Non c’è solo quel pezzo di mondo che gioca per vincere. Un altro è venuto ai Mondiali per giocare, per farsi vedere. C’è chi mette la palla in un canestro per l’oro, chi palleggia e tira per esistere. Il Sudan del Sud, per esempio. Uno stato divenuto sovrano solo nel 2011 dopo una guerra civile e una sanguinosa separazione dal Sudan. Un paese dilaniato dalla divisione in tribù, il più povero al mondo, con l’indice di sviluppo umano peggiore e l’accesso ai servizi base, come quelli igienici, riservato a meno della metà della popolazione.

Ha visto nascere la propria nazionale per l’impegno personale di Luol Deng, ex giocatore dalla solida carriera in Nba e ora presidente della federazione. Ha reclutato tutti gli attuali componenti della squadra, finanziando di tasca sua i viaggi, e sono tanti, perché in patria non esiste nemmeno un palasport.

Tutti i giocatori vivono all’estero, sono scappati fra molti rimorsi da casa per la guerra. La selezione delle Bright Stars ha rappresentato un’occasione per risentirsi un popolo, per dare degli eroi a chi è rimasto. Non è esattamente una squadra-materasso: già ad Afrobasket 2021, dove si era qualificato con soli quattro anni di esperienza, il Sudan del Sud era arrivato ai quarti di finale.

È stato l’inizio di una storia: nella qualificazione a questi Mondiali ha fatto registrare un percorso di 11 vittorie in 12 partite. Un’impresa superata da quanto accaduto contro la Cina, il 28 agosto, quando la nazione più giovane d’Africa ha strapazzato quella asiatica, con un successo di 20 punti di scarto (89-69).

Così ha smesso di essere solo una bandiera che partecipava, andando a conquistare addirittura la prima affermazione in una Coppa del Mondo, nella quale si sta ancora giocando l’accesso alle Olimpiadi. Il trascinatore si chiama Carlik Jones, gioca nei Chicago Bulls, la stessa squadra in cui il presidente Luol Deng spese i migliori anni della sua carriera negli Stati Uniti. Finora è stato uno dei migliori giocatori del torneo.

Capo Verde

Viene sempre dall’Africa un altro piccolo miracolo sportivo di questi Mondiali, il successo di un’altra underdog, alla prima partecipazione nella storia e dunque a sua volta al primo successo in assoluto. Con la sua qualificazione, Capo Verde aveva già stabilito un primato, quello di nazione più piccola a essersi mai spinta fin qui, un record strappato al Montenegro del 2019. Contro il Venezuela, in un’emozionante partita che ha cambiato trama più volte, i capoverdiani hanno chiuso per 81-75, abbracciati al loro totem Walter Tavares, 2 metri e 21 centimetri d’altezza, stella del Real Madrid e vincitore dell’ultima Eurolega da mvp, un torneo nel quale detiene il record assoluto di stoppate.

La sua storia da giocatore è iniziata grazie a un turista tedesco, in viaggio nell’isola. Nel 2009 aveva notato questo diciassettenne dal fisico imponente e lo aveva segnalato a un dirigente del Gran Canaria, frequentatore dello stesso bar a Las Palmas dove spesso si recava per il suo lavoro da commerciante.

Giappone e Lettonia

A proposito di trascinatori individuali: il più improbabile è impegnato nella nazionale del Giappone, risponde al nome di Joshua Hawkinson. Inserita in uno dei gironi più complicati della rassegna, con le candidate alle medaglie Germania e Australia, più quella Finlandia che tanto bene aveva fatto la scorsa estate agli Eueopei, gli Akatsuki Five si ritrovavano con pochissime chances di far bene, visto il forfeit della stella Rui Hachimura.

Spesso i giocatori naturalizzati alternati dalla selezione giapponese risultavano di complemento allo stesso Hachimura e a Watanabe, l’altro cestista di spicco. Aver preferito Hawkinson a Luke Evans e a Nick Fazekas, ex giocatore NBA, per l’unica casella destinata a un naturalizzato, aveva fatto discutere.

Fino al 27 agosto: quando contro la Finlandia Hawkinson ha piazzato una delle prestazioni numericamente più sorprendenti, 28 punti + 19 rimbalzi, per portare il Giappone al successo con la Finlandia, il primo della loro storia in un Mondiale contro un’avversaria europea, spezzando una striscia di 17 sconfitte consecutive.

Il vero grande colpo l’ha fatto la Lettonia, una nazionale inserita in un gruppo complicatissimo, ma capace di soffiare la qualificazione alla seconda fase alla Francia argento olimpico, alla fine di un confronto punto a punto. Ieri un altro successo fondamentale e sorprendente, contro la Spagna campione del mondo e d’Europa in carica. Tutto alla prima partecipazione della propria storia, una qualificazione conquistata con un percorso superbo e senza la stella Kristaps Porziņģis, infortunato. La vera stella è seduta in panchina ed è italiana, Luca Banchi, grossetano, 58 anni, con la sua tenacia trasmessa a una delle squadre più belle da veder giocare.

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