Secondo la numerologia il 111 è un numero potente associato a «nuovi inizi, alla leadership di sé e all’abbracciare lo scopo della propria anima». Non per il Santos. La squadra brasiliana, che è stata di Pelé e Neymar, è retrocessa per la prima volta in Serie B dopo centoundici anni di storia, una storia particolarmente gloriosa negli anni Sessanta, legati alla presenza di O Rei, a corrente alterna fino ai nostri giorni. L’inizio della discesa agli inferi ha una data precisa: 30 gennaio 2021, Rio de Janeiro, stadio Maracanã. Quel giorno, in quella città e quello stadio, il Santos guidato da Cuca ha perso una rocambolesca finale di Libertadores contro il Palmeiras, storica rivale paulista – anche se la ex Palestra Italia vive il suo vero derby contro il Corinthians –, con rete di Breno Lopes al 99’, dopo un recupero monstre, quando tre minuti prima era stato espulso l’allenatore dei bianconeri.

Una vittoria avrebbe rilanciato il Santos che non vince un campionato paulista dal 2016, il Brasileiro dal 2004 e la Champions sudamericana dal 2011. Sono seguiti due campionati anonimi con un continuo alternarsi di allenatori. L’ultimo, l’uruguaiano Diego Aguirre, ha lasciato la squadra lo scorso 15 settembre nelle mani del traghettatore Marcelo Fernandes, il quale dal 2011 – a parte due parentesi – ha sempre lavorato per i bianconeri in qualità di secondo o ad interim, tra un tecnico e l’altro che il presidente Andrés Rueda si è divertito a palleggiare in queste due stagioni e mezzo.

La retrocessione è arrivata all’ultima giornata, dopo la sconfitta interna contro il Fortaleza. Gli ospiti sono passati in vantaggio con Mario Sergio Santos Costa, per il Santos ha pareggiato Messias, ma al 96’ Juan Martin Lucero ha condannato i bianconeri, vista la contemporanea vittoria del Bahia contro l’Atletico Mineiro per 4-1. Pare abbastanza chiaro che sia la conduzione societaria sia quella tecnica siano state deficitarie. I tifosi hanno iniziato a lanciare bombe carta fuori dallo stadio e qualche petardo dentro, tanto da spingere l’arbitro a chiudere la partita in anticipo durante il lungo recupero previsto. C’è stato anche un tentativo di invasione che ha spinto i giocatori avversari a correre verso gli spogliatoi lasciando sul prato solo quelli del Santos, distrutti e inconsolabili, molti dei quali in lacrime come il portiere Joao Paulo. E di fronte ai cori minacciosi – «Squadra senza vergogna» – i militari, in tenuta anti sommossa, si sono schierati per evitare che i calciatori bianconeri fossero aggrediti, aiutando alcuni a rialzarsi per uscire. Gli scontri si sono spostati nei dintorni dello stadio Vila Belmiro: il bilancio parziale della polizia parla di alcuni esercizi commerciali vandalizzati, di due autobus e diverse auto private andate a fuoco. La vergogna al quadrato.

Il Santos non era mai retrocesso, così come Flamengo e San Paolo, che restano i due grandi club brasiliani a non avere ancora conosciuto l’onta della discesa in B. In questi ultimi venticinque anni è accaduto a molti club blasonati, capaci poi di rialzarsi e tornare a vincere. Tutto questo mentre il Palmeiras, guidato dal portoghese Abel Ferreira, nelle ultime tre stagioni ha vinto due campionati regionali, una Coppa del Brasile, due titoli nazionali consecutivi, una Supercoppa brasiliana, una Recopa Sudamericana e due Libertadores consecutive.

Niente a che vedere con gli anni Sessanta, quando con Pelé in squadra e Lula in panchina, il Santos ha dominato il calcio sudamericano e mondiale con ben venti trofei conquistati, tra i quali due Libertadores e due Intercontinentali, nello stesso periodo in cui la Nazionale vinceva due Mondiali, nel 1958 e nel 1962. Altri tempi, altre maglie – quella splendida tutta bianca con lo stemma bianconero sul cuore – e altri giocatori.

Altre vittorie nei decenni successivi sono arrivate, ma per rivivere un periodo d’oro simile i tifosi hanno dovuto aspettare il nuovo millennio e un altro gruppo di giocatori straordinari come Alex Sandro, Danilo, Alan Patrick, Diogo, Ganso, Robinho e Neymar, il quale nonostante i suoi trascorsi con Barcellona e Psg, è rimasto fortemente legato ai colori bianconeri, tanto da avere scritto sui social: «Santi, sempre, Santi. Torneremo a sorridere».

La crisi economica

La crisi economica che da anni colpisce il Sud America e i suoi club ha spinto in Brasile a immaginare un futuro diverso, un campionato in stile Superlega, un’idea embrionale che al momento è rimasta tale: si chiamerebbe Libra ed è stata progettata da Banco BTG Pactual e Codajas Sports Kapital, in attesa di nuovi investitori. I club partecipanti sarebbero Bragantino, Corinthians, Cruzeiro, Flamengo, Palmeiras, Sao Paulo, Atletico Mineiro, Fluminense, Internacional, Atletico, Santos e Atletico Goianiense. Proprio il presidente di quest’ultimo si è espresso in maniera chiara: «Vogliamo pensare al calcio brasiliano in modo razionale e non radicale, a un campionato del futuro», chissà se con le retrocessioni o senza. Perché alla fine, in questo calcio contemporaneo, si preferisce sempre una via d’uscita, spesso maldestra, per ovviare alle mancanze di governance istituzionali e societarie, incapaci di prevedere e programmare, sempre spiazzate quando il campo restituisce un risultato negativo, come nel caso del Santos, sul quale è difficile fare previsioni visto come è stata condotta la squadra in queste ultime stagioni, con un’alternanza di allenatori tale da far pensare a una confusione totale mischiata a incompetenza, fino alla disfatta del 6 dicembre 2023: il “Belmirazo”. Pelé è morto il 29 dicembre dell’anno scorso, dopo nemmeno dodici mesi il Santos è retrocesso per la prima volta. Evidentemente il Dio del calcio non ha ancora finito le lacrime.

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