Quando si parla di specie vicine all’Homo sapiens (ossia tutti noi) le scoperte degli ultimi anni stanno portando a ricostruzioni inconcepibili solo una quindicina di anni fa. Allora, ad esempio, si diceva che i nostri cugini più prossimi fossero i Neanderthal e nessuno ipotizzava che invece ce ne fossero altri: i Denisoviani.

Fu solo nel 2010, infatti, che i paleontologi annunciarono l’esistenza di questo gruppo di Homo a noi molto imparentati. Oggi si conosce ancora molto poco di loro, anche se prove fossili e genetiche suggeriscono che vissero in un’ampia gamma di aree e condizioni, dalle fredde montagne della Siberia e del Tibet alle giungle del Sud-Est asiatico.

I primi fossili

Furono scienziati russi a portare alla luce i primi fossili collegati ai Denisoviani: era l’estate del 2008, in un sito noto come “Denisova Cave” nei Monti Altai nella Siberia meridionale. La grotta era stata utilizzata fino al Settecento da un eremita di nome Denis, da cui ha preso il nome moderno: “la grotta di Denis” in russo. Precedenti scavi nella grotta dei Denisova avevano scoperto manufatti in pietra che lavori precedenti suggerivano fossero di origine neandertaliana.

Pertanto, quando gli scienziati hanno dissotterrato per la prima volta i fossili di Denisova, hanno pensato che i resti appartenessero ai Neanderthal. Furono analisi successive di dna estratto da questi fossili a rivelare la novità. Nel 2008, i ricercatori hanno sequenziato il primo genoma completo di un Neanderthal e quindi lo si conosceva bene, e fu così che quando un frammento di un osso di un dito di 30mila-50mila anni fa, proveniente dalla grotta, mostrò un dna diverso dai Neanderthal e dal sapiens, fu necessario introdurre una stirpe umana completamente diversa e fino a quel momento sconosciuta.

«Dimostrare ciò solo attraverso un minuscolo frammento di ossa di un dito è stata una straordinaria conquista tecnica», ha detto Chris Stringer, paleoantropologo del Natural History Museum di Londra.

Lo studio del 2010 su Nature, che ha rivelato l’esistenza dei Denisova, ha scoperto che erano comunque stretti parenti dei Neanderthal.

Gli studi successivi

Un successivo studio del 2013 su Nature ha stimato che la linea evolutiva che ha dato origine ai Neanderthal e ai Denisova si è separata dagli antenati degli esseri umani moderni tra 550mila e 765mila anni fa. Gli antenati dei Neanderthal e dei Denisova si sono poi separati tra loro tra circa 381mila e 473mila anni fa. «Non c’è dubbio che i Denisova e i Neanderthal sono i parenti più stretti degli esseri umani moderni», ha spiegato a Science Live Katerina Harvati, paleoantropologa e direttrice dell’Istituto di scienze archeologiche presso l’Università Eberhard Karls di Tubinga in Germania. Uno studio del 2018 sulla rivista Cell ha rivelato che i Denisoviani erano composti da più lignaggi. Uno era strettamente imparentato con il Denisoviano della Siberia settentrionale e ha un’eredità genetica riscontrabile principalmente negli asiatici orientali.

L’altro era più lontanamente imparentato con il Denisoviano della Siberia meridionale e aveva un dna che oggigiorno si riscontra principalmente nei papuani e negli asiatici meridionali. Questi gruppi si sono divisi circa 283mila anni fa. Sebbene questi lignaggi Denisoviani condividessero un’origine comune con i Neanderthal, erano quasi geneticamente distinti dai Neanderthal come i Neanderthal lo erano dagli esseri umani moderni, ossia dell’Homo sapiens.

Uno studio successivo del 2019 sulla rivista Cell ha rivelato un terzo lignaggio denisoviano. Sulla base del livello di differenze genetiche tra tutti e tre i lignaggi denisoviani, lo studio ha suggerito che questo terzo lignaggio si è separato dagli altri due circa 363mila anni fa, ed era diverso dagli altri Denisoviani quanto lo era dai Neanderthal. Il dna di questo terzo lignaggio è stato trovato principalmente in individui moderni che vivevano sull’isola della Nuova Guinea o nelle sue vicinanze.

Pochi reperti

A oggi e a partire dal 2022 i ricercatori hanno identificato pochissimi reperti di Denisova: tra questi otto piccoli e frammentati fossili nella grotta di Denisova. Includono tre molari, un frammento osseo di un lungo osso del braccio o della gamba, tre schegge ossee e un frammento di un osso del dito, l’unico fossile a produrre abbastanza dna per il sequenziamento dell’intero genoma. Altri fossili di Denisova che contenevano proteine che i ricercatori sapevano essere di Denisova in base a precedenti ricerche sul dna che includono una mascella, venuta alla luce in un luogo sacro in Cina e un molare trovato in una grotta in Laos.

