- Bruno Mautone è un avvocato ossessionato dall’idea che il cantautore sia stato ucciso. Gli indizi sarebbero nascosti già nelle canzoni. Ma il rischio della dietrologia è di mescolare verità, suggestioni e forzature.
- Ha presentato un esposto per chiedere la riapertura delle indagini sulla morte di Gaetano (e di un suo caro amico, scomparso nel 1986), «paventandosi duplice omicidio compiuto da associazioni a delinquere e con crudeltà ed efferatezza».
- Dopo lo schianto il primo soccorso venne da un misterioso mezzo dei Vigili del fuoco. L’avvocato ipotizza che in realtà sia intervenuto per nascondere le prove di un congegno tecnico, utilizzato per camuffare un omicidio politico con un incidente.
Questa è la storia di una passione che si fa vertigine. Ne è oggetto un artista, Rino Gaetano, di cui il 2 giugno ricorrono i 40 anni dalla scomparsa: quando a Roma, verso le 3.30 del mattino del 2 giugno 1981, si schiantò con la propria Volvo contro un camion, dopo aver invaso la corsia opposta sulla Nomentana. Il soggetto siamo invece tutti noi: chi non ha mai cantato Ma il cielo è sempre più blu, Aida, Berta filava, Gianna o Nuntereggae più? Ma la passione, lo insegna Fabrizio De André, «spesso conduce a soddisfare le proprie voglie»: chiunque può declinarla a proprio piacimento, anche quella musicale. Per arricchire di bellezza la propria vita, oppure cercando pure lì risposte alla complessità dell’esistenza. Ambizione appunto vertiginosa.
Vabbè, direte, stiamo parlando di Rino Gaetano, cioè un musicista che sì, flirtava con il nonsense, ma alla fine le sue erano canzonette: che c’entra questa solfa introduttiva? C’entra eccome. Partendo da un punto fermo, questa volta con Francesco Guccini: «Gli eroi son tutti giovani e belli». E quindi chi meglio di Gaetano, morto trentenne dopo un pugno di dischi che lo resero popolarissimo allora e amatissimo ancora oggi. Di Rino Gaetano bello era il sorriso, intenso lo sguardo, specie in quella foto in primo piano, cilindro calzato in testa.
Il cantautore lancia in resta contro il potere, immagine su cui in quegli anni ironizzò Edoardo Bennato, rispunta invece oggi in un paio di frasi contenute in un atto giudiziario. Più precisamente un esposto, alla Procura di Roma. Ecco la prima: «Era diventato troppo pericoloso per apparati e poteri supremi, inerenti pure collocazioni internazionali dell’Italia». E poi: «L’opera di Rino Gaetano allarmava in modo formidabile e supremo i detentori del potere».
L’avvocato
A firmarlo è un avvocato campano, Bruno Mautone, che della sua Agropoli è stato anche sindaco. Nel 1978, l’estate di Nuntereggae più, Gaetano vi tenne un concerto e Mautone, ragazzo, riuscì a scambiarci qualche battuta: a dimostrazione di come le passioni siano frutto della biografia di chi le coltiva.
Tant’è che ora Mautone chiede la riapertura delle indagini sulla morte di Gaetano (e di un suo caro amico, scomparso nel 1986), «paventandosi duplice omicidio compiuto da associazioni a delinquere e con crudeltà ed efferatezza». E qui bisogna intendersi, perché stiamo entrando in un terreno scivoloso: quello della dietrologia. Esercitata per giunta con singolare acribia. Il risultato è l’emersione di un Rino Gaetano “segreto”, di un cantautore cioè che attraverso propri brani apparentemente strampalati dava dimostrazione di saperla lunga su vicende oscure. Ma a chi la dava? Perché allora in pochi capirono certi riferimenti e nomi che parevano scelti solo per chiudere la rima.
Dietrologica nel senso autentico del termine, e nell’esposto lungamente articolata, è l’analisi a proposito di Mario e Gino con i quali Berta filava: erano i ministri Tanassi e Gui (Luigi, quindi Gino) rinviati all’Alta Corte per lo scandalo Lockheed. Dove Berta stava invece per Robert Gross, fondatore della compagnia statunitense. Mentre il bambino che nasceva erano le mazzette.
E molto ci sarebbe da dire sull’evocazione di Eugenio Cefis: il «santo vestito d’amianto» è infatti lui, trattandosi della citazione di un capitolo del rarissimo libro Questo è Cefis del 1972, che Gaetano evidentemente conosceva.
Rileggere le canzoni
L’esposto contiene innumerevoli altre “riletture”, come quella di AD 4000 d.C., dal disco d’esordio del ’74: nel verso «Un vecchio gioca a carte salta il banco / Dopo la sua escalation è tanto stanco», per dire, Mautone individua Michele Sindona, sulla base di successivi riferimenti alla Sicilia e all’inverno ’72 (quando Bankitalia iniziò a indagare sul banchiere di Patti).
