Le chiamavamo soubrette, showgirl, vallette, ora siamo bloccati in un limbo concettuale, oltre che linguistico: sarà offensivo chiamarle così o sarà ancora più offensivo credere che sia offensivo? Nel dubbio etico, oltre che estetico, Carlo Conti ci ha fatto un format
Alcune foto rimangono impresse nella storia. Churchill, Roosevelt e Stalin alla conferenza di Yalta, seduti su una panchina, sorridenti. Il marinaio e l’infermiera che si baciano a Times Square. Fra le tante testimonianze incancellabili del tempo catturate da una fotocamera, ce n’è una che mi è tornata in mente di recente. Una spiaggia, un tramonto, un dress code: total white.
È il matrimonio di Stefania Orlando, occasione che riunisce una fetta abbondante della televisione degli ultimi trent’anni. Uno scatto di quel giorno, in particolare, per alcuni utenti di internet appassionati del genere è diventata una sorta di profezia, una bussola che ci orienta tra le donne che hanno scolpito il palinsesto italiano a colpi di balletti e che negli ultimi anni hanno popolato qualsiasi reality avessero a disposizione, da Cinecittà all’Honduras passando per via Teulada, colonizzando lo storytelling mediatico a suon di «io ho fatto il varietà».
Angela Melillo, Matilde Brandi, Adriana Volpe, per citare alcune delle presenti, nomi che si associano a una categoria dello spirito ben precisa, la stessa che comprende Valeria Marini, Pamela Prati; se ne citi una ti viene in mente tutta la tavolata dell’ultima cena di Canale 5, l’Olimpo di Pingitore.
Forti, toste, indipendenti
Le chiamavamo soubrette, showgirl, vallette, ora siamo bloccati in un limbo concettuale, oltre che linguistico, per cui oscilliamo tra la rivendicazione di un termine e il suo superamento, siamo nell’èra dell’Aufhebung di Pippo Franco e del Drive In. Sarà offensivo chiamarle così o sarà ancora più offensivo credere che sia offensivo, e dunque screditare tutta la carriera che hanno alle spalle? Nel dubbio etico, oltre che estetico, Carlo Conti ci ha fatto un format.
Si chiama Ne vedremo delle belle e sembra la trasposizione televisiva della canzone che Marcella Bella ha portato a Sanremo 2025, un brano che, viene il sospetto, Conti ha scelto solo per poterlo fare ballare e cantare alle protagoniste del suo programma. Pelle come diamante, dice Marcella, nell’inno della divorziata che usa il suo smartphone catafratto in una cover a portafoglio per inondare la sua rubrica di immagini create con l’intelligenza artificiale in cui neonati alla Anne Geddes si mescolano con gattini e auguri di vario tipo. Ma torniamo al programma.
Valeria Marini, Pamela Prati, Matilde Brandi, Adriana Volpe, Patrizia Pellegrino, Lorenza Mario, Veronica Maya, Laura Freddi. Di fronte a loro, Frank Matano che saluta la nonna negli Stati Uniti, finalmente lo può guardare anche da lì – il suo contributo si esaurisce più o meno dopo questa affermazione –, Mara Venier che presiede col distacco di chi in un’altra vita si sarebbe potuta trovare dal lato opposto del tavolo e Christian De Sica che fa da cinepanettonificatore dell’evento.
Ciascuna di loro si presenta con un breve video tagliato ad arte per farle sembrare l’una più incattivita e falsa dell’altra, una sorta di La morte ti fa bella con i truccatori di Saxa Rubra al posto delle pozioni magiche di Isabella Rossellini. Valeria Marini ricorda, per chi se lo fosse persa negli ultimi tre decenni di tv, la competizione con Pamela Prati, Pamela Prati ricorda che lei, comunque, è il simbolo della bellezza italiana.
C’è chi parla della propria gravidanza come bivio esistenziale, chi si ricorda di quando a Napoli veniva chiamata «panna montata» perché dopo l’enorme successo di una hit senza tempo come Matta si era appunto montata la testa – suggerimento per i distratti: è Patrizia Pellegrino. Tutte unite dal grande non detto che lega queste donne nella tragedia di doversi giustificare per la propria assenza dagli schermi, o dai troppi reality, proverbiali ultime spiagge professionali: l’età. E difatti, Veronica Maya, dopo l’omaggio al suo drammatico incidente del seno scoperto durante un’esibizione a Tale e Quale, sottolinea con fierezza di essere la più giovane.
Una paura atavica
Nelle prossime settimane, al cinema arriva Pamela Anderson con un film d'autore, The Last Showgirl: in inglese direbbero che è in corso un processo di dignification dell’attrice. Da bagnina che corre a diva che si riappropria della sua immagine, smettendo di indossare il trucco, scegliendo i suoi film dall’archivio Criterion Collection. È pur sempre l’anno di The Substance, il film che più che body-horror sembra un cartone animato di Cartoon Network, e che ha riscosso molto successo per via della sua rappresentazione grottesca della paura atavica delle donne di invecchiare.
Non che gli uomini non ce l’abbiano, questa paura, chiaro; ma siamo cresciute con le streghe rattrappite che porgono mele avvelenate e con le matrigne che sfogano la frustrazione sulle minorenni che cantano come usignoli, non ci prendiamo in giro sul fatto che l’invecchiamento femminile è un elefante molto più ingombrante di quello maschile nella stanza del discorso. Ne vedremo delle belle questo lo sa bene, e affonda il coltello nella piaga gonfia di acido ialuronico, afferra il collo rugoso coperto con collane sempre più grosse e lancia le nostre soubrette, showgirl, vallette, donne di spettacolo, come le vogliamo chiamare, nella fosse delle iene.
L’espressione delusa di Valeria Marini a fine puntata, che dopo quarant’anni in televisione a scendere scale – rotolando, come voleva Sabina Guzzanti – e stappare champagne ancora ci rimane male se a vincere è Pamela Prati è forse il ritratto perfetto di questa operazione cannibale: ne rimarrà solo una, e comunque non riavrà indietro la sua giovinezza ma ventimila euro da devolvere in beneficenza.
Nel frattempo i giovani, ma anche i meno giovani, quelli che stanno in mezzo insomma, quelli di cui non c’è traccia in tv e a cui nessuno dà spazio perché stiamo ancora a parlare delle faide del Salone Margherita, o cambiano canale, nella peggiore delle ipotesi, o ci fanno i meme, nella migliore. Come con la foto del matrimonio di Stefania Orlando.
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