Natale si avvicina e su un gruppo whatsapp di vecchi amici, inutilizzato da tempo, arriva un invito per il Secret Santa. Un’ottima occasione per ritrovarsi, ma non tutti sono d’accordo
Questo articolo è tratto dal nostro mensile Finzioni, disponibile sulla app di Domani e in edicola
Stefania ha aperto la porta con la solita mestizia. La sua pena era smagliante. Continua a invitarci alle sue feste, anche se ci odia.
Hello! Stiamo organizzando un Secret Santa, saremmo felici di avervi con noi a pranzo domenica prossima, ha scritto su un vecchio gruppo whatsapp silente da mesi. – È una trappola, dico. – Smettila, non li vediamo mai i miei amici. – Chi organizza un Secret Santa con una settimana di preavviso? Vuole palesemente che decliniamo. – Ci andremo e ti comporterai in maniera gentile con lei. Non ribatto. Io e Silvia stiamo cercando di impegnarci per “rivitalizzare la nostra relazione”. Sono parole sue. Mi stavo lavando i denti e l’ho vista riflessa nello specchio, intenta a digitare. Un attimo provvisorio, in cui è sé stessa più che in ogni altra occasione. Sullo schermo del mio telefono si è illuminata la notifica: Sì ci saremo! Con vari sticker in allegato.
Alexa, spegni!!!
Siamo arrivati per primi. Naturalmente. Gli ospiti indesiderati arrivano sempre per primi. Abbiamo trafficato con i cappotti, piroettando come pinguini in cattività nello spazio ristretto dell’ingresso. – Lasciate pure a me i regali, prego accomodatevi, ha detto Stefania, indicando con un ampio movimento il soggiorno, dove ci attendeva Giulio. Il nostro abbraccio è durato più del necessario. È già strafatto, ho pensato, inarcando le sopracciglia. – Stupende queste campanule. – È glossinia, sembrano campanule, ma hanno bisogno di molte più cure. Gradite un Mimosa, magari un Bloody Mary? – Per me solo dell’acqua, grazie. – Io accetto un Bloody Mary, se mi fate compagnia. La tavola era imbandita con stuzzichini di forme geometriche colorate. Il bilocale di Giulio e Stefania sembrava una moodboard. Qui ci si sente dentro Pinterest. Portacandele cromati, un’edizione rilegata a mano dell’I Ching, forme sinuose mid century. – Alexa metti “this is urban sadness starter pack”. Giulio mi ha guardato con un sorriso da ebete. Era una persona alla quale la realtà sembra giungere in forme astratte. – Senti questo nuovo impianto che suono corposo, mi dice con entusiasmo. A vent’anni mi capitava di recensire dei dischi per una rivista in voga, si trattava più che altro di accanimenti e stroncature piene di livore che andavano virali sui social grazie ai commenti inferociti degli utenti che mi minacciavano di morte e si azzuffavano virtualmente tra loro. Deve essere per questo che Giulio ha ritenuto interessante farmi saggiare la grandiosità del suo nuovo impianto. Avrei voluto dirgli che non so veramente distinguere un sassofono da un violino, invece mi sono limitato ad annuire con eloquenza, ripetendo: pazzesco, è semplicemente pazzesco. – Amore, potresti abbassare un po’ il volume, per favore? Stefania si è chinata per poggiare il vassoio sul tavolo. – Alexa metti GNX di Kendrick Lamar, riproduzione casuale, ha sibilato Giulio. I bassi ci hanno fatto vibrare gli organi interni. Silvia si è portata le mani alle orecchie e ha soffocato un grido. – Alexa spegni! Alexa spegni!!! ha gridato Stefania, finché il silenzio ci è precipitato addosso con una consistenza inedita. – Facciamo che per oggi teniamo spento l’impianto, okay? Giulio ha sorriso controvoglia, incapace di esprimere i propri sentimenti oltre. – Ecco qui, tre Bloody e dell’acqua per Silvia... non sarai mica incinta? Stefania ha arricciato il naso e serrato le labbra sottili, tentando di smorzare l’affettazione della sua risata. – Oh… – Silvia stava rischiando di strozzarsi – No… Cretina! – ha sorriso mentre tossiva nel pugno – No, no! Ho solo un po’ di emicrania, preferisco evitare alcolici. E anche tu dovresti. Si è rivolta a me che avevo già aggredito il bicchiere assestando due solide sorsate. – Beh, un brindisi ai figli che non avremo – Cin! – Cin! – Buon natale!
Suona il citofono.