Un po’ spericolata è invece la sottolineatura circa quel treno, il Taranto-Ancona (in Mio fratello è figlio unico), su cui i servizi imbastirono un celebre depistaggio delle indagini sulla strage di Bologna: la canzone è infatti di ben cinque anni prima. Tornando invece alla Lockheed: in Standard, dall’album Aida del 1977, il cantautore storpia i nomi di Leone, Andreotti, Moro, Colombo, Rumor, Donat Cattin e Fanfani, elenco che alla luce di versi successivi («l’ultima alienazione di una storia vissuta… può portare ad equilibrate e non traumatiche decisioni») suggerisce come Gaetano già sapesse come sarebbe andata a finire.
Dall’esposto: «L’artista, in anteprima, esclude che tali politici vengano coinvolti nel processo penale e sottolinea, perciò, che non vi saranno decisioni dirompenti per gli assetti politici per l’alienazione, intesa come compravendita (degli aerei Lockheed)». Moro, Andreotti e Fanfani sono inoltre riconoscibili tra le righe di Nel letto di Lucia, con l’avvocato che però cede pure alla tentazione di scomporre il nome della ragazza per ricavarne la sigla Cia.
Avvertimenti nascosti
Se si entra in questo mood, ecco che Frosinone, nella cui squadra di calcio Chinaglia non poteva passare (ancora da Mio fratello è figlio unico), è un evidente rimando al feudo elettorale di Andreotti. E non solo, visto che – sempre dall’esposto – proprio a Frosinone si sarebbero incontrati nel 1969 Andreotti, lo stesso Sindona e monsignor Paul Marcinkus dello Ior: la fonte in questo caso è un articolo di Mino Pecorelli sul numero di Op del 24 ottobre 1975.
Pecorelli che, tra i propri finanziatori, contava anche il manager musicale Ezio Radaelli (lo afferma il magistrato Otello Lupacchini, nella sentenza ordinanza del 1994 sulla banda della Magliana), che a sua volta frequentava Gaetano: ecco dunque, secondo Mautone, un link che spiega come il musicista potesse essere a conoscenza di questioni scottanti. E l’avvocato si è pure speso molto nel dettagliare i profili di altri suoi amici o stretti collaboratori, scoprendone presenze abituali all’ambasciata americana o l’appartenenza agli stessi servizi segreti Usa. In breve: l’opera omnia di Rino Gaetano conterrebbe una serie di coraggiosi e pericolosi “avvertimenti”.
Segreti, misteri o dietrologia
Questi e tanti altri esempi, però, al più dimostrano che Gaetano era bene informato. Ma dote del dietrologo è leggere ciò che si vuole leggere. Nel caso di Mautone, pure scriverlo. Lo ha fatto in ben tre libri, l’ultimo uscito lo scorso settembre, dal titolo appetitoso per i cultori della materia: Rino Gaetano. Segreti e misteri della sua morte.
Sfrondato della molta complotteria massonica dei precedenti (mancavano solo i templari), contiene l’esposto e culmina nella ricostruzione dell’incidente sulla Nomentana: che avrebbe ancora a che fare con Pecorelli, poiché su Op scrisse di delitti politici camuffati da incidenti e di congegni tecnici utilizzati allo scopo, da far sparire subito dopo. Di qui il sospetto, visto che – scrive Mautone – dopo lo schianto il primo soccorso venne da un misterioso mezzo dei Vigili del fuoco. Movente? Mandanti? Qui l’avvocato non si espone, ma viste le molte pagine sui testi del cantautore c’è solo l’imbarazzo della scelta. Notando magari che dalla pubblicazione della lista P2 era passata appena una decina di giorni.
Perché si sa: nella dietrologia alla fine tutto quadra. Come negli intrecci di grandi romanzi quali Il nome della rosa di Umberto Eco, che tra l’altro Mautone cita nella denuncia. Dobbiamo dunque attenderci imminenti sviluppi? Non proprio: l’esposto è infatti datato 12 maggio 2017 e da allora «nessuna risposta è venuta», annota in chiusura di libro l’avvocato. Che però non dispera: «In Procura avranno altre priorità – spiega a chi scrive – ma gli elementi sono numerosi, meritano approfondimenti».
Commissioni di una lavandaia
Già. Forse però, di Eco, va ricordato anche Il pendolo di Foucault: magari le pagine in cui Lia demolisce la lettura di Casaubon del manoscritto di Provins, pietra angolare del piano universale, derubricandolo a elenco di commissioni di una lavandaia.
O anche solo quel passo in cui Agliè, ineffabile, giunge a numeri di alchemica potenza computando non le dimensioni della piramide di Cheope, bensì quelle di un qualsiasi chiosco di piazza. E sempre che quella notte il corpo esanime estratto dalla Volvo fosse davvero quello del cantautore. Forse era un sosia. Mentre il vero Rino Gaetano sta ai Caraibi, assieme a Elvis e Jim. O su un’isola del Mediterraneo, come le sirene: a cantare per noi, smarriti nell’odissea della vita alla ricerca di un senso.
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