Non credo di essere l’unico che sta dedicando l’estate a leggere o rileggere l’opera di Valerio Evangelisti. Il romanziere italiano è scomparso in primavera all’età di 69 anni, lasciando a molti di noi lettori, magari ex-lettori, sia la curiosità di rituffarsi nella sua opera che la spiacevole sensazione di non essere ancora stati all’altezza nel celebrarlo. Ovvero non come uno dei tanti scrittori italiani degli ultimi trent’anni ma come uno dei più grandi, uno dei pochi che rimarrà, uno dei pochi che è già rimasto. Basta vedere le continue ristampe dei suoi libri.

Eymerich e oltre

Arrivato alla fama dopo i quarant’anni e per giunta attraverso la narrativa di genere - fantascienza, romanzo storico e d’avventura - Evangelisti non ha fatto in tempo a essere canonizzato dai custodi della cultura legittima; mentre per la generazione che era rimasta folgorata dalla lettura del ciclo di Eymerich a vent’anni, e qui parlo anche per me, alla notizia della sua scomparsa quei ricordi erano oramai troppo sbiaditi per permetterci nell’urgenza di mettere su nero su bianco un ricordo - figuriamoci un bilancio critico - sensato. 

Per troppo tempo la nostra generazione si è impuntata a uccidere padri e fratelli maggiori. A rendergli omaggio infatti sono stati soprattutto i suoi compagni di avventure letterarie, la combriccola del cosiddetto New Italian Epic, a partire da Wu Ming. Col rischio di associare il suo nome a una “stagione” e di farlo giusto per il tempo di un necrologio. Fortunatamente l'opera di Evangelisti resterà negli anni e avremo anni per leggerla, rileggerla e commentarla.

Ci provo anch’io, allora, fresco del ripasso estivo (Evangelisti è, non suoni come una diminutio, una perfetta lettura da spiaggia) di alcuni romanzi che non avevo letto all’epoca, tratti da diversi cicli: quello dei pirati, quello americano e quello del Risorgimento italiano. Tutti, così come i tre volumi dell’edizione integrale di Eymerich, sono disponibili per Mondadori, l’editore che nel 1994 aveva lanciato Evangelisti nella storica collana Urania. 

Coincidenze e sovrapposizioni

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Ogni tanto pare che la realtà si sfaldi, lasciando intravedere tra le sue crepe gli indizi di un ordine segreto. Il “rovescio della storia” lo chiamava Balzac, che con la sua Commedia Umana ha introdotto la paranoia in letteratura due secoli fa.

Questo accade anche nell'opera di Valerio Evangelisti. Tra le pagine di un suo romanzo, One Big Union, incontro la figura di William J. Burns, direttore di un’agenzia investigativa specializzata nell’infiltrare e contrastare i sindacati nei primi anni del Novecento in America, da lì promosso a direttore di un’agenzia federale che conserva i medesimi obiettivi di controllo sociale, il “Bureau of Investigation”, che diverrà poi Fbi; ma facendo una ricerca in rete sul nome William J. Burns come primo risultato appare… il nome dell’attuale direttore della Cia.

Scartato l’impossibile, ovvero che lo stesso uomo governi i servizi d’informazione americani da un secolo, ciò che rimane, per quanto improbabile, dev’essere la verità. Entrambi questi William J. Burns sono reali, oltre che perfettamente omonimi: il primo e l’ultimo spione in capo del governo americano. Vertigine. Sollevando la superficie della storia per osservare la fodera interna, ecco che troviamo le sue grossolane cuciture. Paranoia? Letteratura.

Evangelisti ha scritto il suo romanzo dieci anni prima che il secondo Burns ottenesse il ruolo. One Big Union è un affresco realista degno (appunto) di Balzac, che della nascita dei sindacati in America racconta la storia ma anche il suo rovescio: ovvero che lo stato raramente è un nemico del capitale, più spesso un suo complice. Ma tra infiltrazioni e contro-infiltrazioni (i modelli classici della spy story metafisica restano L'agente segreto di Joseph Conrad e L'uomo che fu Giovedì di Gilbert K. Chesterton) non è mai facile capire chi sta da una parte e chi dall’altra.

In effetti One Big Union non è altro che la storia di un uomo che passa la vita a mimetizzarsi tra gli sfruttati senza accorgersi che il vero sfruttato è lui. Anche quando non scrive fantascienza, dietro la scrittura di Evangelisti c’è sempre l’ombra di un altro grande scrittore paranoico: Philip K. Dick.

