La dilatazione temporale del lockdown ha dato nuovo senso e fascino a un classico oggetto da collezione: le lancette che girano non sono solo una questione di meccanica, sono il simbolo dell’esistenza stessa
- Pur svolgendo la loro funzione, gli orologi sembrano aver perso la loro solidità. Una figura che in questo momento si associa alla nostra percezione della realtà. La drastica e involontaria sospensione di ritmi frenetici ha coartato il ritorno alla lentezza, esperienza persa dall’intera umanità e incompatibile, anche secondo il pensiero di Milan Kundera, con il concetto di velocità che la rivoluzione tecnologica ha consolidato.
- Un orologio bello e complicato non è mai un semplice prodotto il cui valore si esaurisce nella mera funzionalità. Un orologio, quindi, non è solo un dispositivo per misurare il trascorrere del tempo: è un’espressione della concezione umana del tempo.
- Come accade con ogni innovazione, si è creata una sacca di resistenza, nostalgici che mai rinuncerebbero a un bel pezzo di manifattura, come dimostra il collezionismo sempre più sfrenato e il buon esito delle case svizzere sul mercato.
«Il tempo non si è mai sposato, per poter fare quello che vuole. Il tempo… ma quale tempo?». Vinicio Capossela nel suo libro Il paese dei coppoloni s’interroga sul tempo, parla di quello sacro, di quello profano e di quello mondano. Quello immobile del mito e quello che lui stesso descrive come divoratore di ogni cosa. In queste settimane ad essere divorati di fronte all’impossibilità di ingabbiare il tempo in confini precisi siamo noi. Ci colpisce una diversa percezione che abbiamo del suo scorrere. Lento e interminabile.
La persistenza del tempo
Se volessimo associare un’immagine a questo lento scorrere o come lo definirebbe l’antropologa Jane Guyer, presentismo forzato, sarebbe il quadro di La persistenza della memoria di Dalì. Il dipinto ritrae alcuni orologi dalla consistenza deformata. Sono chiamati, infatti, orologi molli. Pur svolgendo la loro funzione, sembrano aver perso la loro solidità. Una figura che in questo momento si associa alla nostra percezione della realtà. La drastica e involontaria sospensione di ritmi frenetici ha coartato il ritorno alla lentezza, esperienza persa dall’intera umanità e incompatibile, anche secondo il pensiero di Milan Kundera, con il concetto di velocità che la rivoluzione tecnologica ha consolidato.
Improvvisamente il tempo da compulsivo, intasato e mancato inverte la sua marcia, diventa libero, largo, quasi ascetico, senza orologio, scandito da ritmi naturali, biologici. Lo sa bene chi da sempre cerca di dare una forma tangibile al suo scorrere. Ci viene spontaneo, quindi, data la situazione attuale interrogarci sul ruolo dell’orologio. «Nel tempo sospeso della pandemia, riconoscere il valore degli istanti diventa ancora più vitale. Proprio perché gli spostamenti sono limitati occorre delineare con chiarezza i diversi momenti: lo svago, il lavoro, la famiglia, la riflessione. Altrimenti la nostra esistenza diventa un flusso continuo di informazioni e sollecitazioni che toglie valore a ogni relazione e a ogni momento», ha raccontato Franco Cologni presidente della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte. «Le creazioni di alta orologeria, con la loro preziosa bellezza e le loro ingegnose complicazioni, sono lì a ricordarci che c’è un tempo per ogni cosa: e che prima di tutto dobbiamo apprendere a scandire bene i tempi della nostra vita. La precisione, la preziosità, le indicazioni delle fasi lunari: tutto quello che l’alta orologeria offre deve essere visto come uno stimolo a pensare a un tempo più solenne, più personale, meno legato alla banalità di un momento storico in cui le minacce sembrano più forti delle speranze». Un orologio bello e complicato non è mai un semplice prodotto il cui valore si esaurisce nella mera funzionalità. Un orologio, quindi, non è solo un dispositivo per misurare il trascorrere del tempo: è un’espressione della concezione umana del tempo. «Portare un segnatempo di alta orologeria significa dunque fare una scelta consapevole e profonda, che manifesta una percezione del valore del tempo perfettamente in linea con la centralità dell’essere umano. I telefoni cellulari e i computer vivono di immediatezza, ma noi viviamo di attimi, di emozioni, di un tempo meno istantaneo e più intenso: così, portare al polso un orologio che non è soltanto un segnale orario ma che è un’opera d’arte, di artigianato, di ingegneria, di ricerca, significa portare con sé un elemento meraviglioso che ci ricorda continuamente che occorre dare valore al tempo. Che occorre misurarlo, certo, ma per goderne: non per vederlo fuggire».
