Ci sono termini, definizioni o detti scientifici che sono così efficaci per esprimere un concetto, anche se a volte può non essere del tutto corretto o addirittura sbagliato. Ne sono esempi “buco nero”, “nebulosa” o “Big Bang”. Ci soffermiamo proprio su quest’ultimo modo di dire che l’astronomo britannico Fred Hoyle ebbe la geniale idea di coniare il 28 marzo 1949 per descrivere l’origine dell’universo avvenuto poco meno di 14 miliardi di anni fa.

Una stranezza sta nel fatto che Hoyle detestava profondamente l’idea che l’universo fosse nato da un “Big Bang”. Ed era così riluttante a tale ipotesi/teoria che rimase scettico e critico fino alla sua morte, avvenuta nel 2001, nei confronti della cosmologia tradizionale che vuole il “Big Bang” come momento che diede inizio al “mondo” in cui viviamo.

Si racconta, addirittura, che Hoyle abbia introdotto il nome “Big Bang” per ridicolizzare o addirittura screditare la allora minuta comunità di cosmologi che pensavano che l’universo avesse avuto un inizio violento: un’ipotesi che 75 anni fa sembrava al di là di ogni concezione scientifica. Per decenni gli astronomi hanno ignorato questa frase accattivante, tant’è che dapprima si diffuse in contesti popolari e solo poi tra gli astronomi.

La teoria di Lemaître

In realtà la prima ipotesi cosmologica cha avanzava il concetto di “Big Bang” risale al 1931, quando il fisico belga e sacerdote Georges Lemaître propose un modello basato sull’esplosione con emissione di energia di quello che chiamò un «atomo primordiale».

Concepì che questo oggetto primordiale fosse estremamente ricco in energia e così denso da comprendere tutta la materia, lo spazio e l’energia che oggi si incontra nell’intero universo che conosciamo. Dall’esplosione originaria si sarebbero formate nel corso del tempo le stelle, le galassie e tutto il resto.

Lemaître parlò metaforicamente del suo modello che spiegava la nascita dell’universo come una «teoria dei fuochi d'artificio», dove i fuochi d’artificio erano costituiti dai prodotti di decadimento dell’esplosione iniziale.

Ma se quella fu un’intuizione di un genio, in ogni caso la cosmologia del Big Bang nel suo significato moderno – cioè che l’universo è stato creato in un “lampo di energia” e da allora si è espanso e raffreddato – è decollata solo alla fine degli anni Quaranta, con una serie di articoli del fisico nucleare sovietico-americano George Gamow e dei suoi soci statunitensi Ralph Alpher e Robert Herman.

La teoria di Gamow

Gamow ipotizzò che l’universo primordiale dovesse essere stato così caldo e denso da essere pieno di una zuppa primordiale di radiazioni e particelle nucleari, vale a dire neutroni e protoni. In tali condizioni, quelle particelle si sarebbero unite gradualmente per formare nuclei atomici e, man mano che la temperatura scendeva di valore, si formavano atomi di tipo diverso.

Lo stesso anno, Hoyle e i cosmologi austriaci Hermann Bondi e Thomas Gold annunciarono un quadro radicalmente diverso dell’universo. La loro “teoria” dello stato stazionario presupponeva che, su larga scala, l’universo fosse sempre stato lo stesso e sarebbe sempre rimasto così, per l’eternità.

Nel corso dei due decenni successivi si sviluppò un’epica controversia tra queste due idee opposte e incompatibili. A dire il vero però il numero di astrofisici che credevano a un universo in espansione andava via via aumentando con l’aumentare delle prove a tal favore.

La ricerca di Hubble

Fondamentale fu la ricerca di Edwin Hubble, il quale già alla fine degli anni ’20 aveva osservato che la maggior parte delle galassie si stava allontanando dalla nostra. Ma l’idea, così familiare oggi, di un universo che inizia in un “determinato momento nel tempo”, da molti era considerata irrazionale.

Gli astrofisici, tuttavia, si chiedevano se l’universo si stesse evolvendo in conformità con la teoria della relatività generale di Albert Einstein, che prevedeva che fosse in espansione o in contrazione, ma non stabile. Sebbene la teoria di Einstein non richieda il “Big Bang”, implica che in passato l’universo avesse un aspetto ben diverso da quello attuale. Inoltre un universo in espansione potrebbe essere nato semplicemente da un precursore molto piccolo, suggerì Lemaître nel 1927.

Il 28 marzo 1949, Hoyle, diventato anche un noto divulgatore scientifico, tenne un discorso radiofonico al terzo programma della Bbc, in cui metteva a confronto le due visioni dell’universo.

