- Venduta all’asta nella sede londinese di Christie’s della sapida felpa di Volodymyr Zelensky da lui utilizzata in tutte le dirette tv, battuta alla fine (dallo stesso Boris Johnson) alla manco incredibile cifra di 90mila sterline.
- L’incredibile potere del vestire, la sua forza arcaica che gronda di potere (nei secoli dei secoli), la sua magica capacità di comprimere e poi sprigionare forza erotica.
- Da un lato c’è il ritorno, qualche anno fa, della Linea rossa di Prada con le sue divise rigorose. Non a caso il marchio è vestito anche dal dittatore ceceno Kadyrov, che esibì degli anfibi Monolith all’inizio della guerra. Dall’altro lato c’è il verde green screen lanciato da Bottega Veneta e che si vede ormai un po’ dappertutto: il colore indossato dal leader ucraino sembra chiudere quella stagione di realtà virtuale per riportarci alla realtà e basta, quella più dura.
La vendita all’asta nella sede londinese di Christie’s della sapida felpa di Volodymyr Zelensky da lui utilizzata in tutte le dirette tv, battuta alla fine (dallo stesso Boris Johnson) all’incredibile cifra di 90mila sterline, prova quello che già si diceva un paio di volte su queste pagine: l’incredibile potere del vestire, la sua forza arcaica che gronda di potere (nei secoli dei secoli), la sua magica capacità di comprimere e poi sprigionare forza erotica. Questo senza nulla togliere al supporto economico/politico (della vendita all’asta) alla causa, sia chiaro. A questo punto è inutile nascondere l’attrazione sessuale che la resistenza fisica e stilistica del presidente ucraino sta provocando sul pubblico mondiale, viste le apparizioni quotidiane immancabili del nostro, ritornato da poco nelle conferenze stampa (forse anche per questioni stagionali) alla t-shirt attillata e basta, dal momento che la felpa è andata.
A proposito, come non addurre come prova la nuovissima maglietta “I am ukrainian” sfoggiata dallo stesso Zelensky in un piccolo video di 15 minuti, sparato fuori in occasione del Giorno della memoria, coi palazzi distrutti dietro. E la memoria corre subito (a proposito di merchandising) a certi video musicali degli U2, ed eccoli lì, subito, proprio loro, che suonano nella metropolitana di Kiev (per una volta con sincronismo adatto ai tempi).
La potenza del monocromo
Non entriamo qui nel troppo complesso esame di ciò che la t-shirt rappresenta come vettore semantico/politico. Lo faremo un’altra volta. Concentriamoci invece sull’uniforme tutta verde del capo di stato ucraino, tutt’altro che casuale vista la sua persistenza senza alcuna variazione.
Potenza del monocromo, per di più. Che maggiormente sottolinea il corpo, lo rende forte e ieratico, compatto, perturbante, umano e super eroico insieme (come, banalmente nel recente The Batman, con supertuta/armatura carenata nerissima. mai così sadomaso, con tanto di scricchiolii del latex del mantello in surround).
Abbiamo chiesto in giro - mentre si attende, con sentimenti ormai impazziti, il proseguo o meno del conflitto, e fino a che punto - quali potrebbero essere i riferimenti (inconsci o reali) con la moda dell’ultima stagione.
«Se parliamo di “uniforme” - dice Julian Ganio, uno dei migliori stylist degli ultimi 15 anni, oggi anche in modo regolare per Fendi – allora Margaret Howell è la maestra, e sempre lo è stata, e al livello più chic. E anche se lo sta facendo da oltre 50 anni, è infinitamente più moderna di molte delle cose che si vedono in giro. Ed è tutto uniforme e abbigliamento “utile” o da lavoro. Senza dimenticare naturalmente che Helmut Lang fece tutto questo anni fa».
Oltre all’eredità di Lang, possiamo citare il lavoro di Kanye West (in particolare quello per Yezzy), un grande artista e designer afroamericano, il lavoro che ha molte risonanze con tutto ciò, in particolare quello coordinato dall’artista Vanessa Beecroft.
«Tutto puntava sul “non essere visti” appropriandosi del significato del camouflage totale e direzionandolo verso un gesto politico», dice Lenard Giller, artista e coautore con il designer di moda Kostas Murkudis. «L’unica collezione monocroma della stagione è quella tutta rosa di Valentino – dice Sergio Zambon, designer della linea di ultra successo Moncler Genius e da sempre affilato analista delle mutazioni dei consumi, – e poi c’è lo sportswear luxury nel quale il monocolore non smette di imperare: kaki, non a caso, e bianco in particolare. Molto interessante il caso di Fear of God, talmente influente da essere indicato come successore di Virgi Abloh. La candidatura è caduta dopo l’affermazione dello stilista sull’inutilità dei matrimoni gay».
Icona per sempre
Il duo curatoriale (di arte contemporanea e ben oltre) Francesco Urbano Ragazzi dice infine: «Per capire in che modo il verde totale di Zelensky può parlare alla moda bisogna considerare due estremi. Da un lato c'è il ritorno, qualche anno fa, della Linea rossa di Prada con le sue divise rigorose (si veda l'autunno/inverno 2019). Non a caso il marchio è vestito anche dal dittatore ceceno Kadyrov, che esibì degli anfibi Monolith all'inizio della guerra. Dall'altro lato c'è il verde green screen lanciato da Bottega Veneta e che si vede ormai un po' dappertutto: il colore indossato dal leader ucraino sembra chiudere quella stagione di realtà virtuale per riportarci alla realtà e basta, quella più dura».
Occorre davvero, adesso, ritornare dentro le tute militari in campo, quelle dei battaglioni, i cunicoli, le fosse, dove il corpo trionfa in ogni forma possibile, e l’uniforme si apre, esplode, si dilania. Fin dall’inizio del conflitto si parla di tentativi continui di far fuori Zelensky da parte dei russi. Beh, in tal senso, alla peggissimo, la sua felpa verde è salva, iconizzata per sempre.
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