Un frammento di costola trovato nella grotta carsica di Baishiya sull’altopiano tibetano è stato datato ad avere un’età di circa 32.000-48.000 anni, il che lo rende uno dei più recenti Denisova registrati, secondo uno studio del 2024 pubblicato su Nature. Sulla base del loro dna o delle proteine, i resti denisoviani scoperti fino a oggi forniscono pochi indizi su come identificare i fossili denisoviani in base alla loro morfologia o forma. Pertanto, ricerche precedenti potrebbero aver già scoperto un numero imprecisato di fossili denisoviani che rimangono non riconosciuti perché presentano differenze morfologiche rispetto ad altri lignaggi umani che gli scienziati non sono ancora in grado di identificare.

Il loro dna

Uno studio del 2010 di Nature ha rivelato che i Denisoviani si sono incrociati con gli antenati degli esseri umani moderni, in quanto il loro dna è presente dal 4 per cento al 6 per cento nei genomi moderni dei neo-guineasi e degli isolani di Bougainville nelle persone che vivono sulle isole della Melanesia, una sottoregione dell’Oceania che comprende la Nuova Guinea, le Isole Salomone, Vanuatu, la Nuova Caledonia e le Figi. Al contrario, lo studio del 2013 di Nature ha scoperto che solo circa lo 0,2 per cento del dna degli asiatici continentali e dei nativi americani è di origine denisoviana.

Il dna denisoviano potrebbe aver conferito una serie di benefici agli esseri umani moderni. Ad esempio, uno studio del 2014 su Nature ha scoperto che una mutazione genetica dei Denisoviani potrebbe aver aiutato i tibetani e gli sherpa a vivere ad altitudini elevate. Lavori precedenti avevano scoperto che i Neanderthal si sono incrociati anche con gli umani moderni. Uno studio del 2013 su Nature stima che i genomi di tutti i non africani contengano dall’1,5 per cento al 2 per cento di dna di Neanderthal. Inoltre, uno studio del 2018 su Nature ha rivelato che anche i Denisoviani e i Neanderthal si sono incrociati tra loro.

Lo studio di Nature del 2018 ha esaminato un frammento osseo lungo 2,5 centimetri trovato nel 2012 nella grotta di Denisova. Questo frammento proveniva da un osso lungo, come una tibia o un femore. Lo spessore della parte esterna dell’osso suggeriva che appartenesse a una donna che quando morì aveva almeno 13 anni, mentre la datazione al radiocarbonio suggeriva che il fossile avesse più di 50mila anni. Il dna di questo fossile non solo ha rivelato che si trattava del primo ibrido Denisova-Neanderthal noto, ma anche che il padre denisoviano di questo individuo aveva almeno un antenato Neanderthal, forse risalente a 300-600 generazioni prima della sua vita. Tutto sommato, questa singola scoperta ha contribuito a rivelare molteplici casi di interazioni tra i Neanderthal e i Denisova.

Inoltre, gli scienziati hanno scoperto che la madre Neanderthal della ragazza adolescente era geneticamente più simile ai Neanderthal dell’Europa occidentale che a un altro Neanderthal vissuto in precedenza nella grotta di Denisova. Questa scoperta suggerisce che i Neanderthal migrarono tra l’Eurasia occidentale e quella orientale per decine di migliaia di anni. Finora gli scienziati hanno sequenziato i genomi di soli sei individui della grotta di Denisova. La scoperta che uno di questi sei individui aveva un genitore Neanderthal e uno Denisoviano potrebbe suggerire, da un punto di vista statistico, che l’incrocio potrebbe essere stato comune ogni volta che questi gruppi interagivano.

Ma che aspetto avevano i Denisoviani? Uno studio del 2019 sulla rivista Science Advances che descriveva l’osso del dito della ragazza di Denisova suggeriva che in base al dna appartenesse ad una persona con la pelle scura, i capelli castani e gli occhi marroni. Uno studio del 2019 su Cell suggeriva che, come i Neanderthal, anche i Denisova potrebbero aver avuto una fronte bassa, una mascella sporgente e quasi nessun mento. «A parte queste ipotesi avanzate dallo studio del dna, resta difficile sapere che aspetto avessero i Denisoviani, perché ci sono pochi fossili», ha detto Harvati.

«Ma, in generale, mi aspetterei che assomigliassero più ai Neanderthal che a noi». Nel 2021, gli scienziati hanno portato alla luce i primi utensili in pietra collegati ai Denisoviani. Questi manufatti sono associati ai più antichi fossili denisoviani rinvenuti fino a oggi. Sulla base dello strato di terra in cui sono stati scoperti i fossili, il team ha determinato che avevano circa 200mila anni. Questo strato conteneva anche un tesoro di manufatti in pietra e resti di animali, che potrebbero fungere da indizi archeologici vitali sulla vita e il comportamento dei Denisova.

Resti di animali macellati e bruciati trovati nella grotta suggeriscono che i Denisoviani potrebbero essersi nutriti di cervi, gazzelle, cavalli, bisonti e rinoceronti lanosi. Non è ancora chiaro perché e come i Denisoviani si siano estinti. «Una sovrapposizione con le popolazioni in espansione di Homo sapiens tra 40mila e 50mila anni fa, e una conseguente competizione per le risorse, è stata probabilmente una delle ragioni per cui i Denisoviani sono scomparsi», ha detto Stringer. Ma potrebbero anche essere stati assorbiti nel pool genetico della nostra specie. Questa però, è una questione aperta.

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