Raccontare i supermercati in cifre è un’impresa difficile perché i numeri sono tanti e imponenti. Potremmo partire dal fatturato complessivo – 155 miliardi secondo i dati forniti da Adm, l’associazione della distribuzione moderna –, oppure raccontare quanti sono gli store in tutta Italia: basta guardarsi intorno per scorgere uno dei 25 mila punti vendita sparsi per il territorio. Ma c’è un valore che, più di tutti, racconta il peso dei supermercati nelle nostre vite: 80 per cento.
L’80 per cento degli acquisti agroalimentari, in Italia, passa da un supermercato. È una percentuale enorme che ci dice che qualsiasi altro luogo di acquisto – pensiamo ai mercati rionali – rischia di diventare pericolosamente ininfluente. Ma questa percentuale è ancora più significativa perché sta crescendo di anno in anno. Pochi anni fa, sempre secondo i numeri forniti da Adm, gli acquisti all’interno di un supermercato erano del 70 per cento. Vuol dire, cioè, che in una manciata di anni siamo entrati sempre più spesso all’interno di un supermercato spendendo sempre di più e, via via, abbiamo abbandonato luoghi come le botteghe e i mercati che, nel frattempo, fanno sempre più fatica a stare in piedi.
Seguire i trend
Del resto i supermercati hanno la capacità di modificarsi al trasformarsi delle nostre abitudini, leggono le tendenze del mercato e le nostre più intime necessità, cambiano pelle alla velocità della luce per rispondere a un cliente in continuo movimento. E non è sufficiente dire che si va al supermercato perché è il luogo più comodo dove si spende meno, perché sarebbe una lettura semplificativa. Andiamo al supermercato perché ci offre, di volta in volta, quello che cerchiamo. Il segreto della loro forza sta tutto qui. Ad esempio è interessante notare come molti punti vendita si siano trasformati in destinazioni culinarie o luoghi dove fare esperienze gastronomiche.
Gli esperti hanno dato un nome a questo fenomeno che è entrato anche all’interno dei supermercati: foodification, che è il risultato di diversi fattori culturali, sociali ed economici che hanno modificato le abitudini alimentari di tutti noi. Siamo più attenti alla qualità, all'esperienza e anche alla diversificazione dell'offerta alimentare. La Gdo ha capito questa trasformazione e ha aumentato la presenza di prodotti freschi, biologici, locali e gourmet, li ha brandizzati con packaging molto accattivanti (e spesso inutili e inquinanti) e ha dato una crescente offerta di piatti pronti, spazi ristorativi e servizi di preparazione dei pasti.
Il cliente ha un desiderio, il supermercato lo soddisfa adattando le proprie strategie di business per rispondere alla crescente domanda di esperienze culinarie. Questo si è tradotto in una riorganizzazione degli spazi, con un'espansione delle aree dedicate a prodotti freschi (ma sempre più spesso in celle frigo), gastronomia, panetterie, caffetterie e ristoranti interni. Con lo stesso spirito i supermercati stanno investendo in collaborazioni con chef locali, brand gastronomici o aziende alimentari emergenti per offrire prodotti unici e esclusivi.
Hanno capito che è importante trasformare l'esperienza d'acquisto in un momento piacevole e coinvolgente per i clienti. Questo include la creazione di ambienti accoglienti e stimolanti, l'integrazione di elementi di design e la promozione di eventi e degustazioni.
L’hanno capito talmente bene che l’80 per cento dei nostri acquisti avviene all’interno di un supermercato. Prima che questa percentuale cresca ancora di più, sarebbe il caso di interrogarsi su come immaginare nuovi luoghi di acquisto, ridando per esempio ossigeno ai mercati locali, trasformandoli in spazi che possano competere, almeno in parte, con la Gdo. Farlo aiuterebbe molto gli agricoltori in affanno, sempre più alle prese con le regole stringenti della Grande distribuzione organizzata.
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