È un duro mestiere, quello della popstar in Italia. Negli ultimi dieci anni, il nostro mercato musicale è stato travolto da un’ondata di autarchia, e ci siamo dovuti attrezzare: ci siamo accorti che non avevamo la nostra Britney né la nostra Gaga, per non parlare della nostra Madonna, c’era un’enorme voragine sulla casella femminile della musica ballabile, sexy, spensierata e luccicante che andava riempita.

Certo, siamo la patria che ha dato i natali a una diva mondiale come Raffaella Carrà, ma non è la stessa cosa. Sì, ci sono Donatella Rettore, Loredana Bertè, Anna Oxa, Giuni Russo, ci sono state persino le Lollipop, esperimento da laboratorio televisivo che puntava ai grandi numeri delle girl band in stile Spice Girls, ma non è esattamente lui il filone di cui stiamo parlando.

Paola e Chiara, negli anni Zero, un po’ si avvicinavano a quello spirito di sensualità canora, succinta e ammiccante, e difatti lo hanno rivendicato con orgoglio nell’ultimo Sanremo: in discoteca dopo vent’anni siamo ancora noi le più ballabili, chapeau.

Poi qualcosa è cambiato, le nostre classifiche sono diventate una sfilza di nomi brevi e non di immediata comprensione ma di provenienza rigorosamente italica, Lazza, Rkomi, Rondo, Paki. E poi sono arrivate loro, Elodie e Annalisa.

La fine del derby

Non che prima non ci fossero, chiaro. Sono anni che entrambe dedicano anima e corpo alla costruzione di un ruolo decisivo e rispettato nel mercato musicale italiano, sbagliando, cambiando, restando spesso sottotraccia. Eppure, è solo in tempi recenti che le abbiamo consacrate a portatrici del fuoco sacro del pop, elettropop, disco pop, che abbiamo deciso che fossero loro le nostre Dua Lipa.

Dopo decenni di sudditanza dallo stardom anglofono, ora ce la cantiamo e ce la suoniamo noi ma senza chitarra in mano, nonostante siano italiane vere: cambi d’abito, coreografie con bonazzi sudati, ritmi incalzanti, testi ammiccanti, «Ehi garçon, ho un’idea», e che idea sarà mai?

Come ci si poteva immaginare, il moralismo all’italiana, quel tocco di Don Camillo e Peppone che ci rende la straordinaria penisola che siamo, non poteva perdersi un’occasione ghiotta come quella di avere due donne disinibite che fanno ciò che altre hanno fatto per decenni prima di loro per puntare il dito contro l’oscenità, ma di questo non ci preoccupiamo, anzi, ne ridiamo.

Piuttosto, serviva che le due dive condividessero fisicamente un palco, cantando insieme davanti a migliaia di persone, per porre fine alla guerra civile che infuoca gli schieramenti di fan e che viene ben parodizzata da Brenda Lodigiani nel programma della Gialappa’s. Perché non ci bastavano quelli del calcio, di derby, era necessario averli anche nella musica.

La sacra alleanza

La pace di Vestfalia del pop femminile italiano si è firmata il 9 dicembre, nell’ultima data del tour di Elodie, al Mediolanum Forum di Assago. Le malelingue che le volevano nemiche giurate, sfidanti per una sola corona, si sono dovute placare di fronte all’evidenza dei fatti: non è una monarchia, è una diarchia.

Due storie parallele che condividono alcuni punti centrali delle rispettive trame e che si incontrano all’apice del rispettivo successo, una parabola ascendente di perseveranza che dimostra ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, la lungimiranza di Maria De Filippi.

Entrambe seconde classificate ad Amici, Annalisa nel 2010, Elodie nel 2016, entrambe con esperienze sanremesi alle spalle senza particolari exploit – prima che Sanremo diventasse quel Sanremo del palco ambito e prestigioso – negli anni in cui essere una cantante di Amici, per un certo tipo di pubblico, era più una macchia che una medaglia, entrambe con una svolta di successo e una quadra estetica raggiunta dopo aver superato i trent’anni.

Emma e Sandrina

ANSA

Elodie e Annalisa, difatti, non sono Emma Marrone e Alessandra Amoroso, nonostante il brodo primordiale che le ha partorite sia lo stesso. Emma e Sandrina, sebbene siano delle cantanti che contano straordinari successi, restano inquadrate in quel filone defilippiano che associamo inevitabilmente a tutti i luoghi e tutti i laghi, alle tute Dimensione Danza, ai ciuffi piastrati e alle voci possenti e distrutte da amori tormentati.

Emma, che è stata una grandissima coach proprio per Elodie, motivandola quando ancora la sua bellezza veniva soffocata da una decolorazione aggressiva e dalle castiganti divise in microfibra della scuola di Amici, non è un’artista da coreografie di fuoco su pali di lap dance. Sandrina non è il tipo di donna che «quella volta ti aspettavo in Saint Laurent, ero bellissima», semmai è una da «che stupida che sei, che non ti sprechi mai».

Unite

Ora Elodie è lontana anni luce dalla ventenne che sui banchi di Maria imparava a misurare la sua veracità un po’ sora Lella un po’ Gallo Cedrone, ha trasformato quella carica di fiera borgatara in una bomba atomica di sensualità e spregiudicatezza.

Annalisa, che per anni è stata la brava ragazza laureata in fisica, voce straordinaria ma poca riconoscibilità, tanti featuring, molta Siae, abiti sbagliati abbinati a una tinta da sciura, ora si veste di latex, ha colto la giusta tonalità di rame e parla di promiscuità in discoteca con arrangiamenti che sembrano un mix tra una canzone di The Weeknd e una di Julian Casablancas.

Che le due possano essere nemiche giurate, dopo che per anni hanno inseguito il posto in prima fila e adesso sono entrambe in vetta, non più studentesse spaesate, facinorose, indisciplinate e timide ma donne mature, con un disegno preciso di ciò che vogliono essere per il mercato musicale italiano, sarebbe in effetti un buon espediente narrativo per continuare questa gara su due binari paralleli, così diverse ma così simili.

Se invece le due reginette si alleano raddoppiando il potenziale, alla faccia di chi sminuisce la semplicità efficace del giro di do e delle hit orecchiabili, o di chi si indigna di fronte a un fondoschiena tanto bello che nasconderlo sarebbe proprio un peccato, allora forse è davvero l’alba di una nuova era. L’era della popstar italiana, e speriamo che sia femmina.

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