Poetica del tempo
Michael Friedman, Head of complications di Audemars Piguet, ovvero responsabile della produzione dei pezzi meccanicamente più complessi, parla del tempo come la base dell’esperienza. «Il tempo fa parte di tutto, ed è in ogni cosa. Durante le grandi celebrazioni, così come le grandi crisi, le persone tendono a pensare al tempo. Si immergono più in profondità nell’argomento, il che può portarli a esaminare anche gli strumenti che ne derivano. Durante la pandemia, infatti, abbiamo visto le comunità di collezionisti essere ancora più presenti all’interno del segmento dell’orologeria, soprattutto di quella meccanica, cosa che non accadeva da almeno vent’anni. Più ci si immerge nell’era digitale e più persone sembrano spostarsi verso il mondo meccanico».
Come accade con ogni innovazione, si è creata una sacca di resistenza, nostalgici che mai rinuncerebbero a un bel pezzo di manifattura, come dimostra il collezionismo sempre più sfrenato e il buon esito delle case svizzere sul mercato. Per Van cleef & Arpels gli orologi, oggi più che mai, sono un invito ad apprezzare il tempo che passa, veloce o lento che sia. «La nostra realtà ha una visione del tempo che chiamiamo “Poetry of Time”. Ciò significa che nessuno dei nostri orologi è concepito solo per indicare l’ora. Alcuni segnatempo come gli orologi Alhambra o Charms sono stati creati come gioielli con una funzione aggiuntiva che è quella di leggere l’ora.
Altri, invece, hanno complicazioni poetiche o quadranti straordinari e mirano a raccontare una storia prima ancora dell’ora» ha raccontato Nicolas Bos, presidente e ceo di Van Cleef & Arpels. «Una stella indica l’ora, ma lo scopo principale dell’orologio è l’esperienza della vista e del suono. Questa visione del tempo e dell’orologeria non è messa in discussione dalla situazione attuale. Al contrario, penso che oggi abbia ancora più senso. Secondo questo approccio, gli orologi non sono qui per contare le ore ma piuttosto per aiutare chi li indossa a godersele e viverle appieno. Questo è ciò che cerchiamo di ottenere con i nostri quadranti animati come il Pont des Amoureux, ad esempio. Durante il giorno i due innamorati si incontrano due volte a mezzogiorno e mezzanotte ma grazie al modulo di animazione on demand si può rivivere in qualsiasi momento il momento decisivo del loro ricongiungimento. Queste creazioni incarnano la filosofia del brand e invitano ad apprezzare il tempo che passa».
C’è chi invece ritiene fondamentale avere il controllo del proprio tempo e investire su quello che realmente si vuole fare. Un approccio più pratico e meno romantico. Fra questi Patrick Mouratoglou, allenatore di Serena Williams e ambassador di Zenith.
«In quarantena abbiamo riscoperto il valore del tempo. La gestione di quest’ultimo ha bisogno di una struttura organizzata, giorni passati senza organizzazione possono portare allo smarrimento. L’errore più comune è non stabilire priorità; molte persone si concentrano sull’ultima cosa che viene chiesta loro o su quello che viene sollecitato con maggiore urgenza, ma non su ciò che è realmente prioritario. Capita, infatti, molto spesso che la maggior parte delle persone, durante il tempo libero, non riescano a decidere come impiegarlo e lasciano che siano le circostanze a decidere per loro. Sono un motivatore e sono dell’idea che se non ci si applica con disciplina, si finisce a fare cose che non meritano attenzione. Un buon trucco è chiedere alle persone quante tempo impiegano al giorno a raggiungere i propri obiettivi».
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