In occasione del centenario della sua nascita, registrata il 2 luglio 1923 a Kórnik (Polonia), Wisława Szymborska viene omaggiata in tutto il mondo da iniziative che ne celebrano la grandezza poetica. In particolare, al di fuori della Polonia, dove l’intero 2023 è stato proclamato anno di Wisława Szymborska, fa scalpore l’eco che la ricorrenza ha avuto in Italia, dove l’autrice rappresenta un vero e proprio “caso letterario”.

Qui da noi si stima che un piccolo editore possa vendere tra le 150-300 copie di un libro di poesie particolarmente fortunato; mentre un editore medio riesce a piazzarne un migliaio circa, in caso di buona riuscita. Per il successo di Szymborska in Italia il punto di svolta è certamente rappresentato dalla pubblicazione de La gioia di scrivere, uscita in prima edizione nel 2009. Si tratta di una silloge pressoché completa dei versi dell’autrice, cui sono seguite alcune raccolte più esigue: l’ultima, Canzone nera, risale al 2022 e mette assieme i versi composti da Szymborska tra il 1944-1948. La gioia di scrivere, dal momento della sua comparsa sul mercato editoriale, è arrivata ormai alla 20° ristampa (e Vista con granello di sabbia, risalente al 1998, alla 18°!). 

Il legame con l’Italia

C’è un episodio, in particolare, in cui si stringe ulteriormente il legame tra l’Italia e la poetessa, e dopo il quale le vendite dei suoi libri registrano una clamorosa impennata. Il 5 febbraio 2012 (pochi giorni dopo la scomparsa di Szymborska), durante la trasmissione Che tempo che fa?, Roberto Saviano si sofferma su un verso della poesia Ogni caso, definendolo il più bello della poesia d’amore novecentesca: «Ascolta/come mi batte forte il tuo cuore». La notte stessa, tramite i canali di vendita online, La gioia di scrivere registra la vendita di 800 copie; nei giorni immediatamente successivi, Adelphi esaurisce due ristampe da 15mila copie l’una.

Roberto Saviano, peraltro, non è l’unico intellettuale ed artista italiano che abbia espresso il proprio apprezzamento per la poesia di Szymborska. I suoi versi sono finiti in una canzone di Jovanotti, Buon sangue («Si nasce senza esperienza,/si muore senza assuefazione», da: Nulla due volte); la sua arte ha spinto Vecchioni a dedicarle il brano Wisława Szymborska: «E quando canti chiedo/Ma chi le ha dato il cuore/La legge del sospiro/Per scrivere parole?».

Nel film Cuore sacro di Ferzan Özpetek (2005) dalla borsa di una piccola ladra cade a terra un volumetto di poesie di Szymborska; mentre Magnifica presenza (2012) dello stesso regista si apre con una dedica alla poetessa appena scomparsa. Umberto Eco, il 27 marzo 2009, di fronte all’Aula Magna di Santa Lucia a Bologna gremita da oltre 1.500 persone, esprime tutta la sua passione per l’autrice polacca lì presente leggendo il testo di Possibilità («Preferisco non chiedere per quanto ancora e quando./Preferisco prendere in considerazione perfino la possibilità/che l’essere abbia una sua ragione») e chiosando con: «Preferisco Wisława Szymborska».

Di certo tutte queste figure del panorama italiano della cultura e dell’arte, all’estero basti ricordare le dichiarazioni di stima da parte di Woody Allen («La reputo una grande artista, che ha un’enorme influenza sulla mia gioia»), hanno fatto da garanti della rilevanza poetica di Szymborska, arrivando al grande pubblico in maniera più diretta rispetto ai canali canonici della critica letteraria. Al momento del confronto in solitudine tra il lettore e i versi della poetessa, necessariamente, sono poi emerse tutte le qualità dei suoi componimenti e quelle di chi (come Pietro Marchesani, suo storico traduttore) li ha restituiti in italiano.

Semplicità

Volendo addentrarci nei motivi per cui i versi di Szymborska siano così diffusi in un paese tanto poco avvezzo alla poesia, dovremmo partire dalla semplicità apparente dei suoi componimenti. «Mi preoccupo molto se qualcuno non capisce qualcosa di ciò che scrivo», ebbe a dire in un’intervista.

