L’artista celebre per le sue figure voluminose si è spento a 91 anni nella sua casa nel Principato di Monaco. Le sue statue sono disseminate per l’Europa e per il mondo. Il presidente della Colombia Gustavo Petro lo definisce «Il pittore della nostra violenza e della pace»
«L’artista colombiano più grande di tutti i tempi», come titola il quotidiano El Tiempo, è morto venerdì 15 settembre nella sua casa nel Principato di Monaco. Fernando Botero, pittore e scultore le cui note figure voluminose sono rintracciabili nelle strade e nelle piazze di buona parte delle città europee e del mondo, si è spento all’età di 91 anni.
La vita
Nato a Medellín, l’architettura barocca era stata la sua prima fonte d’ispirazione. Iniziò giovanissimo a esporre le sue opere: quasi del tutto autodidatta, dopo essere stato espulso dal Collegio Bolivariano perché i suoi disegni erano considerati osceni, vinse il secondo premio al Salone degli artisti colombiani di Bogotà. Il premio in denaro gli permise di viaggiare per l’Europa, dove studiò le opere di Francisco Goya, Diego Velázquez, Giotto e Tiziano tra gli altri.
Si sposò tre volte: con Gloria Leo, che divenne poi ministra della Cultura in Colombia, con Cecilia Zambrano e con l’artista greca Sophia Vari.
Tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta si spostò spesso tra Messico, Colombia, New York, dove vendette al MoMa la sua celebre Mona Lisa de doce anos, e Parigi. Nel 1983 aprì uno studio a Pietrasanta, che già frequentava assiduamente da tempo: il legame con la località toscana è suggellato dalle opere che l’artista donò al comune, come il Guerriero in piazza Matteotti, una scultura in bronzo di oltre quattro metri.
I volumi
Come nei suoi dipinti, le sue sculture dilatano i loro contorni. Botero ha sempre sostenuto che la sua fosse una ricerca esclusivamente volumetrica: «Sono interessato alla sensualità della forma. Se dipingo una donna, un uomo, un cane o un cavallo, lo faccio sempre con l’idea del volume», disse in un’intervista a El Mundo.
Nei primi anni Duemila, nella sua opera entra anche la politica, fino a quel momento rimasta solo sullo sfondo: inizia a denunciare la criminalità nel suo paese natio, lasciato in mano al narcotraffico nell’indifferenza internazionale. «Leggi di questa violenza, e questo ha un impatto su di te. Come artista vuoi riflettere questa realtà», raccontò al New York Times.
«Il pittore delle nostre tradizioni e dei nostri difetti, il pittore delle nostre virtù. Il pittore della nostra violenza e della pace», così lo definisce su X (già Twitter) il presidente colombiano Gustavo Petro.
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