Fabrice Neaud è autore dell’immensa opera Diario pubblicata in Italia da Tunué. È cofondatore della casa editrice “Ego comme X”, dove nel 1994 pubblicò le sue prime opere. Questo segnò l'inizio dell’opera a fumetti Diario, ambizioso progetto autobiografico a fumetti. Il primo volume fu pubblicato nel 1996, l'anno successivo ricevette il premio Alph'art ad Angoulême. Neaud non è solo un diarista, ma anche un artista che affronta tematiche sociali, inclusa l'omofobia.

Diario offre uno sguardo sulla Francia degli anni '90 attraverso le esperienze amorose travagliate di un giovane omosessuale. Neaud affronta le discriminazioni e le sfide del precariato mentre racconta di incontri fugaci, amori non corrisposti, lavoro e viaggi. Ma questa narrazione personale diventa una riflessione più ampia sulle scelte, i condizionamenti sociali e la costruzione dell'identità. Il fumetto è utilizzato come strumento per esplorare temi universali, generando nuovi conflitti nella sua vita reale che poi trasforma in narrazione. Diario rappresenta un'indagine appassionante sulla condizione omosessuale, sull'amore e sull'auto-rappresentazione nell'arte del fumetto.

Lei è indubbiamente un autore di immenso talento, che ha trascorso anni a raccontarsi. Esiste una frase o un concetto in cui si riconosce particolarmente?

Uno solo? Non proprio. Alla rinfusa, direi: ritratto, struttura, dipinto, ritmo, e altrimenti, utilizzerei piuttosto un vocabolario musicale: crescendo, maggiore, sonata, partita, oratorio.

Loïc Néhou le disse: “Raccontarsi equivale al discredito assicurato tra quelli che hai intorno. Ti farai nemici dappertutto, devi saperlo”. Cosa ne pensa ora di quella frase?

Più giusto e più vero che mai. Lo vediamo anche solo nelle “angry reacts” e le “shitstorm” sui social media: la minima parola sbagliata, la minima frase mal formulata o mal interpretata possono valere la scomunica dagli ambienti ai quali pensiamo di appartenere o ai quali ci hanno già assegnati d’ufficio. Figuriamoci con la complessità di un libro di cui chiunque può pensare qualunque cosa, soprattutto senza averlo letto, o avendo letto un breve estratto già indicato e indirizzato da altri, o solo la lettura e l’interpretazione di altri, che non si saranno nemmeno loro presi la pena di leggerlo.

Diario rappresenta un frammento della sua vita che ha voluto condividere con il mondo oppure in certi casi un peso di cui necessitava liberarsi? Qual è stata la spinta personale che l’ha portata a creare un'opera così intima?

Per prima cosa, io sono soprattutto un autore di fumetti, autore e disegnatore. Non mi sono detto un giorno “racconterò la mia vita”. È un insieme di circostanze, specialmente l’incontro con Loïc Néhou, che mi ha leggermente spinto, che mi ha condotto a questo progetto. All’inizio, come racconto nelle prime pagine del primo volume, ho iniziato, infatti, sull’impulso di Loïc, a disegnare delle pagine solo per me stesso (una sorta di “vero” diario, insomma, anche se questa nozione di “vero” per me non ha più alcun senso). Ed è quando gliele ho mostrate che si è convinto che bisognava pubblicarle, che era ciò che voleva vedere nel suo futuro progetto editoriale che sarebbe diventato qualche tempo dopo Ego comme X. Ed è anche davanti al successo (relativo) di quest’avventura che ho continuato… Poi è rapidamente diventata una necessità continuare, in realtà, di fronte alle reazioni di un pubblico per cui sembrava altrettanto indispensabile che per me. Ma io sono soprattutto un disegnatore. Lavoro le forme.

Diario è un’opera cruda. Oltre agli elogi, negli anni, quali critiche o problematiche ha incontrato per questa pubblicazione?

Quando mi dicono “crudo” o anche “intimo” e “sincerità”, sussulto. È tutto il contrario. Nessuno può sapere se è “nudo”, se è “crudo”. In base a quali prove? Dissimulo molto più di quanto non mostri. Al contrario, molte persone “preoccupate” dalle mie pagine sosterranno che mento, perché non gli è piaciuto, perché non li ho disegnati come loro si vedono, come si credono… In realtà, come ho detto prima, sono un disegnatore e autore. Lavoro la forma. Non importa il materiale di partenza, l’importante è applicare una forma, un’estetica. I vagiti “crudi” di un qualunque energumeno nella sfera pubblica non avrebbero alcun interesse. Bisogna articolare. E questo è il lavoro di ogni artista.

Un'autobiografia così intensa e schietta offre una prospettiva profonda e unica sul mondo personale dell’autore. Negli ultimi anni, soprattutto sui social, si è diffusa la tendenza a esprimere la propria vita e intimità tramite fumetti o vignette. Lei cosa ne pensa?

Quello che noto nelle autobiografie più recenti, nonostante non pochi dei loro autori si dichiarino di mia derivazione, siano venuti a conoscermi o a farmi domande per sapere come dovevano fare, è che loro hanno già integrato l’autocensura… abbiamo quindi piuttosto delle finzioni banali, solo abbellite da un argomento mediaticamente spendibile: “ho una plusdotazione”, “ho tentato il suicidio”, “il mio compagno è Uiguro”, “sono vegan e trans”, eccetera. Danno la propria faccia all’avatar che racconta la storia, ma fanno sempre Tintin. La maggior parte delle volte, mi costerna.

All'interno di Diario lei descrive l'esperienza di un autore di fumetti che affronta le difficoltà del precariato e le discriminazioni sociali rivolte agli omosessuali. In che modo il mondo è cambiato rispetto a quel periodo?

Non noto delle “evoluzioni” nel senso positivo del termine. Noto degli spostamenti, dei cambi di terreno. La situazione resta sottomessa a delle leggi come alla meccanica dei fluidi. I gay ricchi se la passeranno sempre meglio di quelli poveri. Il “matrimonio” ha risolto il problema solo alla sommità della catena alimentare. Perché per potersi sposare bisogna potersi incontrare, prima, quindi creare le condizioni di possibilità d’incontro. Adorano parlarmi di app di incontri come Grindr. Personalmente, non ha cambiato nulla nella mia vita. E dato che gli etero sono gli stessi, è un gioco a somma zero. Quindi i problemi restano gli stessi, con le stesse violenze, giusto forse un po’ spostate... altrimenti non andremmo più a fare la “caccia tra gay” nei parchi. Oggi la facciamo ancora… ma facciamo anche gli agguati sulle app d’incontri… bisogna essere ciechi per pensare che la situazione sia migliorata. Non facciamo altro che ottimizzare e monetizzare l’integrazione delle persone già al di sopra della linea di galleggiamento sociale. Al di sotto, è sempre una giungla. Con, di peggio, la convinzione dei “progressisti” secondo i quali delle condizioni di vita che loro non vivono, non conoscono, sarebbero migliorate. Il che è totalmente falso.

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