La nuova edizione si svolgerà dal 18 al 29 ottobre al parco dell’Auditorium della musica. Un programma vasto, che celebra gli esordi di Paola Cortellesi e Margherita Buy, ma anche Isabella Rossellini, premio alla carriera. Novità italiane e internazionali, e il meglio degli altri festival
Non ci sarà nessuna «quota» in quest’edizione della Festa del Cinema di Roma, dal 18 al 29 ottobre. Il criterio di selezione applicato sui film è, molto semplicemente, «ci sono film buoni e film non buoni», come ha spiegato la direttrice artistica Paola Malanga, al suo secondo anno alla guida del festival, alla conferenza stampa di presentazione del programma.
Sotto il poster ufficiale che celebra Anna Magnani, nel cinquantennale della sua morte, Malanga ha ricordato che la manifestazione mette al centro lo spettatore e il gusto di andare al cinema: «Noi abbiamo scelto i titoli che abbiamo voglia di vedere».
Undici giorni di festival, uno in più rispetto all’anno scorso, ma in linea con le manifestazioni di Cannes e di Venezia. L’auspicio, per il presidente Gian Luca Farinelli, è di avere una «festa diffusa, di tutta la città». Non solo l’auditorium Parco della Musica, ma anche il Maxxi, via Veneto e altri luoghi ospiteranno degli eventi.
Il concorso
Film d’apertura, già annunciato in precedenza, l’esordio alla regia di Paola Cortellesi: C’è ancora domani, una storia del secondo dopoguerra con Valerio Mastandrea, Vinicio Marchioni e Emanuela Fanelli. «Spero che a Paola non dispiaccia se prendiamo in prestito il suo titolo, è lo spirito di questa festa», ha detto Malango.
Sono tre i titoli italiani del concorso internazionale: Cortellesi sarà infatti in compagnia di Edoardo Gabbriellini, il cui Holiday è prodotto da Luca Guadagnino, e di Roberta Torre con Mi fanno male i capelli. Che non è un film su Monica Vitti, ha precisato Malango, ma è «una storia sulla memoria, la perdita della memoria e l’invenzione che si costruisce su questa memoria». Nel cast, Alba Rohrwacher e Filippo Timi.
Dal resto del mondo arrivano altre opere prime, come Ashil dell’iraniano Farhad Delaram o Sweet Sue di Leo Leigh, figlio del Mike Leigh di Il segreto di Vera Drake, ma anche titoli di registi già affermati come La ereccion de Toribio Bardelli di Adrián Saba, che sarà il candidato del Perù agli Oscar 2024. Fremont, film statunitense di Babak Jalili, con il protagonista della serie The Bear Jeremy Allen White, è co-sceneggiato dall’italiana Carolina Cavalli, che si è fatta conoscere l’anno scorso a Venezia con il suo primo lungometraggio Amanda.
Le sezioni non competitive
Il programma è vasto, gli spunti tematici – la musica, che passa da Zucchero a Giorgio Gaber, il teatro, le distopie che si avvicinano sempre di più al presente, la stessa città di Roma, come nell’ultimo di Ferzan Opzetek, Nuovo Olimpo, i documentari – si intrecciano e si sovrappongono ai numerosi omaggi previsti.
Isabella Rossellini riceverà il premio alla carriera e, assicura Malanga, sarà presentissima; il compositore Shigeru Umebayashi, anche lui premio alla carriera, è l’occasione per riportare di nuovo sullo schermo In the mood for love di Wong Kar-wai; si ricorderanno Maria Callas, a cui sono dedicati due documentari e il restauro della Medea di Pasolini, e Lorenza Mazzetti, regista e pittrice scomparsa nel 2020, di cui tornano tre corti e un documentario su di lei. Alla domanda su un eventuale aggiustamento di tiro rispetto alla scorsa edizione Malanga ha scherzato: «Il progetto rimane lo stesso. Senz’altro non ci sono meno film».
Una selezione dei migliori titoli presentati negli altri festival porta sullo schermo Anatomie d’une chute di Justine Triet, vincitore a Cannes, The zone of interest di Jonathan Glazer, appena scelto dal Regno Unito come candidato agli Oscar, e La chimera di Alice Rohrwacher.
Non manca qualche anticipazione da Alice nella città, sezione indipendente e parallela del festival, il cui programma verrà svelato nei prossimi giorni: si sa già però che ci saranno le prime due puntate della nuova stagione di Mare fuori, e Il ragazzo e l’airone, il nuovo Hayao Miyazaki a dieci anni di distanza da Si alza il vento, che sarebbe dovuto essere l’ultimo film del regista giapponese.
Da anni i festival lanciano anche i primi episodi delle serie più attese: lo fece Paolo Sorrentino con The Young Pope, e anche Marco Bellocchio con Esterno notte, presentato a Cannes come un unico film di cinque ore. A Roma, tra le altre, si vedranno in anteprima alcuni episodi di I leoni di Sicilia, diretta da Paolo Genovese e tratta dal romanzo di Stefania Auci, La storia di Francesca Archibugi, da Elsa Morante, mentre la narrazione di Suburra prosegue nello spin-off Suburræterna.
Lo sciopero di Hollywood
Così come a Venezia, tuttavia, non può non essere preso in considerazione anche a Roma lo sciopero degli sceneggiatori che va avanti da maggio e il parallelo sciopero degli attori in corso da luglio, per cui gli autori e gli attori si asterranno dal partecipare a eventi (o rilasciare interviste, o svolgere qualsiasi attività promozionale) sui film i cui contratti sono stati stipulati tramite i due sindacati (Wga per gli sceneggiatori e Sag per gli attori).
Un blocco che non riguarda solo gli attori statunitensi. Un titolo fuori concorso come Saltburn di Emerald Fennell (la Camilla di The Crown e la regista di Una donna promettente) vanta un ricchissimo cast di autori britannici, che però lavorano molto negli Stati Uniti con contratti Sag. «C’è il massimo rispetto per chi sta protestando. Per il resto, saranno presenti quelli che potranno esserci», ha commentato Malanga.
Le ispirazioni
Pur avendo scelto di non insistere sul numero di registe rispetto ai registi, Malanga ha voluto sottolineare la presenza femminile dietro e davanti alla macchina da presa. Non soffermandosi solo sulle storie dolorose o di denuncia, ma raccontando chi si rimette in gioco. Sia narrativamente che professionalmente: oltre a Cortellesi, ad esempio, ci sarà anche l’esordio alla regia di Margherita Buy, Volare, di Kasia Smutniak, con il documentario Mur e di Giovanna Mezzogiorno con il corto Unfitting.
Il manifesto di quest’anno, del resto, è dedicato a Anna Magnani, «la ribelle, l’attrice assoluta», come la ricorda Farinelli, che dal poster sorride attorniata dai fotografi, dopo la consegna dell’Oscar per La rosa tatuata. Lo sguardo ridente di Magnani ignora i flash e si gira verso il pubblico: «è lo sguardo che vogliamo rivolgere anche noi, lo sguardo che prende consapevolezza del cinema italiano che è stato e che sarà», ha spiegato Farinelli in chiusura della conferenza.
L’edizione 2023 ha anche un altro padrino: sarà dedicata al ricordo di Giuliano Montaldo, scomparso da poco.
© Riproduzione riservata