Effettivamente, i suoi testi sono (pressoché) privi di qualsiasi difficoltà alla ricezione; sono diretti in modo che il rapporto verticale autore-lettore, motivo di freddezza e distanza per molti potenziali fruitori, viene rimesso in pari. Spesso si ha la sensazione di percorrere con il soggetto lirico, e con l’autrice, il medesimo pezzetto di strada, condividendone le impressioni.

Persino la metrica, nella maggior parte dei casi, viene superata a favore del verso libero, che pure non significa l’assenza di riferimenti strutturali: «Esso (il verso libero, ndr) infatti ha la sua disciplina nascosta ma necessaria, richiede un orecchio più musicale rispetto a una ritmica regolare, non sopporta una sola parola superflua, non è capace di mascherare un contenuto superficiale.(…) Per questo non è affatto più semplice scrivere in verso libero, e i poeti lo sanno», scrive Szymborska nella rubrica Posta letteraria.

La spinta alla scrittura è generata dallo stupore nei confronti del mondo, che rappresenta anche il tratto più specifico della sua poesia: «Potevo essere me stessa – ma senza stupore,/e ciò vorrebbe dire/qualcuno di totalmente diverso» (da: Nella moltitudine). La meraviglia che proviamo al cospetto di quel che ci circonda risulta qualcosa di strettamente personale; la capacità dell’Autrice di condividere il proprio stupore con il lettore crea allora un rapporto intimo, che, come detto, non viene mai “tradito” dal ricorso a una scrittura ermetica o complessa. Le due parole: non so, che muovono l’ispirazione di Szymborska, trascinano infine anche chi legge nel vortice di una ricerca continua, nella rincorsa ad un senso che pure non si troverà mai, laddove la vita significa anzitutto: «Persistere nel non sapere/qualcosa d’importante» (da: Un appunto).

Nostra contemporanea

Il successo internazionale di questi versi, oltre che dal ritrovarsi con mani e piedi nella filosofia senza sapere come ci sia entrati (e senza speranza, né volontà di uscirne), è dovuto anche alla loro dimensione “politica” contemporanea. Il modo con cui Szymborska relativizza costantemente la posizione dell’uomo nell’universo, considerandolo solo un’infinitesima parte del tutto, è prossimo alla sensibilità ambientale dei nostri giorni.

L’autrice, identificandosi con elementi della natura che siano altri dall’uomo: «Mi è sprofondata nel mare un’isola, e un’altra./Non so neanche dove mai ho lasciato gli artigli,/chi gira nella mia pelliccia, chi abita il mio guscio» (da: Discorso all’ufficio oggetti smarriti) ne denuncia le prevaricazioni nei confronti degli altri esseri viventi; al contempo, come accade nella bellissima Conversazione con una pietra, evidenzia come l’uomo non entrerà mai in reale empatia con la natura, perché gli manca «il senso del partecipare».

In alcuni altri testi, invece, emerge la questione dei diritti delle donne, trattati spesso nella cornice del mito e dell’antichità. Nel Monologo per Cassandra la profetessa, esclusa dalla società per la durezza dei suoi richiami e la drammaticità delle sue visioni, realizza di poter essere bella solo dopo l’avverarsi di quei presagi: «E questo è il mio ciarpame di profeta./E questo è il mio viso stravolto./Un viso che non sapeva di poter essere bello». In Un feticcio di fertilità del Paleolitico, invece, il richiamo è addirittura alla Grande Madre e all’epoca in cui i primordi delle strutture sociali erano imperniati sulla figura femminile, quando la dea (e la donna) poteva permettersi di: «Giacere a zigzag sopra il contenuto./Essere la burla dell’ornamento».

Tra tutti gli eventi con cui l’Italia si appresta ad omaggiare Wisława Szymborska, segnaliamo che il 16 giugno è stata inaugurata a Genova, al Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce, la mostra Wisława Szymborska. La gioia di scrivere, che sarà visitabile fino al 3 settembre. L’esposizione raccoglie, tra l’altro, 85 collage eseguiti dalla poetessa, massime e versi estratti (e proiettati su parete) dai suoi componimenti, frammenti ingranditi del suo taccuino.

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