Durante Germania-Italia di Nations League, mentre la difesa azzurra era intenta a protestare, uno dei ragazzini a bordo campo ha rimesso in gioco il pallone con Donnarumma fuori dai pali. Un gol da calcetto o da vecchio oratorio: geniale o anti-sportivo? Con l’episodio al contrario avremmo trovato sui giornali tedeschi saggi sull’arte di arrangiarsi. Ora il tavolo si ribalta e il quindicenne Noel riscatta una generazione di giovani accusati di pigrizia
Che la triangolazione sia un principio dell’ordine cosmico lo sanno i gesuiti e anche i ragazzini di Buenos Aires, ma che l’uno-due tra un raccattapalle e un terzino tedesco ne fosse una variante che porta alla destrutturazione del pensiero Spalletti-Coelho (gli alchimisti) apre il dibattito.
Non è più la rapidità del calciatore che destabilizza, ma quella del raccattapalle che diventa pensiero, comandamento e soluzione. Per i pochi che non lo sapessero o che non fossero tedeschi: durante il quarto di finale di Nations League tra Germania e Italia, gara di ritorno, mentre la difesa italiana era distratta e in pressing sull’arbitro Szymon Marciniak, con il portiere Gianluigi Donnarumma – che tutti chiaman Gigio – fuori dai pali dall’area piccola in monologo amletesco tra sé-Marciniak-e la Germania, il terzino tedesco Joshua Kimmich ha battuto il calcio d’angolo trovando Jamal Musiala tutto solo davanti alla porta, alle spalle di Donnarumma. Ha dovuto solo spingere il pallone oltre la linea.
Un gol da calcetto o da vecchio oratorio. Ma la rapidità e la precisione che abbiamo visto intercorrere tra i due calciatori della nazionale tedesca hanno un padre, un raccattapalle, Noel Urbaniak, quindici anni, tanta fantasia e già un assist in nazionale senza nemmeno essere schierato titolare o panchinaro dal CT Julian Nagelsmann. Al ragazzo è bastato uno sguardo con Kimmich – come se fossero due compagni di pallastrada benniana – ed è partita l’azione che ha portato al secondo gol tedesco.
«Cos'è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d'esecuzione». Questa volta non è un toscano a farselo dire, ma tre tedeschi. E buonanotte a Spalletti e al conte Mascetti. Amici miei no, Amici (tra) loro, purtroppo per Spalletti. Mentre Urbaniak come al Luna Park dopo aver buttato giù i barattoli ritira i premi: maglia, pallone con autografo, foto con i suoi calciatori preferiti e biglietti per le prossime partite della nazionale. Gioca con noi.
Noel e i ragazzini tedeschi
Segue giro di interviste con giornali e tivù, e la voce in sottofondo è quella di un paese che scopre la furbizia, la scaltrezza, la rapacità, insomma pure il tedesco si è meridionalizzato. Se un quindicenne tedesco in un attimo trova la complicità di un trentenne e insieme fanno il pacco alla nazionale italiana forse l’Europa sta funzionando, e pure questa è Ventotene.
Lo scambio funziona nonostante gli ostacoli culturali. Perché si fosse vista a Napoli a Palermo a Cagliari a Bari – e non si offenda nessuno – una cosa del genere, con un giovane raccattapalle che inventa il momento per battere il calcio d’angolo della nazionale e portare al gol di rapina mentre gli avversari – colpevolmente – si distraevano, avremmo trovato l’arte di arrangiarsi sui giornali tedeschi e anche su qualche giornale svizzero, e invece c’è stato il contagio e quindi il rimescolamento con i tedeschi che portano la straniazione brechtiana nel calcio, il concetto di Verfremdungseffekt, e allora si parla di risveglio, rinascita, nuova generazione di furbi, con innesti sudamericani e soprattutto destabilizzazione dell’orgoglio italiano. Manco più furbi siete.
Ma come: dopo tutti quei film sulla rigidità tedesca, ora il tavolo si ribalta. È la nuova Europa, peccato che Altiero Spinelli non abbia scritto nulla sulla rapidità dei calci d’angolo, altrimenti lo sportivo diventava politico. Per fortuna che c’è Bertolt Brecht applicato inconsciamente. È probabile che l’imperatore Franz Beckenbauer al posto di Kimmich non avrebbe battuto il calcio d’angolo aspettando la difesa italiana, e non per correttezza o non solo, ma per supponenza, ma questo appartiene al passato, ora la Germania ha scoperto l’ebbrezza della furbizia, sarà per le difficoltà economiche post guerra in Ucraina?
