- A Firenze, alla fine del Duecento, c’è un gruppo di figli di papà, vitelloni medievali, che vanno ai matrimoni per osservare le donne, si scambiano sonetti a cazzeggio ma contemporaneamente discutono d’amore.
- In questo ambiente formicolante e battagliero Dante si inventa un amore totalizzante e ossessivo che sarebbe cominciato addirittura quand’era neonato: verso i nove mesi, alla nascita di Beatrice, lo coglie un malore inesplicabile.
- Dante contiene la modernità pur restando pre-umanista, con un immaginario decisamente medievale. La Commedia è il contrario della compattezza e della armonia che di solito attribuiamo ai classici, sfida continuamente quel che noi consideriamo impossibile.
[…] A Firenze, alla fine del Duecento, c’è un gruppo di figli di papà, vitelloni medievali, che vanno ai matrimoni per osservare le donne, si scambiano sonetti a cazzeggio ma contemporaneamente, i più seri e i più bravi di loro, discutono d’amore e anche di che cosa sia la vera nobiltà, in un clima comunale antimagnatizio (proprio mentre Dante stava componendo la Vita nova, Giano della Bella era riuscito a far approvare una norma che escludeva i magnati dai pubblici uffici, privilegiando il popolo grasso, cioè i mercanti).
Tra quei giovani poeti scavezzacolli e impegnati, quasi tutti fiorentini e qualche pistoiese, e un bolognese di riferimento (quelli che nelle storie letterarie sono noti come “poeti del dolce stil novo”), Dante è forse il meno nobile e il meno ricco di tutti; compie la propria scalata sociale per forza d’ingegno, in questo effettivamente simile a Proust. Figlio di un modesto prestatore di moneta, frequenta i nobili Donati e il nobile coltissimo Guido Cavalcanti; arriva a fare amicizia (breve amicizia, ma golosamente ricordata nel Paradiso) col giovane cugino del re di Francia, Carlo Martello.
Amore totalizzante
In questo ambiente formicolante e battagliero Dante si inventa un amore totalizzante e ossessivo che sarebbe cominciato addirittura quand’era neonato: verso i nove mesi, alla nascita di Beatrice, lo coglie un malore inesplicabile; da allora, tutta una serie di svenimenti, tremori, crisi che possono sembrare epilettiche o narcolettiche, con abbondanza di sogni e visioni. Parte dal corpo, ma non da quello della donna, di cui sappiamo pochissimo; parte dal suo proprio corpo e dalle sue malattie, sia nervose che per esempio degli occhi.
Quando Beatrice muore, ha la visione di lei trasportata in Cielo, e non è una metafora. Passa dal letterale al metafisico, stiracchia in senso simbolico i numeri, il tre e il nove, interpreta le proprie anomalie di salute come un segno di predestinazione e i propri sogni come indice di vocazione profetica.
Mente senza vergogna: sonetti scritti per altre ragazze finge di averli scritti pensando a lei, e che quelle fossero soltanto “donne-schermo”. Si convince che questa donna fantasmatizzata abbia poteri soprannaturali: Beatrice è capace di far nascere amore anche dove esso non esiste in potenza, il che contraddice alla filosofia aristotelica, è propriamente un miracolo.
La Bice Portinari, sposata a Simone de’ Bardi, di cui dopo che è morta dà nel libro (“in chiave”) perfino l’indirizzo, è più di un angelo, è forse essa stessa figura di Cristo: racconta di averla incontrata un giorno con l’amica Giovanna, la Monna Vanna di Guido Cavalcanti, e di aver pensato che Giovanna era come Giovanni Battista, precursore di Cristo. Cavalcanti, il destinatario del libro, colui che lo ha inserito nel gruppo di poeti intellettuali, non la prende bene; lui ha tutt’altra idea dell’amore, e anche sull’immortalità dell’anima mantiene le sue riserve; per di più, poco dopo aver terminato la Vita nova, Dante si butterà in politica dalla parte dei popolari ostili al ceto magnatizio cui Cavalcanti apparteneva. Ci sarà quindi la rottura tra i due, marcata da Cavalcanti in un sonetto (“Io vegno il giorno a te infinite volte”) in cui lo accusa di frequentare ormai persone volgari.
Io credevo di saperlo che cos’è una ossessione, anch’io nel mio piccolo estrapolavo dettagli biografici attribuendo loro un proditorio valore d’Assoluto; socialmente stavo dalla parte di Dante e intellettualmente da quella di Cavalcanti; in realtà non ho retto al peso né dell’uno né dell’altro, le mie Beatrici sono sparite in un alone di inutilità e di rimpianto. La trilogia che stavo finendo l’avevo davvero cominciata a trentacinque anni e questo mi era parso un segno; perfino nello scegliere le copertine (un tulipano-cazzo, una donna che ha gli occhi rossi di pianto, un paesaggio azzurro visto da una grata) avevo cercato di alludere a una progressione inferno-purgatorio-paradiso.