Sgranocchiando antipasti
Stefania ha aperto la porta e si è gettata di peso tra le braccia di Amelia. I loro versi di entusiasmo hanno riverberato per le scale del condominio. Noi aspettavamo imbambolati in salotto, sgranocchiando gli antipasti. – Ciao a tutti! Amelia ci ha baciati sulle guance. Lei, Silvia e Stefania si sono conosciute all’università e per un breve periodo sono state coinquiline, lei è l’amica con la moto. Questo è tutto quello che so. – Oh mio dio questa glossinia è meravigliosa! Si è avvicinata a grandi falcate verso quella che fino a un quarto d’ora fa mi sembrava solo una banale pianta da fiori, ben curata e perfettamente inserita nella palette come qualsiasi altra cosa dentro questo appartamento.
– Siamo arrivati troppo presto? ha domandato Amelia, prontamente fornita di Bloody Mary da Stefania. – Chi altro aspettiamo? ho domandato a mia volta, rimediando un’occhiataccia da Stefania. – Irene era molto dispiaciuta, sarebbe stata felice di conoscervi. – Chi è Irene? ho chiesto di nuovo, rimediando un’occhiataccia da Silvia. – La mia ragazza. – Wow, è roba seria! Due settimane fa hai detto che si trattava solo di grandi scopate. Amelia ha inclinato la testa di lato, come per schivare le provocazioni di Stefania. – Aveva un volo stamattina presto, lavora negli eventi, non sa cosa sia un weekend – Qualcuno vuole fumare? – No, grazie. – Silvia è incinta, non è raccomandabile farla fumare. – Cooooooosa?!?! ha gridato Amelia. Silvia ha rischiato per una seconda volta di strozzarsi. Stefania ha riso di gusto. – T’immagini venirlo a sapere così? – Basta disinformazione in quanto a gravidanze, grazie – Di che genere di eventi si occupa la tua ragazza? – Prevalentemente fiere, grandi fiere. Faccio giusto due tiri. – Lascia qualcosa anche a me, ha gridato Stefania dalla cucina. – Possiamo darti una mano in qualche modo? – Si può avere un altro Bloody?
Suona il citofono.
Castagnaccio e kimchi
Stefania ha aperto la porta con un sorriso sferzante. – Permeeeeeeesso. Le inconfondibili vocali strascicate di Sofia. – Scusate il ritardo – Abbiamo portato un castagnaccio! – Per l’esattezza: abbiamo fatto tardi perché Claudio si è fissato che voleva farvi provare il suo castagnaccio. – Abbiamo fatto tardi perché stamattina non ti decidevi a perdere a tennis… È stato un tie break infinito, ma poi ho tirato fuori un servizio solido al momento del bisogno. Claudio si è guardato attorno compiaciuto, cercando la nostra approvazione invano. Poi ha chiesto la password del Wi-Fi.
– Bene, possiamo servire la zuppa di Kimchi. Su, su, sedetevi a tavola, ha detto Stefania.
Side sitting
Detestavo i loro sforzi di mantenere uno straccio di legame. La tensione adesso era direttamente proporzionale alla remota consonanza. Solo che la consonanza era stata spontanea ed eterea, mentre la tensione occupava uno spazio ben preciso nell’appartamento. Le idiosincrasie assumono una forma solida, il trascorrere del tempo s’incarna. Prende vita un’energia mortifera. Perché non ci rassegniamo all’idea che non abbiamo più niente da dirci e che non abbiamo più voglia di frequentarci con gli amici di un tempo? Io preferisco scambiare due parole con degli sconosciuti in metro. Rivelo loro con estrema facilità i miei stati d’animo più reconditi. Persone che non avrei incontrato mai più, che si alzano dal seggiolino in prossimità della loro fermata e si confondono nella folla dopo un ultimo fugace sguardo d’intesa. Ogni mese vado a trovare il mio erborista di fiducia e mi trattengo al bancone per più di un quarto d’ora. Portiamo avanti conversazioni sulla vita e sulla morte, sulle malattie dei nostri genitori, sulla scomparsa dei pinoli dai marciapiedi. Rincaso con degli infusi naturali, fiori di camomilla, oli essenziali e sono di buonumore. L’esatto opposto di come mi sento dopo una rimpatriata con i vecchi amici. Gentilezza interessata e professionalità, ecco su cosa dovrebbero basarsi le relazioni sociali in prossimità dei quaranta.
Stefania stava servendo involtini di tonno marinato al Campari e dei datteri ripieni di crema al pistacchio, in porzioni micragnose, perfettamente instagrammabili.
– Possiamo scambiarci di posto? Io e Claudio amiamo fare side sitting. Silvia ha guardato Sofia con una punta di sgomento, che ha ritratto prontamente. – Ma certo! – Sai, è per condividere la stessa visuale… – Sembra il suggerimento di un terapeuta, è intervenuto Giulio.
Silvia ha percorso il perimetro del tavolo con un fruscio ovattato. Amavo ancora Silvia. I suoi movimenti agili, le mani forti. Tuttavia si trattava di un sentimento esposto in una teca, precipitata in un punto insondabile. Lei sembrava sempre avere in serbo uno scopo preciso. I vestiti si adagiavano con praticità sul suo corpo esile. Si è seduta accanto a me in modo scomposto, le braccia penzoloni, le gambe distese. – Che meraviglia questi involtini. – Sei un’artista Stefania, a volte non ci rendiamo conto.
