L’altro giorno su un social un uomo ha scritto un post di pubbliche scuse. Si rivolgeva, senza dirne il nome, a un compagno di classe che bullizzò ai tempi delle medie. «Oggi sono un padre di famiglia, ho capito che il bullismo è una cosa terribile. Mi scuso, provo vergogna». Il post gli si è rivoltato contro. Molti sono intervenuti: «Ma cosa credi, che basti scrivere due righe per pulirti la coscienza?». Il bullismo in effetti è un oggetto sociale tremendo. La redenzione è complicata.

Oggi tutti sappiamo cosa vuol dire bullismo. «Atteggiamento di sopraffazione sui più deboli, con riferimento a violenze fisiche e psicologiche attuate specialmente in ambienti scolastici o giovanili» (Treccani). Il fenomeno, naturalmente, è osservabile anche in età adulta. È osservabile pure in politica, anzi parecchio. Ma questo meriterebbe un articolo a sé.

Come noto, il termine bullismo deriva dall’inglese bullying. E in inglese oggi significa quel che significa in italiano. Ma da dove viene il termine bullying? Ho la sensazione che alcuni pensino che derivi da “bull”, nel senso dell’animale, il toro, la cui reputazione è violenta (anche ingiustamente).

In realtà, il bullismo non c’entra con il povero toro. Deriva probabilmente dall'olandese boel, e una volta significava “tesoro” (in senso affettuoso) o “amico”. Sorpresa! Il termine aveva inizialmente un significato positivo, amorevole. Il “bullo” era un bravo ragazzo. Col tempo, tuttavia, il termine ha subito una trasformazione semantica. Nel 1600 la parola ha iniziato a essere usata per indicare un fanfarone, un bravo (in senso manzoniano), uno spaccone. La parola si è via via offuscata arrivando infine a indicare quel vigliacco tirannico che terrorizza i deboli.

Contesti gerarchici

Il bullismo può essere interpretato come una transazione in cui il bullo cerca di aumentare il proprio capitale sociale a spese degli altri. Il capitale sociale riguarda anzitutto la rete di relazioni di cui una persona dispone e che può sfruttare per i propri scopi. Il bullismo prospera, dunque, in ambienti dove le dinamiche di potere sono squilibrate e il mercato del capitale sociale è altamente competitivo. In contesti apertamente o anche solo sottilmente gerarchici. Come le scuole, i luoghi di lavoro o le piccole comunità, dove gli individui competono per risorse e riconoscimenti limitati (nella scuola, la gerarchia deriva dal complesso psicologico delle insicurezze tipiche dell’età).

Possiamo ricorrere al concetto di “comunità meschine” (parole di Kierkegaard): i luoghi in cui il capitale sociale è un gioco a somma zero. Il tuo guadagno è percepito come la mia perdita. Da una prospettiva economica, il capitale sociale può essere paragonato ad altre forme di capitale, come il capitale finanziario o fisico. Il capitale non è mai solo un oggetto seduto in posizione solenne, è sempre e anzitutto una chiave di accesso. È un generatore di opportunità.

Per il bullo, l'atto di bullismo passa attraverso un'analisi costi-benefici. I benefici includono il miglioramento dello status, della reputazione e una maggiore influenza all'interno del gruppo. Possono tradursi in vantaggi tangibili, come ruoli di leadership, trattamenti preferenziali e accesso a reti sociali esclusive. Tuttavia, il bullismo comporta anche dei costi. Il rischio di ostracismo se il comportamento è considerato inaccettabile dalla comunità più ampia, le ritorsioni da parte delle vittime o dei loro alleati e i danni reputazionali a lungo termine.

Costi-benefici

Per la vittima, i costi sono spesso immediati e severi, tra cui il disagio emotivo, l'isolamento e una diminuzione del capitale sociale. Le vittime possono anche sostenere costi a lungo termine, come l'abbassamento dell'autostima, i problemi di salute mentale e le opportunità esistenziali e economiche ridotte a causa dell'erosione delle relazioni. La sproporzione fra la posizione del bullo e della vittima è evidente. Per questo la redenzione del bullo è complicata: non basta un post.

Combattere il bullismo richiede interventi che modifichino gli incentivi e le dinamiche di potere che sostengono questo comportamento. Non si tratta solo di modificare l’analisi costi-benefici, e cioè rendere il bullismo poco conveniente. Si tratta di favorire un senso di comunità e di successo condiviso che renda il capitale sociale una nozione meno fondamentale e meno brutale, mitigando l’ossessione giovanile per il concetto (molto americano, ma ormai diffuso ovunque) di “popolarità”. Nel mondo del 2024, violento, rancoroso, improntato al successo misurabile e popolato da leader infantili è una missione assai difficile.

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