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È stato l’anno in cui i manga sono entrati nelle classifiche dei libri, ma anche quello del ritorno delle riviste culturali in digitale.
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Soprattutto siamo ufficialmente nell’età dell’abbondanza, in cui la produzione è talmente ampia da impoverire i contenuti.
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Per questo i dieci libri di Domani del 2021 sono tutti legati all’idea di consapevolezza, di attraversamento lento – anche faticoso, perché no, se è una fatica che rinfranca e arricchisce. Compagni di viaggio, tutti molto diversi, per questi tempi complicati, dolorosi, confusi, rabbiosi. Un invito a aprire un occhio interiore.
Le liste dei libri dell’anno hanno sempre un qualcosa di arbitrario, stupendamente idiosincratico: è il motivo per cui le facciamo e le leggiamo. Perché non sono inclusive, se no non c’è gusto. Però devono provare a dare delle risposte. Ad esempio, che anno è stato per i libri? Per quanto riguarda il mercato, forti del conforto delle cifre, si possono dare delle indicazioni più oggettive: il mercato ha tenuto, anzi ha registrato un buon incremento, merito soprattutto (ma non solo) dei fumetti e dei manga in particolare.
Non che prima i manga non esistessero o non si vendessero: con buona pace degli scandalizzati scopritori dell’ultimo minuto, è da almeno trent’anni che si traducono e pubblicano manga in italiano, che esistono case editrici specializzate, che c’è un vastissimo bacino di appassionati, dal lettore occasionale all’otaku più invasato.
Il secolo dei manga
Ma soprattutto è da almeno trent’anni (molti di più se estendiamo il discorso all’animazione) che il fumetto giapponese e la sua carica (per noi) rivoluzionaria arricchisce e allarga l’immaginario occidentale e italiano. Quello che è cambiato negli ultimi tempi è che – da una parte la crisi delle edicole, dall’altra la decisione di alcune catene di librerie di cominciare a venderli, oltre all’espansione del commercio online – il manga ha iniziato a finire sotto la lente dalle società, come Gfk, che registrano le vendite dei libri nei canali deputati (cioè librerie, indipendenti e di catena, grande distribuzione e store online) e producono le classifiche che leggiamo sui giornali.
Per chi volesse farsi un’idea di questo fenomeno, quest’anno sono uscite quelle che potremmo considerare un po’ l’alfa e l’omega. L’alfa è una bellissima riedizione di Akira di Katsuhiro Ōtomo (Panini editore) in sei volumi che riproducono con encomiabile fedeltà l’edizione giapponese (a partire dal senso di lettura: i manga si leggono dal fondo e da destra verso sinistra).
È impossibile sopravvalutare l’importanza di Akira nella storia del fumetto giapponese e in generale dell’immaginario pop degli ultimi quarant’anni: non fosse altro perché è stato uno dei primi manga a venir tradotto in Europa all’inizio degli anni Novanta. Un’esplosione visiva che ritroviamo oggi sedimentata in molti autori, anche italiani.
Ecco l’omega allora, l’esito di questa parabola: il tratto certosino, dinamico e visionario di un artista italiano come Lorenzo Ceccotti che da poche settimane ha mandato in libreria il suo nuovo volume, Geist Maschine (bao editore), in cui suggestioni giapponesi, a cominciare dal clima post-apocalittico degno del Miyazaki di Conan, il ragazzo del futuro, rivivono in una Roma reinventata ma folle e decadente come quella di oggi.
Il ritorno delle riviste
Chiusa questa parentesi, torniamo a che anno è stato per i libri. Se per il mercato si possono dare cifre e parole sicure – e in una certa misura confortanti – lo stesso non si può dire per l’immagine complessiva che il mondo dei libri restituisce. L’impressione è che, nonostante i tanti e ripetuti inviti alla ripartenza, a lasciarsi tutto alle spalle, a tornare al “mondo di prima”, il panorama culturale sia dominato dal virus e dalle conseguenze di una pandemia tutt’altro che superata. Un tempo sospeso, allora, ancora profondamente di passaggio, immerso in una luce umbratile che non si sa se è del tramonto o dell’alba.
Quindi da una parte un grande desiderio di evasione, di saghe storiche, di gialli e crime, di libri di influencer o personaggi televisivi, dall’altra le proposte più interessanti dal punto di vista letterario o delle idee sono disperse in una coda lunga di titoli, magari anche numerosi ma poco letti, dalla circolazione limitata e non intercettati da una discussione culturale disgregata tra terze pagine che pagano la crisi dei giornali e social tribalizzati e distratti da eterni (e sterili) flame o polemiche virali (in entrambi i sensi).
Su internet si salvano solo le riviste, come Doppiozero, Il Tascabile, Rivista Studio, o altre più nuove come Siamomine, Limina, Singola, o gli articoli in italiano de Le Grand Continent. Un ritorno alla rivista, alla forma rivista, anche cartacea, che è forse uno dei pochi elementi interessanti di questo biennio pandemico: dal costante successo di Passenger, la rivista di luoghi e città di Iperborea, alle più recenti Cose, rivista libro monogrfica del Post, i racconti di K diretta da Nadia Terranova e pubblicata da Linkiesta, e Sotto il vulcano di Feltrinelli diretta da Marino Sinibaldi.
