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Non bisognerebbe frugare tra le cose degli altri ma questo cellulare non so di chi sia. Solo un’app attiva, WhatsApp, con un solo nome nelle chat: “Gaviscon”. Impossibile resistere. Un amore segreto.
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«Mio Aulin. Quando ti ho visto mi è passata l’emicrania. Non so perché mi presti a questo gioco demenziale. Ho un nome e un cognome come li hai anche tu. Ci siamo incontrati per sbaglio in queste corsie bianche, tutte uguali, quasi spettrali».
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«Hai scritto con il pennarello il numero del tuo cellulare sul vetro della porta che ci separava. Il tuo sguardo supplichevole di chi non ha altri con cui comunicare chiedeva pietà, chiedeva amore. Sì, chiedeva amore e amore è stato».
Non bisognerebbe frugare tra le cose degli altri ma questo cellulare non so di chi sia. Sto cercando di trovare un indizio, il proprietario, non ci sono appunti, mail, completamente anonimo. Niente foto, niente agenda telefonica. La batteria ancora carica. Risulta solo un numero di cellulare che ho provato a chiamare, ma dice che è inesistente o attualmente non disponibile. Solo un’app attiva, WhatsApp, con un solo nome nelle chat: “Gaviscon”. Impossibile resistere. Un cellulare usato per chattare con una singola persona, chiamata con un soprannome, un dialogo a distanza. Un amore segreto. Forse dovrei usare i guanti per toccarlo, devo disinfettarlo. Procediamo con calma. Dov’è il gel disinfettante? Ah, già, ce ne è uno in corridoio appeso alla parete, prima dell’entrata in corsia.
«Gaviscon, possibile che non trovi un soprannome più romantico da darti? Sei l’innominabile ma non siamo nei Promessi Sposi di Manzoni. Ti chiamerò Gaviscon perché mi fai passare i bruciori, quelli dello stomaco e quelli del cervello. Mi ricordi quella pubblicità con l’animazione dei pompieri nello stomaco che annaffiano l’interno con il Gaviscon, magico prodotto; per il momento me lo hanno sospeso. Ho bisogno di tirarmi su, di non pensare alle sigarette che non posso più fumare. Me le hanno sequestrate. Nessuno che abbia pietà di un tossico da nicotina. Che poi non posso farmi neanche le canne qui dentro».
Sempre tuo Aulin
14 marzo 2020
«Mio Aulin, l’innominabile. Quando ti ho visto mi è passata l’emicrania. Non so perché mi presti a questo gioco demenziale. Ho un nome e un cognome come li hai anche tu. Ci siamo incontrati per sbaglio in queste corsie bianche, tutte uguali, tutte anonime, quasi spettrali. Hai scritto con il pennarello il numero del tuo cellulare sul vetro della porta che ci separava, chiusa, sbarrata, ostile. Il tuo sguardo supplichevole di chi non ha altri con cui comunicare chiedeva pietà, chiedeva amore. Sì, chiedeva amore e amore è stato. Come si dice? Amore a prima vista? Colpo di fulmine? Quella sera il cielo era nero, senza luna, denso di pioggia, tutti i pensieri non detti della città sembravano essersi dati appuntamento tra le nubi. I fulmini squarciavano l’immenso nero, sembravano fatti di parole luminose».
Sempre tua Gaviscon
14 marzo 2020
«Mia Gaviscon, oggi sono triste, sto guardando il cielo e le nubi da questa finestra, da questo rettangolo di visione, quasi fosse uno schermo televisivo. Mi sento come in prigione, non ho ancora capito perché sono qui, per quanto tempo, e poi? Finirà tutto questo? Chissà se dopo ci sarà tempo per l’amore».
Sempre tuo Aulin
15 marzo 2020
«Mio Aulin, oggi ho l’emicrania e non potendoti vedere so che non mi passerà. Non mi fanno fare neanche le passeggiate in corridoio dove potevo sbirciare la tua immagine riflessa nella porta a vetri di fronte. Devono bucarmi il braccio, fare il prelievo. Chissà che risposta ci sarà? La risposta è nel vento? Come diceva quella canzone».
Sempre tua Gaviscon
15 marzo 2020
«Mia Gaviscon, oggi sul davanzale due lucertole si corteggiavano. Anzi, direi che il lucertolone tentava di brancare la lucertolina. Nel regno animale c’è quasi sempre un maschio che insegue una femmina. Non è il nostro caso circoscritti come siamo. Una nuova forma d’amore? Platonico? Poetico? Da qui o usciamo con i piedi davanti e allora addio incontro, o usciamo con le nostre gambe e allora addio incontro, ognuno tornerà alla sua vita e fine della fiaba. Sì, oggi cinismo e depressione la fanno da padroni. Mandami su WhatsApp una tua immagine così da risollevarmi il morale».