Claudio stava raccontando, portandosi le mani al petto, quanto fosse stato emotivamente intenso fare volontariato durante la raccolta di cibo per il banco del mutuo soccorso di quartiere. – Merda. Porca puttana! Ho sussultato alzandomi di scatto. – Che succede? Sofia ha cacciato uno strillo acuto – C’è un ragno? Dove? – Non è pistacchio! ho sputato il dattero ripieno in un fazzoletto e l’ho appallottolato – È wasabi – Cristo. Cazzo. Ho gridato – Non essere ridicolo, è solo un po’ di wasabi, ha detto sdegnata Silvia – È allergico? – Non proprio, gli dà solo qualche problemino – Non lo sapevo, mi dispiace – Non è niente, non è niente, ho detto ansimando. Con movimenti accorti, ho intinto dei grissini di grano saraceno nella baba ganush e sono tornato a concentrarmi educatamente sul piatto. Tutti ripresero a mangiare.
Alla mia destra Sofia stava spiegando a Stefania che la causa dei suoi attacchi di panico risiedeva senza dubbio nel suo genogramma. Giulio ha detto, ho letto questo reportage sulla fase REM degli animali, questo vorrebbe dire che anche loro hanno la possibilità di sognare. Irene ha annuito e ha voltato lo sguardo verso gli altri con un sospiro – Lo sapete che il proprietario di casa mi ha buttata fuori? – generici versi di stupore – Un mese fa mi chiama e mi dice che entro fine anno me ne devo andare, che devo capire la sua situazione, che tutto è diventato un casino, che la madre è morta, di qua e di là. Morale della favola: trasformerà la casa in un bed and breakfast per il Giubileo, quadruplicherà i guadagni – E lo può fare? Ha chiesto Claudio – Secondo te? – E quindi che farai? – Non lo so, mi sposterò da Irene e cercherò di capire che cazzo ne sarà della mia vita… Non si trova niente, passo tutto il giorno a guardare annunci – Ma vi frequentate solo da due settimane! – Hai delle alternative valide? Non torno di certo a casa dei miei a trentacinque anni. Stefania ha distolto lo sguardo. Mi dispiace molto, Irene. ha detto Silvia. – Se sentiamo di qualche appartamento che si libera… – Non c’era quella tua cugina che… Silvia mi ha dato un colpo sotto al tavolo. Grazie, sei gentile, ha detto Irene, guardando oltre di noi, da qualche altra parte, verso un pubblico immaginario presente nella stanza. C’è stato qualche istante di terrificante silenzio.
– Che ne dite di scambiarci i regali? la voce di Sofia ha raggiunto nuove vette di sussiego. – Vado a prendere il castagnaccio, dovete assolutamente assaggiarlo. Io ho aiutato Giulio a sparecchiare. In cucina ha tirato uno starnuto scomposto e mortificante. Poi mi ha afferrato il polso e mi ha detto: se vi può interessare, ho queste caramelle al miele con i funghi, ci mettiamo dillà e ci rilassiamo un paio d’ore. Io ho elaborato l’informazione. – Ti ringrazio, credo che Silvia non sia in vena… La sua mimica facciale mi è sembrata ambigua – Se cambi idea…
Sulla tavola adesso c’erano svariate confezioni di Crystall Ball, una tazza di ceramica artigianale, un tubo di crema antiage, un manuale di agronomia e un altro di giapponese per principianti, una scatola di lego a tema Harry Potter e dei rollerblade. Tutti stavano masticando il castagnaccio, come se fosse semplicemente un materiale impossibile da deglutire. Continuavano a ruminare e a ruminare senza apparenti segnali di progresso.
Finalmente Silvia è riuscita a districarsi dal laborioso tentativo di Claudio di soffocare tutti i presenti e ha annunciato che la sua emicrania ci costringeva a battere in ritirata. Sulla soglia della porta abbiamo sorriso e ci siamo scambiati parole affettuose con gli altri e una volta in ascensore siamo tornati seri e silenziosi.
Eravamo fermi al semaforo. Ho osservato il profilo di Silvia che rivelava ancora la ragazza che era stata. Era persa negli intrighi del suo iPhone e non si accorse del mio sguardo su di lei. – Giornata campale, ho detto. Lei non ha risposto. Con qualche istante di ritardo ha aggiunto – Irene, l’ho trovata così antipatica… Abbiamo convenuto che doveva essere un periodo difficile per lei. Accarezzai il volante. Ero sereno. Tutto procedeva lungo i binari.
– Forse ci farebbe bene se te ne andassi via di casa per un po’, ha detto Silvia allo scattare del verde.
© Riproduzione riservata