La consapevolezza contro il limbo
Ma, ecco, è stato un anno difficile da decifrare. C’è una moltiplicazione dell’offerta di storie, intrattenimento, distrazione che arriva soprattutto attraverso il digitale (dai podcast alle serie, alle piattaforme di streaming video, pure i festival cinematografici fanno proiezioni online, fino all’ansiogena infinità dei social), ma anche l’editoria, con la sua tendenza alla sovraproduzione, ci mette del suo.
Non a caso molti iniziano a indicare questa come “l’età della sovrabbondanza”, una molteplicità di offerta che alla lunga acceca e impoverisce, soddisfa le nicchie ma azzoppa la possibilità di una discussione più ampia, collettiva. Pensiamo a quell’hegeliano cattivo infinito che sono i social: uno scrolling senza fine di notizie brutte, notizie false, notizie allarmanti, notizie inutili, notizie soprattutto, dispersive.
Uno yoga da fermi
I libri invece, anche quelli lunghi, hanno una fine, richiedono attenzione prolungata, sono uguali per tutti quelli. Non è possibile immaginare allora lo spazio-tempo limitato e chiuso del libro come l’occasione per la consapevolezza? Quella consapevolezza di cui sentiamo così tanto la mancanza in questi tempi strani?
Quell’attenzione, quello sguardo rivolto all’interno che sa poi aprirsi al mondo? Per questo i dieci libri di Domani del 2021 sono tutti legati all’idea di consapevolezza, di attraversamento lento – anche faticoso, perché no, se è una fatica che rinfranca e arricchisce. Compagni di viaggio, tutti molto diversi, per questi tempi complicati, dolorosi, confusi, rabbiosi. Un invito a aprire un occhio interiore.
I libri dell’anno
Anne Carson, Economia dell’imperduto, Utopia, traduzione di Patrizio Ceccagnoli. Una delle massime poetesse americane mette a a confronto due economie, quella della poesia e quella del denaro, Celan e la poesia greca antica, Marx e il lutto. Per una consapevolezza dell’impensato: il pochissimo, il quasi niente, il minimo oltre il quale c’è il nulla. E che però vale tutto.
Ursula K. Le Guin, La mano sinistra del buio, Mondadori, traduzione di Chiara Reali. Una nuova traduzione per il capolavoro di Le Guin del 1969, scritto come se fosse un rapporto antropologico da un pianeta alieno i cui abitanti cambiano sesso nel corso della vita. Per una consapevolezza della meravigliosa complessità di identità, genere, sesso.
Daniel Mendelsohn, Tre anelli, traduzione di Norman Gobetti. Tutta la Recherche di Proust è la storia di una presa di coscienza: che le due strade, quella dalla parte di Swann e quella dalla parte dei Guermantes, che hanno ossessionato il Narratore fin da bambino, sono in realtà due versi dello stesso anello. Per una consapevolezza di come la vita (e le storie che usiamo per raccontarla) sia fatta di grandi e piccoli anelli che si allontanano, fanno giri immensi e poi ritornano arricchiti di gioia o di dolore.
Matteo De Giuli, Nicolò Porcelluzzi, Medusa. Storie dalla fine del mondo (per come lo conosciamo), Nero editions. “Quello che sta avvenendo” a livello climatico e di trasformazioni ecologiche, ma affrontato lateralmente: con la letteratura, la filosofia, le conseguenze sulla nostra vita interiore. Per una consapevolezza di come il grande si ripercuote sul piccolo, e viceversa.
Benjamín Labatut, Quando abbiamo smesso di capire il mondo, Adelphi, traduzione di Lisa Topi. Il racconto della scienza novecentesca come se fosse un film dell’orrore e/o una storia fantastica. Per una consapevolezza dell’importanza di non capire tutto.
Susan Sontag, Davanti al dolore degli altri, nottetempo, traduzione di Paolo Dilonardo. L’editore nottetempo sta da qualche tempo ripubblicando tutta l’opera di Sontag, e già per questo andrebbe premiato. Quest’anno è uscito un testo già classico anche se del 2003 sull’intreccio tra visibilità e dolore, sofferenza e mercificazione. Per una consapevolezza del dolore e del suo posto nella vita.
Brian Dillon, Inseguendo eclissi. Il piacere inafferrabile di una frase, il Saggiatore, traduzione di Andrea Sirotti. Dillon prende ventisette frasi di grandi scrittori, da George Eliot a Samuel Beckett, da Virginia Woolf a Roland Barthes, passando per Shakespeare e Didion, e le legge. Tutto qua. Ma è una lettura così attenta, ravvicinata, concentrata, da essere illuminante, esplosiva. Per una consapevolezza che dalla lettura si propaghi alla vita.
Susanna Clarke, Piranesi, Fazi, traduzione di Donatella Rizzati. Un uomo si sveglia dentro un palazzo grande come un mondo, attraversando stanze misteriose e enigmatiche. Uno dei più bei romanzi fantastici dell’anno. Per una consapevolezza dell’enigma in cui siamo immersi.
Elizabeth Hardwick, Notti insonni, Blackie, traduzione di Claudia Durastanti. «Una rassegna di ricordi fugaci, uniti dall’intelligenza e dalla bellezza della prosa» ha scritto Sally Rooney di questo libro del 1979 ibrido e indefinibile scritto da una delle grandi intelligenze della cultura newyorkese del secondo Novecento, e ultima modernista. Per una consapevolezza, che spesso abbiamo nelle notti insonni, dei ricordi e di come placarli.
Michele Masneri, Stile Alberto, Quodlibet. Autoritratto di Masneri in forma di biografia dell’amato Arbasino. Per una consapevolezza di come la personalità si nasconda e riveli nei dettagli dello stile.
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