Le insegne dei ristoranti di Haridwar dichiarano essere Pure Vegetarian Restaurant e in questa città per acquistare i cibi vietati si va a Raiwala e a Jagjeetpur, in direzione Rishikesh, distanti chilometri dal fiume sacro. L’adesione a questo tipo di alimentazione è antica e si fonda sul concetto di ahimsa, “non nuocere”, principio che si ritrova nell’insegnamento del Buddha, che rifiuta la pratica dei sacrifici brahmanici
Questo articolo è tratto dal nostro mensile Cibo, disponibile sulla app di Domani e in edicola
Ho mangiato la carne in un ristorante di Jaipur, niente carne e uova ad Haridwar, a un’ora di volo da Delhi, un pesce delicato e saporito a Goa, il pomfret. Premesso che l’India è il paese con la cucina vegetariana più ricca del mondo, nella società i gruppi di appartenenza si distinguono anche attraverso l’alimentazione: dimmi quello che non mangi e ti dirò chi sei.

Ad Haridwar
Il vegetarianesimo più stretto è quello degli appartenenti alla classe dei brahmani, la più alta in base alla gerarchia socio-religiosa indiana. Nelle loro case, i più osservanti non cucinano nemmeno le uova e, in nome della purezza, non mangiano piatti cucinati da altri. «Mia suocera non viene mai al ristorante e quando è capitato di dover mangiare fuori casa ha portato del cibo cucinato da lei. Solo ora che ho una mia cucina al piano di sopra posso preparare le uova, prima no», dice Benedetta Bioni, che in India ha vissuto dalle elementari fino all’università.
È lei che, portandomi la prima volta in riva al Gange ad Haridwar (una delle quattro città sacre in cui si svolge a rotazione il pellegrinaggio del Kumbh Mela) mi spiega che carne, uova e alcol sono proibiti in quasi tutta l’area in cui ci sposteremo, nell’hotel in cui ho preso una stanza e, a maggior ragione a Har ki Pauri, punto d’incontro dove al mattino e alla sera ogni giorno si svolge la puja, la cerimonia con offerte di fiori, ghirlande e lumini.
In effetti le insegne dei ristoranti dichiarano essere Pure Vegetarian Restaurant e in questa città per acquistare i cibi vietati si va a Raiwala e a Jagjeetpur, in direzione Rishikesh, distanti chilometri dal fiume sacro. Cosa si mangia quindi in una città come Haridwar? Si possono ordinare riso biryani cucinato con diversi tipi di verdure, frittelle di ceci (pakora) ripiene di formaggio, il panir, o di verdure come il cavolfiore. Sono un irresistibile cibo di strada, così come la dosa proposta negli alberghi anche a colazione: si tratta di una grande e sottile crepe a base di farina di riso e di ceci neri accompagnata con salsa e chutney.
Fra le preparazioni fritte, una costante nella cucina indiana, c’è anche il puri, un pane azzimo che arriva in tavola gonfio e invitante, cucinato come tanti altri piatti nel kadai, tipico tegame che ricorda il wok ma con due manici, e in genere accompagnato a piatti di verdure profumate di coriandolo o cumino. Queste spezie sono frequenti e insaporiscono anche il lassi, la bevanda a base di yogurt che può accompagnare un pasto, particolarmente rinfrescante quando la temperatura comincia a salire.
Chi cerca la carne la trova
La stessa regola vale a Benares e in altri luoghi sacri, negli innumerevoli ashram la cucina è vegetariana, sono strettamente vegetariani i jaina, che osservano lo jainismo, religione presente soprattutto in Gujarat e Rajastan ma al di fuori di questo circuito legato al sacro sarebbe sbagliato pensare a un paese esclusivamente vegetariano. In India vivono 250 milioni di musulmani e il consumo di carne, oltre a quello di pesce, è diffuso nel paese come si può vedere per esempio a Old Delhi con le macellerie e i ristoranti halal intorno alla moschea Jama Majid, una delle più grandi dell’India, e nei quartieri musulmani delle diverse città.
Poi ci sono i sikh, l’ultima grande religione sorta in India, fondata nel Panjab nei decenni a cavallo del 1500: nel loro luogo di culto, il gurudwara, offrono cibo a tutti, anche ai visitatori, senza alcuna distinzione di genere, etnia o culto ed è un’esperienza da fare per chi va in India. È il langar, la mensa gratuita quotidiana, dove il pasto è vegetariano ma ai sikh non è proibito mangiare carne, che diventa una scelta individuale. E possono non essere vegetariani i cristiani di Goa, discendenti dai portoghesi, a cui carne e pesce non sono vietati.
«L’idea di un’India al 100 per 100 vegetariana è sbagliata», dice Elena Francini di India in Viaggio (indiainviaggio.com), che da tre anni vive a Varanasi e organizza tour di gruppo e individuali. «Io che sono vegetariana a volte faccio fatica, soprattutto nei posti turistici, a trovare ristoranti che propongono esclusivamente questa cucina. I vegetariani non amano mangiare dove si cucina anche carne, soprattutto in India. Ho visitato tutte le 7 sapta puri (città sacre) di questo Paese e la possibilità di mangiare carne, lontano dai templi, c’è sempre anche se la maggior parte degli hindu è vegetariana».
“Non nuocere”
Ma quale è l’origine della alimentazione vegetariana in India? Nel libro Vegetarianismo (Editrice Bibliografica) Cinzia Pieruccini, professore di indologia e storia dell’arte dell’India all’Università degli studi di Milano, spiega che l’adesione a questo tipo di alimentazione è antica e si fonda sul concetto di ahimsa, “non nuocere”, principio che si ritrova nell’insegnamento del Buddha, che rifiuta la pratica dei sacrifici brahmanici.
È dalla classe brahamanica che deriva il vegetarianesimo ed è un passaggio avvenuto a poco a poco con la comparsa delle altre religioni che mettono in dubbio il sacrificio di animali e promuovono la non violenza: il brahmanesimo diventa così induismo, riformulando la sua superiorità in termini di purezza anche con la pratica vegetariana.
Oggi è in atto un altro cambiamento. In un India che sta mutando pelle da dieci anni a questa parte, come racconta Matteo Miavaldi nel libro appena uscito Un’altra idea dell’India, viaggio nelle pieghe del subcontinente indiano (Add editore), al vegetarianismo ci si appella a livello propagandistico come valore caratteristico della civiltà hindu: soltanto chi è hindu, o appartiene a una religione nata in India, è un indiano autentico. Polli, mucche, uova, maiali acquistano altri significati per chi vive qui, molto meno per un turista, attirato da una cucina ricca, varia e declinata in tanti modi diversi a seconda della parte in cui si trova in questo immenso paese.
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