Romanzo di formazione
[…] A quel punto il mio interesse di romanziere e di uomo si è tutto incentrato su quel testo enorme e contraddittorio che è la Commedia. Un testo composto durante una quindicina d’anni, che reca nel proprio stesso corpo i segni del passare del tempo e dei cambiamenti subiti dal proprio autore.
Anche in termini di bravura compositiva: il Dante dell’Inferno mostra ingenuità narrative che quello del Paradiso non compie più (per esempio nel canto di Francesca, che è probabilmente il primo con cui riprende il testo dopo l’interruzione dovuta all’esilio, ripete tre volte “cominciai” e due volte un’espressione goffa come “ed elli a me” “e quella a me”).
Il testo complessivo, pubblicato in momenti distinti, conosce zone di grazia (come quella dei primi sei canti del Purgatorio, o gli ultimi di Inferno e Paradiso) unite a paludi di depressione e di stanchezza; ma soprattutto assorbe senza annullarle incompatibilità e incongruenze.
La Commedia è una visio in somniis che contiene un vero e proprio romanzo di formazione, etico psicologico e civile; è una strana visio in cui il Dante personaggio e il Dante autore si contaminano continuamente dimenticando l’assunto di partenza: San Bernardo dice “ma perché il tempo fugge che t’assonna”, e lo dice a un personaggio che fa parte del sonno; un personaggio sognato come Virgilio riesce a prevedere altre parti del sogno prima che il sognatore stesso le sogni; Dante personaggio sogna come morte persone vive (Venedico Caccianemico), il che in un sogno non sarebbe strano, ma poi in altri casi Dante autore fa acrobazie per parlare dei vivi nell’aldilà, e nel caso per esempio di Branca Doria ricorre addirittura alla finzione di un diavolo che avrebbe occupato il suo corpo lassù mentre l’anima è già punita laggiù.
Descrizioni precise e visionarietà si sovrappongono, arrivando a un realismo del fantastico come per noi solo in Kafka e nel miglior Philip Dick; l’esacerbazione dei nervi porta all’ortodossia cattolica; orgoglio e sottomissione vanno a braccetto, l’egocentrismo biografico si accompagna al riconoscersi umile granello di un ordine che lo sovrasta; è conservatore in politica e assoluto innovatore in estetica; supera le contraddizioni fino a livelli che a noi parrebbero inconciliabili; coniuga rigorosa filosofia scolastica, impegno scientifico e logica simmetrica alla Matte Blanco, pensiero emotivo alla Antonio Damasio, sublimazione freudiana assolutamente presa alla lettera.
Dante contiene la modernità pur restando pre-umanista, con un immaginario decisamente medievale. La Commedia è il contrario della compattezza e della armonia che di solito attribuiamo ai classici, sfida continuamente quel che noi consideriamo impossibile. Per questo, credo, ogni scrittore moderno vede in Dante ciò che manca a sé stesso.
[…] Secoli prima di Freud, Dante aveva scoperto il segreto della condensazione per analogia, cioè di quel meccanismo psichico capace di sovrapporre elementi contraddittori grazie a un indebolimento del controllo razionale della coscienza. Secoli prima di Matte Blanco o di Damasio aveva intuito che il pensiero emotivo, per uguagliare particolare e generale, necessitava del concetto di infinito; cinque secoli prima di Hölderlin, considera la poesia quasi un analogo del Sacro. Enorme, geniale anticipo che parte da quella sua scoperta della “lingua che parla come da se stessa mossa” con cui nella Vita nova cominciano i testi in lode.
Amore è colui che detta e al poeta non tocca che trascrivere le parole del “dettatore” cercando di essergli il più fedele possibile (come confermerà Bonagiunta nel ventiquattresimo del Purgatorio). Amore, nella Commedia, diventa facilmente Dio. […] Col suo precocissimo miracolo culturale, la personalità unica e isolata di Dante si afferma non tanto come quella dell’innamorato ossessivo, né dell’esule orgoglioso, né del profeta eletto da Dio, ma proprio del Poeta in senso pieno. […] In attesa di un “Dante del web”, resta lui l’ombra a cui chiedere istruzioni.
Il testo è estratto dall’intervento integrale di Walter Siti contenuto nel libro: Se tu segui tua stella, non puoi fallire. I grandi narratori raccontano il loro Dante, edito da Bur Rizzoli in collaborazione con ADI in uscita il 21 settembre.
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