Sempre tuo Aulin
16 marzo 2020
«Mio piccolo e tenero Aulin, no che non ti mando una mia foto, ti basti ciò che hai visto la prima volta. Ci sono dei paletti tra noi, oltre i quali non si può. Il nostro è un amore di illusioni, di immaginazione, confinati come siamo. Se non ci fosse questa realtà i nostri sguardi si sarebbero incrociati, spiati, amati per un istante, forse un desiderio nascosto, ma ognuno per la sua strada, ognuno dentro i propri confini di realtà fatta di quotidiano, di amori vissuti ogni giorno, appagati e contenti, oppure delusi dalla vita e incapaci di sconfiggerla, la vita. La nostra sorte ci ha dato casualmente due cellulari appena comprati e con una scheda vergine, intonsa, senza contaminazioni esterne, senza virus infetti. Senza di essi questa storia non esisterebbe. Chiamiamolo amore casuale senza capo né coda».
Sempre tua Gaviscon
16marzo 2020
«Gaviscon, ohi Gaviscon, ascolta il mio pianto. Tra me e te c’è una barriera che impedisce la conoscenza dei corpi, di quella materia primaria di cui siamo fatti. Non si può essere solo pensiero? Tu lo sai come sarebbe il sesso tra di noi? O lo puoi immaginare? Ne puoi percepire l’estasi?».
Sempre tuo Aulin
17 marzo 2020
«Sempre mio Aulin, se provo a immaginare il tuo corpo arrossisco in volto, sento un fremito al basso ventre, ma anche qualcosa nel petto, vicino al cuore. Non so se hai il petto villoso, dei pettorali robusti o se sei un po’ flaccido con la panzetta. Ma vedi, poco importa, l’amore si dice sia cieco e nel nostro caso direi orbo. Ho visto solo i tuoi occhi e mi sono bastati, come i miei, credo, siano bastati a te. È un amore senza incognite destinato a finire, lascerà solo un ricordo indelebile e segreto».
Sempre tua Gaviscon
17 marzo 2020
«Cara Gaviscon, ho provato a immaginarti, come mettere nella mente dei pezzi di un puzzle che componesse i tuoi lineamenti, la tua altezza. Le tue fattezze. Come sei fatta? Posso immaginarti e costruirti come voglio. Non voglio che tu ti descriva, spezzerebbe la magia di questo incontro quasi etereo, incorporeo. Solo i tuoi occhi conosco e difficilmente li dimenticherò».
Sempre tuo Aulin
18 marzo 2020
«Sempre mio, ho deciso di toglierti anche il soprannome, ti chiamerò: Sempre mio e vorrei lo stesso, vorrei essere chiamata: Sempre mia. Nei ricordi già il nome sarebbe un fardello e una identità, quasi corporea. Senza un nome saremo eterei così da lasciare i desideri liberi di fare e disfare, senza obblighi di coerenza e di onestà».
Sempre tua
18 marzo 2020
«Sempre mia, come tu vuoi ora, sei solo un pensiero. Se ti dovessi incontrare nella vita fuori di qui non saprei riconoscerti. Avrei la sensazione di aver solo sfiorato qualcosa di immenso e irraggiungibile. Così non ci sono responsabilità, tradimenti, incomprensioni, ma solo verità inequivocabili. – Io ti amo – potrei dire senza che questo comporti un qualcosa, senza che questo cambi la mia vita. Vita ora in sospeso, in perenne attesa».
Sempre tuo
19 marzo 2020
«Sempre… l’aggettivo lo tolgo. Mio vuol dire che potresti essere di qualcun’altra e questo non è possibile, non nel nostro mondo. Quindi mi firmerò con il nome: Sempre, non ci sarà più distinzione tra me e te, saremo una cosa sola. Non è quello che volevi? Sono ormai parte di te, si confonderanno i pensieri e i sentimenti, sarà un amore unico come quello di Narciso. Ci porteremo sempre con noi in ogni dove».