L’inferno sul fondo del mondo

Queste sfaldature, queste sovrapposizioni, queste coincidenze (involontarie o volontarie che siano) sono ricorrenti nell’opera dello scrittore bolognese. L’intera storia della modernità, dai fermenti ereticali del basso Medioevo fino alle lotte operaie della civiltà industriale, vi appaiono come manifestazioni non di una trama unitaria - sarebbe troppo semplice - ma sicuramente di una medesima dialettica tra forze contrastanti, avvinghiate nell'abbraccio di una lotta antichissima. Proprio come nell’opera di Dick, che descrive le conseguenze di questa lotta antichissima, risalente all’impero romano, nella trilogia di Valis.

Come in Balzac, dietro allo storytelling borghese appare il gioco di forze occulte. Scopo della letteratura, infatti, era per il grande scrittore e fervente controrivoluzionario “scoprire l’inferno sul fondo del mondo e, dove era l’inferno, fare intravedere la luce”. 

Per usare un riferimento più pop, l’universo di Evangelisti è coerente come la continuity dei supereroi. E non soltanto perché nei romanzi di Eymerich si spazia dal passato al futuro, lasciando intendere che quello che è accaduto ai tempi dell’Inquisizione possa essere causa di qualche fenomeno contemporaneo che rischia di arrivare a maturazione tra cent’anni, nella forma di qualche orribile distopia. Ma inoltre perché tra i diversi romanzi, dal primo all’ultimo, vi sono ponti e passerelle più o meno impliciti.

I pirati di Tortuga? Sono seguaci delle eresie protestanti combattute da Eymerich, e si presentano come immagine di un mondo futuro caratterizzato dall’egoismo, dalla violenza, dal sopruso: insomma del capitalismo, suggerisce Evangelisti, che proprio nel Seicento inizia ad assumere i suoi contorni. I sindacati di Antracite e One Big Union? Attori di uno scontro secolare tra forze del bene e forze del male, che risale su fino agli antichi riti pagani.

Il senso della Storia

La figura di Eymerich è ambigua: se e a prima vista potremmo considerarlo come un araldo della modernizzazione capitalistica che contrasta le resistenze cripto-pagane che emergono nell’eresia, a un esame più attento appare semmai come la diga (nella teologia apocalittica, il katechon) apposta ai fermenti del protestantesimo che con sé portano, come insegnava il sociologo Max Weber, lo spirito del capitalismo.

Evangelisti antimoderno? L’ambiguità di Eymerich è anche la sua forza, ma se c’è una cosa sulla quale Evangelisti non è ambiguo è l’appoggio incondizionato alle donne e agli uomini in lotta per la libertà. Lo si vede più chiaramente negli ultimi romanzi sul Risorgimento, tentativo (forse non del tutto riuscito) di offrire all’Italia un mito all’altezza della Comune di Parigi.

Il recente 1849 racconta appunto la storia esaltante della Repubblica romana, degna prosecuzione dei moti del 1848 ma soprattutto rovesciamento ideale del 1984 di Orwell: se il romanzo inglese descriveva la distopia verso la quale la società moderna rischia in ogni momento di scivolare, in una sorta di incrocio aberrante tra capitalismo e stato sovietico, quello di Evangelisti scombina le cifre della data per proporre una contro-distopia, cioè un’utopia.

Effetti perversi

Nel tenere assieme l’avventura umana dall’alba del paganesimo al futuro più fantascientifico, passando da ogni longitudine e latitudine, usando come snodi alcuni momenti paradigmatici, Valerio Evangelisti ha composto un’originale riflessione romanzesca sulla Storia.

Una riflessione sul ruolo degli individui e delle loro lotte, innanzitutto, che con la loro volontà impongono nuove direzioni impreviste ma più spesso si fanno trascinare dalla corrente. Sul ruolo della violenza, anche, come fattore (inevitabile) di mutamento sociale. E in fondo soprattutto sull’opacità delle cause, sulle traiettorie inspiegabili degli effetti perversi di singole decisioni che a distanza di secoli assumono un segno opposto a quello per il quale erano state concepite, magari al termine di una sequenza imprevedibile di rovesciamenti.

Così di rovesciamento in rovesciamento s’incide sul rovescio della Storia una trama complessa e inestricabile, alla quale solo la letteratura può cercare, in qualche modo, di dare un senso.

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