- Sebbene teoricamente sia possibile distinguere tra ciò che è essenziale e ciò che non lo è, nella pratica questo viene spesso trascurato, portando a una delusione nel modo in cui le persone conducono le proprie vite.
- L’idea che gli algoritmi potrebbero aiutarci a riconoscere l’essenziale è interessante, ma la distinzione tra realtà e apparenza è un elemento sfuggente che potrebbe rendere difficile per le macchine dare un significato reale all'essenziale
- La poesia potrebbe essere considerata un’arte dell'essenziale, in grado di intensificare la nostra attenzione e di evocare un sommovimento nelle nostre aspettative, eliminando l’inessenziale e rivelando la poeticità dell’esistenza.
«Essenziale» è un termine affascinante. È un aggettivo, ma ha una tendenza quasi inarrestabile a trasformarsi in un sostantivo. Il motivo è evidente: l’«essenziale» è un marcatore di realtà. Se ti dico: «Questo attrezzo è essenziale», voglio farti sapere che possiamo rinunciare a qualsiasi cosa tranne all’arnese che ti sto indicando, se ci preme raggiungere lo scopo che ci siamo prefissi (che ne so, aggiustare un lavandino).
Se non riesco a dire a una persona importante che lei per me fa parte dell’essenziale, quell’omissione è come una crepa che può mandare in frantumi un’intera esistenza. Se fossimo capaci di raccogliere tutte le cose per noi essenziali in un unico colpo d’occhio, avremmo quindi un quadro completo dei fini della nostra vita. Avremmo, appunto, l’essenziale.
Selezionare
L’essenziale fa dunque selezione. Sta sotto la superficie. Ci consente di distinguere tra ciò che appare importante, ma in realtà non lo è, e ciò che resiste malgrado tutti gli sforzi di spingerlo ai margini del nostro campo di attenzione. Ma c’è un modo per riconoscere in tempo utile l’essenziale, oppure si tratta semplicemente di uno di quegli indicatori che funzionano bene soltanto retrospettivamente, ovvero col mortificante «senno di poi»?
In linea teorica, nulla impedisce alle persone di distinguere l’essenziale dall’inessenziale in qualsiasi momento della loro vita. Di fatto, però, ciò non avviene praticamente mai. È questo scarto tra possibilità e realtà a fare degli esseri umani le creature deluse e deludenti che tutti conosciamo per esperienza diretta. Ma forse basterebbe solo un piccolo aiuto per fare meglio. In fondo, abbiamo tecnologie per tutto, non potrebbe esistere una tecnica per riconoscere infallibilmente l’essenziale?
Gli studiosi che, come per esempio lo storico israeliano Yuval Noah Harari, pensano che presto gli algoritmi ci conosceranno meglio di quanto non potremo mai conoscere noi stessi, non hanno forse proprio questo in mente? Esisterà prima o poi un’assistente virtuale o un Chat Bot capace di illuminarci in una frazione di secondo sull’essenzialità o meno di un acquisto, un lavoro, un luogo, un libro, una persona, un viaggio, una amicizia?
Personalmente dubito che una macchina, per quanto abile a manipolare enormi quantità di informazioni che ci riguardano, potrà mai dirci qualcosa di significativo sull’essenziale. Ciò che le sfugge, alla fine, è la distinzione tra realtà e apparenza – che non è un’informazione tra le altre. Tutto sommato, può essere utile immaginare questo discrimine come una soglia: un confine invisibile che, quando lo attraversiamo, ci rende persone diverse, modificando in profondità la nostra stessa gerarchia di bisogni e desideri. Se cambiano simultaneamente la nostra attenzione, i criteri con cui misuriamo il valore e la nostra cura per le cose e le persone, far tornare i conti nelle nostre vite non può essere una faccenda che si sbriga con qualche calcolo lineare, per quanto complesso.
La poesia
Ma se non può esistere una tecnica dell’essenziale, può forse esistere un’arte dell’essenziale?
Se per arte dell’essenziale intendiamo un’attività, una pratica, la cui ragion d’essere è il potenziamento della nostra attenzione al punto che il primo beneficiario di tale intensificazione sia il nostro stesso senso della realtà, la poesia sembra essere una candidata naturale a svolgere questo ruolo. Il punto non è solo la, pur fondamentale, massima poetica: «Non una parola in più del necessario», ma il modo in cui nei versi le apparenze vengono evocate per produrre un vero e proprio sommovimento nelle aspettative (sbagliate) del lettore.
In questo senso, un sinonimo affidabile di «essenziale» è «poeticità». La poeticità dell’esistenza è, infatti, ciò che rimane quando dalla vita è stato grattato via l’inessenziale. L’essenziale, per altro, non è poco, è soltanto denso. E le rinunce che ci impone, a posteriori, smetteranno di apparirci tali. Il punto, detto altrimenti, non sono le rinunce, ma la fatica che costa superare quella soglia tra realtà e apparenza che assomiglia in tutto e per tutto a una seconda nascita. Venire al mondo, in fondo, non è cosa da poco. È un’arte, per l’appunto.
L’arte dell’essenziale. Un’escursione filosofica nelle terre alte (Bottega Errante Edizioni, 2023) è l’ultimo libro di Paolo Costa
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