Si riferiva «da un lato all’ipotesi stazionaria, immutabile dell’universo, dall’altro all’ipotesi che tutta la materia nell’universo sia stata creata da un Big Bang in un momento particolare nel remoto passato». A questa conferenza si deve l’inizio dell’origine del termine cosmologico “Big Bang”.

Una trascrizione del discorso fu riprodotta integralmente nella rivista The Listener, e Hoyle la menzionò nel suo libro del 1950 The Nature of the Universe, che si basava proprio su una serie di trasmissioni alla televisione inglese realizzate all’inizio dello stesso anno.

Sebbene Hoyle respingesse risolutamente l’idea di un’origine improvvisa dell’universo come inaccettabile sia sul piano scientifico che filosofico, in seguito affermò che con il termine “Big Bang” non intendeva assolutamente ridicolizzare l’alternativa come sembrava avesse fatto precedentemente.

Comunque, nessuno dei cosmologi favorevoli all’universo in esplosione, come Lemaître e Gamow, si offese. Hoyle in seguito spiegò che aveva bisogno di metafore visive nella sua trasmissione per trasmettere al pubblico i punti tecnici e la coniazione casuale di "Big Bang” era una di queste.

«Un universo da “Big Bang”»

Peraltro il “Big Bang” di Hoyle era un termine nuovo per quanto riguardava la cosmologia, ma non lo era in contesti generali. Nei due decenni successivi, l’accattivante parola coniata da Hoyle fu in gran parte ignorata da fisici e astronomi.

Lemaître, ad esempio, non ha mai usato il termine e Gamow lo ha utilizzato solo una volta nelle sue numerose pubblicazioni sulla cosmologia. Lo stesso Hoyle lo riprese solo nel 1965, dopo averlo abbandonato per 16 anni. Si dovette attendere il 1957 prima che il termine apparisse in una pubblicazione scientifica e precisamente in un articolo sulla formazione degli elementi nelle stelle pubblicato su Scientific Monthly dal fisico nucleare statunitense William Fowler, stretto collaboratore di Hoyle e futuro premio Nobel.

Prima del 1965, il “Big Bang” cosmologico venne menzionato solo poche decine di volte, soprattutto nella letteratura divulgativa. Tra coloro che lo usarono per indicare l’origine dell’universo c’era il filosofo statunitense Norwood Russell Hanson, che nel 1963 coniò la sua parola per i sostenitori di quella che chiamò l’«immagine Disneyoid» dell’esplosione cosmica. Ben presto seguì un momento di svolta nella storia della cosmologia moderna.

Nel 1965, il rapporto dei fisici statunitensi Arno Penzias e Robert Wilson sulla scoperta della «radiazione cosmica di fondo» – un debole bagno di onde radio provenienti da tutto il cielo – fu interpretato come un residuo fossile di radiazione del caldo passato cosmico. «I segnali implicano un universo da “Big Bang”» annunciò il New York Times il 21 maggio 1965. La battaglia cosmologica era effettivamente giunta al termine, con la teoria dello stato stazionario come perdente e la teoria del “Big Bang” che emergeva come paradigma nella ricerca cosmologica.

Eppure, ancora per un po’, fisici e astronomi esitarono ad abbracciare il termine di Hoyle. Ciò durò fino a marzo 1966, quando il nome comparve in un articolo di ricerca su Nature. Ma ancora non era digerito da tutti gli astrofisici i quali preferivano parlare di «modello standard» o di «teoria dell’universo caldo».

Tuttavia, negli anni ’80, il termine improprio era ormai saldamente radicato nella letteratura e nel linguaggio comune. La frase è stata adottata in molte lingue diverse dall’inglese. I tedeschi hanno costruito la loro versione, vale a dire Urknall, che significa «il botto originale».

Successivi tentativi di sostituire il termine di Hoyle con nomi alternativi e più appropriati sono falliti miseramente. Negli anni ‘90, il “Big Bang” era passato ad usi commerciali, politici e artistici per entrare addirittura nella finanza. Nel 1987, la rivista linguistica American Speech inserì “Big Bang” nella sua lista di parole nuove e definì “big banger” come «quello coinvolto nel “Big Bang” alla Borsa di Londra». Oggi, paradossalmente, la ricerca online della “teoria del Big Bang” non porta alla cosmologia, ma a una popolare telenovela americana.

Molto si sta studiando per capire cosa sia stato realmente il “Big Bang”. Quel che sembra certo è che non fu un’“esplosione” come il termine fa pensare alla nostra fantasia, ma cosa fu realmente rimane ancora da scoprire. Anche perché non sappiamo se diede origine solo al nostro universo o anche ad altri universi con leggi fisiche completamente diverse dal nostro o addirittura se non fu la conclusione della vita di un precedente universo.

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