni così importanti. Quando Hamer mostra a un cliente una talpa morta, il cliente si stupisce di quanto sia piccola, carina e vellutata. In genere se la immagina di proporzioni gigantesche.
Come sottolineato dall’autore, il giardinaggio non è natura, è una pratica che usa le leggi di natura e le leggi della scienza per imporre a un luogo una ben precisa volontà, un desiderio; per questo motivo il giardinaggio è una grande forma di controllo della spontaneità della natura in vista dell’ottenimento di un certo risultato.
«Un mio cliente, proprietario di un bel giardino urbano, era ossessionato dal fatto che i rami della sua splendida magnolia non fossero uniformi: ce n’erano più da un lato che dall’altro. Nessuna cosa vivente è mai perfettamente simmetrica, ed è spesso nell’imperfezione che ha sede la bellezza. Ma quest’uomo ha contato i rami e si è messo a tagliarne alcuni per cercare di equilibrare l’albero».
Invisibile e angosciante
La talpa agisce invisibile, sottoterra, e produce angoscia o soltanto preoccupazione, incrinando l’armonia. Hamer ha acchiappato talpe in campi da gioco, pascoli, parchi urbani, piccoli giardini e immense proprietà di campagna. Cercava sempre di farlo nel modo più umano possibile, cioè uccidere la talpa procurandole meno dolore e paura. Era l’attività che gli dava da vivere d’inverno quando la natura e i giardini sono in stato di riposo e un giardiniere non guadagna abbastanza per vivere. Per quello aveva iniziato.
Man mano che la voce si diffondeva, riceveva sempre più chiamate e si recava «a casa di persone furibonde che avevano cercato di liberarsi dalle talpe da sole, riuscendo a rovinare ancor più il loro prato e ad addestrare quella talpa a evitare la cattura».
E quando a qualche festa, alla domanda su che lavoro facesse, rispondeva di fare l’acchiappatalpe, la gente all’inizio scoppiava a ridere, come se avesse detto che faceva lo spazzacamino, poi diventava sempre più curiosa e iniziava a tempestarlo di domande, «soprattutto su come ci si senta a uccidere cose. Quando dico loro che da cinquant’anni sono vegetariano mi guardano con aria perplessa. C’è qualcosa che non quadra. È raro che una vita sia ordinata e coerente come vorremmo. Io la preferisco così. La razionalità è solo uno dei tanti modi importanti di fare esperienza del mondo».
Un animale solitario
Imparare a catturare talpe comunque è un’arte difficile, fatta in parte di informazioni estorte a altri acchiappatalpe, che le danno in modo un po’ vago, e per l’altra parte di un po’ di esperienze che uno realizza come autodidatta. Per esempio: come ci si orienta tra i cumuli di terra per scovare le gallerie? Alcuni sostengono che i maschi vadano in linea retta mentre le femmine si muovano un po’ a zigzag, senza una direzione precisa. Chissà se è vero.
Di sicuro «le talpe non hanno amici o parenti; non si scambiano visite; odiano la compagnia. Non hanno un’identità di gruppo: non c’è mai un branco di talpe …per loro non si usa mai un sostantivo collettivo, perché non stanno mai insieme». Il che rende le cose ancora più complicate: è impossibile beccarle cinque alla volta.
Diventare talpa
Dunque, come si fa a acchiappare una talpa? Si fa un po’ come nello zen del tiro con l’arco o in quello dell’arte della spada, si fa un po’ come nel tao, si fa un po’ come gli antichi cacciatori-sciamani del paleolitico: bisogna riuscire a diventare prato, e dopo che sei diventato prato, diventare verme o diventare scarafaggio, per riuscire a diventare talpa e galleria di talpa.
«Quando sono in campagna, per cacciare talpe, divento solitario e mi lascio alle spalle la mia natura umana. Divento un diverso tipo di creatura: qualcosa di più fluido … vivere momento per momento, senza pensieri ne sensazioni, o idee o percezioni di uno specifico processo mentale, solo istinto, una consapevolezza del campo ma non una consapevolezza distinta di me stesso nel campo. È come se diventassimo la stessa cosa. Io, il campo, il tempo, gli odori che vanno e vengono. Braccare un animale richiede questo livello di consapevolezza, e staccarmi così da me stesso è una parte importante della mia esistenza. Non sapere, non pensare rappresentano per me una condizione ideale di consapevolezza. Qualunque pensiero possa venirmi sembra essere solo una riflessione su di essa, un allontanarmi di un passo dall’esperienza diretta che mi isola dall’elettricità del momento».
Ma a quel punto, quando sei diventato prato per diventare talpa, cosa fai quando ti trovi in mano una talpa da ammazzare?
Come acchiappare una talpa. E ritrovare sé stessi nella natura (La Nave di Teseo 2022, pp. 208, euro 19) è un libro di Marc Hamer
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