Si può conoscere tanto di una persona studiando il suo rapporto con i soldi. C’è chi li odia, chi li teme, chi li sogna, chi li spende, chi li mette tutti da parte e anche chi non può gestirli perché qualcuno glielo vieta. Tutti hanno in qualche modo un rapporto con il denaro. Lo racconta la giornalista e conduttrice Natascha Lusenti nel suo nuovo libro Il coraggio di contare, uscito il 20 settembre per Il Saggiatore, intrecciando le storie di studentesse, attiviste, imprenditrici, consulenti finanziarie e lavoratrici del terzo settore. Nelle pagine del libro le parole delle intervistate si incontrano creando, come scrive l’autrice, un «dialogo immaginario tra donne il più possibile diverse tra loro».

Lusenti dà spazio a ragazze che non hanno potuto fare l’università, a studentesse lavoratrici e a donne che hanno sempre avuto alle spalle una situazione finanziaria molto solida. Ci sono le storie di chi si definisce «una cicala e non una formica», di chi ha sempre fatto fatica ad arrivare a fine mese e anche di chi non ha mai dovuto fare grandi rinunce. Per quanto le interlocutrici siano lontane tra loro e diverse dal punto di vista economico, sociale e anagrafico, l’autrice riesce a metterle in dialogo alternando paragrafi scritti in prosa e altri scritti in poesia. E in quel discorso si inserisce anche lei, il suo rapporto con i soldi, le difficoltà e le consapevolezze acquisite nel tempo. È un percorso in cui ognuna inizia raccontando del legame con il denaro per poi arrivare a parlare di tante altre parti della sua vita, quasi sempre della famiglia, del lavoro dei genitori, ma soprattutto di quello della madre, degli studi e lavori fatti. Ma c’è tanto spazio anche per i sogni e le rinunce, per le possibilità avute e quelle negate.

Il libro è nato dall’incontro tra l’autrice e il collettivo delle donne di Banca etica, la prima banca italiana dedicata alla finanza etica, che promuove cioè l’uso consapevole del denaro per raggiungere il benessere collettivo. Spesso quando si parla di finanza le donne sono escluse dal discorso, ma non nel libro di Lusenti. Anzi, sono proprio le donne a essere protagoniste perché è da loro che deve partire una presa di coscienza sul potere del denaro, sull’importanza di saperlo amministrare e di scegliere se, come, quando e in cosa investirlo.

Il lavoro delle donne

Il tema del denaro è strettamente connesso a quello del lavoro. Il tasso di occupazione femminile in Italia nel 2022 era, secondo una ricerca del dipartimento del Lavoro citata nel libro, «di 14 punti percentuali al di sotto della media Ue: il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni è stato, infatti, pari al 55 per cento, mentre il tasso di occupazione medio Ue è stato pari al 69,3 per cento». Quel dato non significa che il restante 45 per cento delle italiane non lavori. Lusenti scrive che, quando sente dire dalle donne intervistate che la madre non lavora perché si occupa della casa, ribatte: «Lavora eccome, il fatto è che si tratta di un lavoro non retribuito». È quello che chiamiamo “lavoro di cura” e che oggi, nonostante qualche miglioramento, è ancora soprattutto sulle spalle della popolazione femminile. Ed è il motivo per cui molte donne escono dal mercato del lavoro quando hanno uno o più figli o per cui dipendono economicamente dal proprio partner.

Nel libro il lavoro femminile è raccontato in tanti modi: da chi non ha mai avuto un lavoro retribuito ma l’avrebbe voluto, a chi ha cambiato decine di impieghi in giro per il mondo. In qualunque caso, c’è un fil rouge che accomuna tutte le storie di lavori femminili – a qualsiasi livello siano – ed è la capacità di aprire la strada per l’autonomia, per la libertà da ogni forma di dipendenza economica.

L’imitazione

Nessuna nasce sapendo amministrare i soldi. Il rapporto con il denaro si crea nel tempo e si impara fin da piccole nella maggior parte dei casi per imitazione, guardando i propri genitori. Dalle storie che racconta Lusenti emerge il ruolo che rivestono in particolare le madri nell’insegnare più o meno consapevolmente alle proprie figlie come si gestiscono i soldi. Ci sono madri che incoraggiano come quella di Marianna, che le ha insegnato che «l’indipendenza economica deve essere la base di qualunque relazione sana», e madri come quella di Chiara, che «lavorava giorno e notte» e doveva far fronte ai debiti di gioco del marito.

Il coraggio di contare mette in evidenza il grande ritardo degli italiani (e delle italiane) nel saper gestire in modo sano e consapevole il proprio denaro perché l’imitazione dei genitori da sola non basta. Questa mancanza di competenze è dimostrata dagli ultimi dati della Banca d’Italia, secondo cui «nel 2023 l’indicatore complessivo di alfabetizzazione finanziaria è risultato pari a 10,7 su una scala da zero a venti».

Sono soprattutto le donne che per diverse ragioni spesso non hanno contezza della propria situazione economica. Il risultato è che, come spiega uno studio del Museo del risparmio di Torino in collaborazione con la società di ricerche di mercato Episteme, «il 37 per cento delle donne in Italia [nel 2019, ndr] non aveva un conto corrente. Il 40 per cento tra quelle di età compresa tra i 25 e i 64 anni non era finanziariamente autonoma».

I soldi (degli uomini)

Spesso il denaro sembra una cosa da uomini perché in media ne guadagnano di più e perché, per ragioni legate agli stereotipi culturali, sono loro a gestirlo in famiglia. Ci sono donne che per abitudine lasciano che sia il marito o il partner a occuparsi dei soldi, ma ce ne sono anche altre che non hanno la possibilità di essere economicamente autonome perché il compagno glielo vieta. È la violenza economica e, secondo una ricerca dell’organizzazione non governativa indipendente We world, il 49 per cento delle donne intervistate ha detto di averla subita almeno una volta nella vita.

Ne Il coraggio di contare si susseguono tanti episodi di violenza economica, come il caso di una donna il cui marito le rinfaccia «di averle comprato anche le mutande da quando stavano insieme», ma al contempo le impedisce di lavorare, proibendole di candidarsi a un posto di maestra d’asilo. Ci sono però anche storie virtuose di donne che insegnano ad altre a gestire i soldi, come Aminata Gabriella Fall, conosciuta su Instagram con il nome “Pecuniami”. Come si legge nella sua bio, parla ai suoi quasi 50mila follower «di soldi in parole povere». Ha lavorato vent’anni in un istituto di credito cooperativo, prima alla cassa fino a diventare direttrice, poi ha deciso di lasciare tutto. «Si è resa conto – si legge nel libro – che le dava molta più soddisfazione sapere che una ragazza aveva aperto un fondo pensione» perché le aveva spiegato come si fa. Oggi segue centinaia di clienti, soprattutto donne, propone consulenze e lezioni gratuite sulla finanza e la gestione dei soldi, aiutando tante persone a raggiungere l’indipendenza.

Dalle storie delle protagoniste del libro emerge che il denaro può essere un mezzo di cambiamento individuale, ma anche collettivo, e che quando si parla di soldi non si parla mai solo di soldi, ma di famiglia, paura, futuro e libertà. È importante insegnarlo alle nuove generazioni. Come scrive Lusenti: «ai miei bambini che sono piccoli/dico che i soldi:/non sono niente/ma con i soldi:/possiamo far diventare reale quello che abbiamo nel cuore».

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