La cucina italiana è uno dei più grandi ambasciatori culturali del nostro paese nel mondo. Non c’è città, grande o piccola, dove non si trovino ristoranti italiani, pizzerie o alimentari che offrono i sapori della nostra tradizione. Secondo un sondaggio del quotidiano britannico Independent del 2019, la nostra cucina è la più apprezzata nel mondo, con l’84 per cento dei partecipanti al sondaggio che la hanno provata almeno una volta e la considerano la migliore tra quelle nazionali.

Un valore molto alto, con un vantaggio ben di nove punti rispetto alla cucina nazionale al secondo posto (cinese), che solo il 75 per cento degli intervistati apprezzava. Ma la diffusione della cucina italiana non è solo il frutto di una moda o di un fascino passeggero: è il risultato di secoli di migrazioni, scambi culturali e contaminazioni che hanno permesso ai piatti e agli ingredienti italiani di diventare parte integrante della cultura gastronomica globale. Questo fenomeno si deve principalmente agli immigrati italiani, che hanno portato con sé non solo le loro ricette, ma anche un modo di vivere il cibo come un’esperienza comunitaria e culturale.

L’emigrazione italiana

Per comprendere come la cucina italiana sia diventata così influente a livello globale, è essenziale partire dalla storia dell’emigrazione italiana. Tra la fine del XIX secolo e la prima metà del XX, milioni di italiani emigrarono verso le Americhe, l’Europa settentrionale e l’Oceania. Le motivazioni principali erano la povertà, la mancanza di lavoro e la ricerca di una vita migliore. Le regioni più coinvolte in questo esodo furono quelle meridionali, in particolare la Campania, la Calabria, la Sicilia e la Puglia, dove le condizioni economiche erano particolarmente difficili.

Con le valigie di cartone e un cuore pieno di speranza, gli emigranti portavano con sé ciò che avevano di più prezioso: la loro cultura e le loro tradizioni. Tra queste, il cibo aveva un ruolo centrale. La cucina, infatti, non era solo nutrimento, ma un modo per mantenere vivo il legame con la propria terra d’origine, per condividere momenti di convivialità e per affrontare le difficoltà di una nuova vita in terra straniera.

Il laboratorio statunitense

Uno dei primi paesi a subire l’influenza della cucina italiana fu gli Stati Uniti, meta prediletta di milioni di emigranti italiani tra il 1880 e il 1920. Qui gli italiani si stabilirono principalmente in grandi città come New York, Chicago, Boston e Philadelphia, formando comunità compatte e creando una rete di supporto reciproco.

In America, però, gli italiani si trovarono di fronte a un contesto molto diverso da quello che avevano lasciato. Gli ingredienti tipici della cucina italiana, come l’olio d’oliva, il basilico fresco o i pomodori erano spesso difficili da trovare, e molti piatti dovettero essere adattati utilizzando ciò che era disponibile. È così che nacquero piatti come gli spaghetti con le polpette, una combinazione poco comune in Italia, ma che divenne presto un simbolo della cucina italo-americana.

La pizza, originariamente un piatto povero della tradizione napoletana, fu trasformata negli Stati Uniti in varianti come la "New York-style pizza", con una crosta sottile e croccante, o la "Chicago deep-dish pizza", caratterizzata da uno spesso strato di pasta e abbondante formaggio. Soltanto nel dopoguerra arrivò in Italia per come la conosciamo noi oggi: di fatto è figlia della tradizione americana e non di quella Italiana. Negli Stati Uniti, il gelato italiano si trasformò in un fenomeno popolare grazie alla diffusione di gusti come il pistacchio, la stracciatella e il limone. Nelle città come New York e San Francisco, le gelaterie italiane divennero mete imperdibili per chi voleva assaporare un gelato autentico.

Argentina e Brasile

Un altro importante capitolo della storia della cucina italiana nel mondo si scrive in America Latina, dove l’Argentina e il Brasile furono tra le principali destinazioni degli emigranti italiani.

In Argentina, l’influenza italiana è evidente ancora oggi nella dieta quotidiana. La pasta fresca, i ravioli e i risotti sono entrati a far parte della tradizione gastronomica locale, così come la pizza, che in Argentina è spesso preparata con abbondante mozzarella e ingredienti come il prosciutto crudo o le olive. L’asado, il famoso barbecue argentino, ha anch’esso subito l’influenza italiana: molti italiani introdussero l’uso di salse e condimenti come il chimichurri, che ricorda da vicino i sapori mediterranei.

In Brasile, la cucina italiana si è fusa con la ricca tradizione culinaria locale, dando vita a piatti unici. Ad esempio, la lasagna è diventata un piatto tipico delle feste brasiliane, mentre la pizza brasiliana, spesso caratterizzata da combinazioni di sapori insolite come il formaggio catupiry o il cioccolato, rappresenta una curiosa rivisitazione della tradizione italiana.

Europa e Oceania

Anche in Europa, la cucina italiana ha lasciato il segno, in particolare nei paesi del Nord come Francia, Germania e Regno Unito. In Francia, l’arte della pasta e del risotto è stata integrata nella haute cuisine, mentre i ristoranti italiani sono tra i più apprezzati dai parigini. Nel Regno Unito, la cucina italiana è diventata sinonimo di qualità e autenticità, con catene come Carluccio’s e Jamie’s Italian che celebrano i sapori italiani.

Gli artigiani gelatieri italiani, spesso originari del Veneto e della Toscana, aprirono gelaterie nei paesi in cui si stabilivano, offrendo prodotti realizzati con tecniche e ingredienti tradizionali. In Germania, le gelaterie italiane hanno avuto un impatto particolarmente significativo: già dagli anni ’50 e ’60, molti gelatieri veneti e friulani vi si trasferirono, aprendo locali che oggi fanno parte della quotidianità tedesca.

In Oceania, gli emigranti italiani, soprattutto nel secondo dopoguerra, hanno introdotto la cultura del caffè, portando con sé l’espresso e il cappuccino. In Australia, oggi, città come Melbourne e Sydney sono rinomate per la loro vivace cultura del caffè, che deve molto all’influenza italiana. Le gelaterie italiane hanno portato la cultura del gelato artigianale in un mercato precedentemente dominato dal gelato industriale.

La contaminazione culturale

Uno degli aspetti più affascinanti della diffusione della cucina italiana nel mondo è la capacità di adattarsi e trasformarsi in base al contesto locale. Questo processo, noto come contaminazione culturale, ha dato vita a nuove varianti dei piatti italiani che, pur mantenendo un legame con la tradizione, si sono evolute per rispondere ai gusti e alle esigenze delle popolazioni locali.

Un esempio iconico è la pizza. In Giappone, è comune trovare pizze con ingredienti come il tonno, il mais o le alghe, mentre in India esistono varianti speziate che includono curry o pollo tandoori. In Brasile, come già accennato, la pizza dolce è molto popolare, con topping a base di cioccolato, fragole o latte condensato.

Anche la pasta è stata reinterpretata in molti paesi. Negli Stati Uniti, è comune trovare ricette con salse a base di panna, come la famosa Alfredo sauce per condire le fettuccine, che in Italia – con buona pace dei turisti americani che si aspettano di ordinare in un ristorante locale delle autentiche Fettuccine Alfredo- è praticamente sconosciuta.

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