Intanto il gesto di Noel Urbaniak è un gesto di servizio, di altruismo, che va a cozzare con quello che proprio il CT tedesco Nagelsmann aveva detto prima della partita parlando dei giovani: «Sono tutti più impegnati con sé stessi», ragionando sul fatto che c’è poco sport nelle scuole, negli asili, nella società in generale.
I club nel paese sono 90.000, ma un sondaggio per conto del ministero federale della salute ha rilevato che solo il 22% dei ragazzi e il 21% delle ragazze fanno i 60 minuti di esercizio al giorno raccomandati dall’Organizzazione mondiale della sanità. Quasi l’80 percento non raggiunge questo traguardo. Una gioventù pigra riscattata dal gesto di uno scugnizzo. Insomma, anche questa è Ventotene.
È il paradosso italiano che con meno centri sportivi, meno incentivi, meno impegno, meno programmi e basandosi solo su uomini e donne di buona volontà poi si ritrova alle Olimpiadi tra le prime dieci nazioni, con una marea di quarti posti. È il Vangelo che batte il programma ministeriale.
È la soluzione personale che batte l’organizzazione collettiva. È il movimento dal basso che vince, saranno i Noel Urbaniak a cambiare la Germania, come i Gianni Perego di Ettore Scola in C’eravamo tanto amati che cambiarono l’Italia, ovvero i furbi.
I precedenti
Che poi il raccattapalle è sempre stato furbo, i campi tedeschi sono solo l’ultimo approdo. Un po’ la noia, un po’ la voglia di essere ricordati dal campione, costringono il raccattapalle a lavorare di fantasia, una storia di furbizia con svista, simile a quella di Noel Urbaniak, fu quella di Domenico Citeroni, raccattapalle dell’Ascoli, che nel gennaio del 1975 respinse il pallone messo in porta dall’attaccante Giuseppe Savoldi durante Ascoli-Bologna e che l’arbitro Barbaresco – nella parte di Donnarumma – non vide. Poi il raccattapalle incontrò Savoldi alla “Domenica Sportiva” che gli disse: «beh, ti credevo più grande».
Due domeniche dopo un altro attaccante, Giorgio Chinaglia, andando a giocare ad Ascoli con la sua Lazio, si fece portare nello spogliatoio il raccattapalle e gli disse: «Avessi rubato un gol a me, ti avrei strozzato». Alla fine della stagione per quel gol non visto Savoldi non vinse la classifica marcatori.
Citeroni ancora lo intervistano ogni volta che si gioca Ascoli-Bologna. Ma se Chinaglia avvertiva e minacciava, Daniel Passarella, che disse a Gianni Mura «io picchiavo per il piacere di picchiare», prese a calci Maurizio Piana raccattapalle della Sampdoria, giocando a Genova con l’Inter nel marzo 1987, poi dopo le sei giornate di squalifica andò a casa del ragazzo a portargli le scuse e cinque milioni di borsa di studio.
Anche un insospettabile Eden Hazard si passarellizzò nel 2013 durante Swansea-Chelsea prendendo a calci il raccattapalle Charlie Morgan. Vita da cani, anche se poi Morgan non ebbe bisogno del rimborso, era già ricco di suo e pure più di Hazard. C’era anche chi usava i raccattapalle come illusione ottica, in chiave escheriana: il portiere William Foulke dello Sheffield United che ne piazzava due piccolissimi dietro la porta per aumentare la sua stazza da gigante, giochi di prospettiva. Ma sono di più i raccattapalle ai quali è andata bene, così bene da finire nel campo e nelle squadre che servivano, da Fabio Cannavaro – poi Pallone d’Oro – a Phil Foden, da Napoli a Manchester.
Ma il raccattapalle migliore nella storia dei grandi raccattapalle fu Vladimir Dimitrijević: la cui vita cambiò nel 1952 a Belgrado per Jugoslavia-Ungheria, o almeno così la raccontava, non salvò gol, non condizionò calci d’angolo, non prese calci, ma durante quella partita cominciò a pensare al suo libro più bello La Vie est un ballon rond, e sicuramente il passaggio migliore del raccattapalle Dimitrijević fu quello all’attaccante della letteratura russa Vasilij Grossman, salvando il suo capolavoro, Vita e destino, dall’oblio.
Ci sono i presupposti per scrivere La centralità del raccattapalle, da Dimitrijević a Urbaniak. Dalla Serbia a Parigi fino a Dortmund, la metafisica abilità dei raccattapalle che possono influenzare il gioco o il racconto del gioco più di quelli che agiscono a Wimbledon, e pure questo è Ventotene.
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