Sempre
19 marzo 2020
«Sempre, che nel nostro caso potrebbe voler dire mai. Come potrei essere di qualcun’altra se tu sei dentro la mia mente. Non ci resta che accettare l’intrusione dell’amore nei propri pensieri lasciando che esso ci distragga da quello che sta accadendo. Tute bianche, guanti bianchi, mascherine bianche, sguardi vuoti, spenti di chi non sa più dove trovare l’energia come se questo intruso ci avesse staccato la corrente. Notizie frammentate, nebulose, inconsistenti. Senza corpo non c’è dolore fisico. Se nel corpo non c’è la mente non c’è dolore. Eppure l’amore porta con sé il dolore e non ci assolve dai peccati. Perché lo sappiamo entrambi che abbiamo peccato».
Sempre
20 marzo 2020
«Sempre, sì, sempre abbiamo peccato. Peccato di superbia, di avarizia, di lussuria, di ira, di gola, di invidia, di accidia.
Di queste cose ci possiamo accusare, ma nessuno ci potrà condannare».
Sempre
20 marzo 2020
«Sempre, siamo andati oltre, ma questa lontananza dal mondo sembra vivere un sogno senza fine. Solo questo telefono, con questo schermo che non si può usare, perché la realtà è questa scheda che non possiamo ricaricare, che si esaurirà all’improvviso, che ci lascerà soli. Teniamoci stretti in questo abbraccio mentale, faticoso ma liberatorio. Non credo che porterò con me la scheda quando uscirò.».
Sempre
21 marzo 2020
«Sempre, questo bianco che mi circonda, mi costringe a essere in una nuvola. Sembra un amore senza speranza come se il tempo, così relativo in questo frangente, avesse una sua capacità a dilazionarsi, a essere elastico, ad adattarsi alle nostre esigenze. Queste notti insonni le viviamo ormai ognuno nel corpo dell’altro. Ho nostalgia di un vero materasso».
Sempre
21 marzo 2020
«Sempre, la vita prima dell’isolamento non vuole essere dimenticata. Se ci pensi sarebbe meglio andare via insieme con l’amore che unisce e non in solitudine, in preda ai ricordi. La dimensione ovattata che ci pervade aiuta ad allontanare l’esterno. Esiste solo questa realtà, l’altra è solo fantasia».
Sempre
22 marzo 2020
«Sempre, ora ho paura che lo spazio immateriale, virtuale che questa app lascia a disposizione possa all’improvviso dire: hai esaurito le parole disponibili, riduci i tuoi pensieri e clicca continua, altrimenti il tuo cervello verrà cancellato. Questo mi terrorizza».
Sempre
Ps. Ho cancellato il giorno nell’attesa di cancellare mese e anno.
marzo 2020
«Non vediamo cosa c’è nell’altrove. E se ci fosse solo il nulla? Quale terrore potrebbe invaderci, portarci alla follia? Potremmo immaginare che ci abbiano cucito le palpebre, le labbra, occluso le orecchie, i nostri sensi cancellati, dove potrebbe portarci il pensiero? Ecco quindi che l’unico strumento per continuare a vivere l’attesa, è l’amore, virtuale? Sì, ma sempre amore, forse più vero di quello reale».
Sempre
marzo 2020
«Sempre, se potessimo materializzarci vicino ci copriremmo gli occhi con le mani dell’altro e ci diremmo: Bubù tettete, chi è? e ci diremmo: Ma siamo noi amore mio, chi altro potrebbe? Tra il tempo di prima e il tempo di dopo c’è già una leggera differenza. Ma ormai ho paura a dire ieri, oggi, domani».
Sempre
Ps: Abbiamo cancellato il mese, rimane ancora l’anno, chissà se faremo in tempo a cancellare anche quello.
2020
WhatsApp, comunicazione: «Avete esaurito lo spazio di parole e pensieri a vostra disposizione, i vostri account verranno cancellati. Potrete conservare le vostre conversazioni nella memoria dei vostri cellulari. Se siete d’accordo cliccate su – Continuate – ».
Vorrei saperne di più su questo amore impossibile, pensando mi sono ricordato che Lucia, la mia collega, ieri mi ha detto che i due vecchietti, forse solo anziani direi io, delle stanze 23 e 24 se ne sono andati nello stesso momento. Lei li ha visti spegnersi, ma erano sereni, come se si aspettassero qualcosa di bello. Si è ricordata anche che lui quando è arrivato ha scritto il suo numero di cellulare sul vetro e lei non ha avuto il coraggio di impedirglielo ma ha aspettato che l’altra lo copiasse, senza fretta, erano soli. Certo se non fossi così curioso, dopo aver trovato il cellulare sotto il materasso lo avrei dato a qualcuno dell’amministrazione e chissà che fine avrebbe fatto.
Questo amore non sarebbe mai esistito.
24 marzo 2020
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